Questo elaborato, nato da un'esperienza di vita in Cambogia, tratta il disturbo post-traumatico da stress nella popolazione cambogiana conseguente al regime di Pol Pot, durato dal '75 al '79 e che ha provocato la morte di quasi due milioni di persone. A partire dall'incontro con l'Altro, viene organizzato un discorso improntato sulla sofferenza umana, cercando di analizzarla con le categorie occidentali, ma anche con quelle tradizionali, allargando così la ricerca sul versante antropologico, oltre che su quello psicologico. Inizialmente è presentata la storia della Cambogia prima della presa del potere di Pol Pot e vengono descritti, anche attraverso testimonianze dei sopravvissuti, gli orrori commessi dai Khmer Rossi durante il regime: la deportazione, il lavoro forzato, le percosse, le umiliazioni, le uccisioni brutali, le false accuse, l'annientamento psicologico, la distruzione della rete sociale e di quella familiare. Viene descritto approfonditamente l'S-21 il più importante campo di tortura di Phnom Penh, dove venivano condotti i cambogiani affichè confessassero reati mai commessi o tradimenti dei propri compagni. Tale contestualizzazione è indispensabile per comprendere i disturbi psicologici che vengono approfonditi in seguito. Successivamente viene analizzato il DPTS secondo le categorie e le teorizzazioni della psichiatria americana; si fa riferimento al caso cambogiano ed a quello di altri Paesi, la cui popolazione è affetta da disturbi psicologici conseguenti ad eventi traumatici, così da permettere comparazioni. Viene inoltre trattata la trasmissione intergenerazionale del trauma ed i conseguenti disturbi nei figli delle vittime cambogiane ed in quelli dei sopravvissuti all'Olocausto ed all'attentato terroristico dell'11 settembre 2001. E' stato infatti provato che i figli dei sopravvissuti a gravi eventi traumatici tendono a provare gli stessi sintomi dei loro genitori, anche se non sono stati direttamente coinvolti nella tragedia. L'ultima parte dell'elaborato riguarda le terapie (biomediche, tradizionali, politiche) utilizzate per alleviare i sintomi del disturbo post-traumatico da stress. Questa parte, maggiormente ¿antropologica¿, mette in discussione la categoria occidentale del DTPS e le cure biomediche (terapia farmacologica e psicoterapia) con cui spesso sono trattati i cambogiani, senza ricavare apprezzabili risultati. Viene evidenziata e sostenuta la visione dell'Altro, che spesso preferisce affidarsi a guaritori e a cure tradizionali, quali la pratica del cupping e quella del coining, non condividendo le concezioni occidentali. Molti cambogiani infatti non credono di essere affetti dal DPTS, ma da una sindrome denominata Khyal Attack. Anche in questa sezione si parte dalla realtà cambogiana per poi rivolgere l'attenzione a popoli differenti. Nel caso di popolazioni oppresse da regimi viene sottolineata l'importanza terapeutica della testimonianza nei processi contro i dittatori sconfitti.
CICATRICI NASCOSTE: il Disturbo Post-Traumatico da Stress in Cambogia
BERTETTI, BARBARA
2012/2013
Abstract
Questo elaborato, nato da un'esperienza di vita in Cambogia, tratta il disturbo post-traumatico da stress nella popolazione cambogiana conseguente al regime di Pol Pot, durato dal '75 al '79 e che ha provocato la morte di quasi due milioni di persone. A partire dall'incontro con l'Altro, viene organizzato un discorso improntato sulla sofferenza umana, cercando di analizzarla con le categorie occidentali, ma anche con quelle tradizionali, allargando così la ricerca sul versante antropologico, oltre che su quello psicologico. Inizialmente è presentata la storia della Cambogia prima della presa del potere di Pol Pot e vengono descritti, anche attraverso testimonianze dei sopravvissuti, gli orrori commessi dai Khmer Rossi durante il regime: la deportazione, il lavoro forzato, le percosse, le umiliazioni, le uccisioni brutali, le false accuse, l'annientamento psicologico, la distruzione della rete sociale e di quella familiare. Viene descritto approfonditamente l'S-21 il più importante campo di tortura di Phnom Penh, dove venivano condotti i cambogiani affichè confessassero reati mai commessi o tradimenti dei propri compagni. Tale contestualizzazione è indispensabile per comprendere i disturbi psicologici che vengono approfonditi in seguito. Successivamente viene analizzato il DPTS secondo le categorie e le teorizzazioni della psichiatria americana; si fa riferimento al caso cambogiano ed a quello di altri Paesi, la cui popolazione è affetta da disturbi psicologici conseguenti ad eventi traumatici, così da permettere comparazioni. Viene inoltre trattata la trasmissione intergenerazionale del trauma ed i conseguenti disturbi nei figli delle vittime cambogiane ed in quelli dei sopravvissuti all'Olocausto ed all'attentato terroristico dell'11 settembre 2001. E' stato infatti provato che i figli dei sopravvissuti a gravi eventi traumatici tendono a provare gli stessi sintomi dei loro genitori, anche se non sono stati direttamente coinvolti nella tragedia. L'ultima parte dell'elaborato riguarda le terapie (biomediche, tradizionali, politiche) utilizzate per alleviare i sintomi del disturbo post-traumatico da stress. Questa parte, maggiormente ¿antropologica¿, mette in discussione la categoria occidentale del DTPS e le cure biomediche (terapia farmacologica e psicoterapia) con cui spesso sono trattati i cambogiani, senza ricavare apprezzabili risultati. Viene evidenziata e sostenuta la visione dell'Altro, che spesso preferisce affidarsi a guaritori e a cure tradizionali, quali la pratica del cupping e quella del coining, non condividendo le concezioni occidentali. Molti cambogiani infatti non credono di essere affetti dal DPTS, ma da una sindrome denominata Khyal Attack. Anche in questa sezione si parte dalla realtà cambogiana per poi rivolgere l'attenzione a popoli differenti. Nel caso di popolazioni oppresse da regimi viene sottolineata l'importanza terapeutica della testimonianza nei processi contro i dittatori sconfitti.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/131266