Il mio interesse personale verso la storia delle donne ha fatto sì che questa ricerca ruotasse proprio attorno al tema del loro ruolo e delle loro prerogative nelle società del passato. Nell'Europa medievale e moderna, le donne sono state considerate semplicemente come l'appendice del padre o del proprio marito; il loro ruolo infatti cambiava in base all'uomo che le stava a fianco: in primo luogo figlia, poi moglie e successivamente madre. Questa constatazione sorge spontanea leggendo in molti libri e documenti del tempo come fosse valutata la condizione della donna: un individuo debole, sempre bisognoso di protezioni e di aiuti che potevano essergli forniti solo da un uomo. Per le donne di allora sarebbe dunque stato quanto mai difficile considerasi ed essere considerate dalla società persone emancipate? Potevano esserci tuttavia, nel corso della vita di una donna, momenti e fasi in cui essa avrebbe potuto ottenere autonomia e autorità all'interno del nucleo familiare: la vedovanza era una di queste. La condizione vedovile infatti, sebbene legata alla dolorosa perdita del proprio marito, avrebbe permesso alla donna di vivere e decidere con un certo grado di emancipazione, seppure molto limitata rispetto a quella dell'uomo. Se la donna possedeva dei figli, a cui generalmente veniva intestato il patrimonio paterno, e se questi avevano un'età inferiore ai ventun anni, allora la madre avrebbe potuto richiedere la loro tutela e cura. Venendo nominata tutrice o curatrice, la vedova avrebbe gestito l'eredità ricevuta dai propri figli e si sarebbe preoccupata della loro educazione, nutrizione e vestizione, ottenendo nella società il riconoscimento di capo famiglia. La mia ricerca, svolta presso l'archivio di stato di Torino, si è dunque focalizzata sullo studio degli Atti di tutela e cura presentati dalle vedove al Vicariato, l'organo che ne decideva la sorte, negli anni 1791, 1792, 1801 e 1816. La scelta degli anni non è stata casuale, in quanto si è voluto fornire un quadro comparativo di questo delicato istituto giuridico lungo tre diversi regimi, e quindi di governi: un modello di stato di Ancien Regime, uno ricalcato sull'esperienza repubblicana, e poi imperiale, francese, e infine quello della Restaurazione, in cui si cercò di tornare allo status quo antea. L'analisi dei documenti e della procedura necessaria per ottenere la tutela e la cura dei minori ha fornito dati interessanti sia dal punto di vista statistico e quantitativo, sia da quello socio-economico. Le informazioni fornite negli Atti riguardo alle richiedenti, ma soprattutto ai garanti , ai loro comprovanti e ai testimoni, con indicazioni sui loro lavori e patrimoni, mostrano un quadro sociale complesso e in via di rapido mutamento nel corso di poco più di un ventennio.

"dabbene, onesta, religiosa e di buoni costumi". La nomina dei tutori in Piemonte tra Sette e Ottocento.

GASTALDI, ELENA
2011/2012

Abstract

Il mio interesse personale verso la storia delle donne ha fatto sì che questa ricerca ruotasse proprio attorno al tema del loro ruolo e delle loro prerogative nelle società del passato. Nell'Europa medievale e moderna, le donne sono state considerate semplicemente come l'appendice del padre o del proprio marito; il loro ruolo infatti cambiava in base all'uomo che le stava a fianco: in primo luogo figlia, poi moglie e successivamente madre. Questa constatazione sorge spontanea leggendo in molti libri e documenti del tempo come fosse valutata la condizione della donna: un individuo debole, sempre bisognoso di protezioni e di aiuti che potevano essergli forniti solo da un uomo. Per le donne di allora sarebbe dunque stato quanto mai difficile considerasi ed essere considerate dalla società persone emancipate? Potevano esserci tuttavia, nel corso della vita di una donna, momenti e fasi in cui essa avrebbe potuto ottenere autonomia e autorità all'interno del nucleo familiare: la vedovanza era una di queste. La condizione vedovile infatti, sebbene legata alla dolorosa perdita del proprio marito, avrebbe permesso alla donna di vivere e decidere con un certo grado di emancipazione, seppure molto limitata rispetto a quella dell'uomo. Se la donna possedeva dei figli, a cui generalmente veniva intestato il patrimonio paterno, e se questi avevano un'età inferiore ai ventun anni, allora la madre avrebbe potuto richiedere la loro tutela e cura. Venendo nominata tutrice o curatrice, la vedova avrebbe gestito l'eredità ricevuta dai propri figli e si sarebbe preoccupata della loro educazione, nutrizione e vestizione, ottenendo nella società il riconoscimento di capo famiglia. La mia ricerca, svolta presso l'archivio di stato di Torino, si è dunque focalizzata sullo studio degli Atti di tutela e cura presentati dalle vedove al Vicariato, l'organo che ne decideva la sorte, negli anni 1791, 1792, 1801 e 1816. La scelta degli anni non è stata casuale, in quanto si è voluto fornire un quadro comparativo di questo delicato istituto giuridico lungo tre diversi regimi, e quindi di governi: un modello di stato di Ancien Regime, uno ricalcato sull'esperienza repubblicana, e poi imperiale, francese, e infine quello della Restaurazione, in cui si cercò di tornare allo status quo antea. L'analisi dei documenti e della procedura necessaria per ottenere la tutela e la cura dei minori ha fornito dati interessanti sia dal punto di vista statistico e quantitativo, sia da quello socio-economico. Le informazioni fornite negli Atti riguardo alle richiedenti, ma soprattutto ai garanti , ai loro comprovanti e ai testimoni, con indicazioni sui loro lavori e patrimoni, mostrano un quadro sociale complesso e in via di rapido mutamento nel corso di poco più di un ventennio.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/131435