Il movimento per i diritti civili non fu un blocco monolitico completamente scevro da dissapori interni e forti divergenze. Molte critiche, infatti, furono mosse dagli stessi leader del movimento in direzione di quella sua parte anagraficamente più giovane e composta per la maggior parte di studenti. I leader del movimento vedevano nelle proposte avanzate e nelle proteste organizzate dai giovani un metodo troppo “radicale”, impensabile da applicare su una scala più ampia, oltre che terribilmente pericoloso. I giovani, dal loro punto di vista, non vedevano di buon grado la forma di organizzazione interna della maggior parte delle altre istituzioni del movimento, basata per lo più sul modello di riferimento personalistico nei confronti di un leader carismatico, il quale dettava la linea e sceglieva luoghi e metodi di operazione. Scopo di questo lavoro è mostrare come questo scontro generazionale sia stato tanto importante nel movimento quanto fruttuoso, forse addirittura determinante visti i risultati derivati dalle impetuose richieste e proteste organizzate dai giovani. Il metodo scelto per osservare questo scontro è quello di tenere al centro la figura di uno di quei giovani animatori del movimento, John Lewis. Originario della piccola Troy, in Alabama, e presidente dello Student Nonviolent Coordinating Committe fra il 1963 e il 1966, John Lewis rappresenta al meglio l’ideale della nonviolenza come strumento principale della lotta per l’ottenimento dei diritti civili, ma è anche protagonista di molti dei principali eventi degli Anni Sessanta. Era fra gli organizzatori dei sit-in di Nashville e fra i primi tredici Freedom Riders, tenne uno dei discorsi durante la marcia su Washington e guidava la marcia che da Selma portava a Montgomery, i cui partecipanti furono attaccati dalla polizia dell’Alabama. Però, più che protagonista di quegli eventi, si trovò spesso al centro di quello scontro generazionale: era a capo di un’organizzazione che ricercava nel sostegno della base, e non nel carisma del leader, la sua forza. Un'organizzazione che mirava a portare a compimento ogni obiettivo, non importa quanto pericoloso, e a tirare sempre di più la corda, mentre nelle altre organizzazioni vigeva un principio di prudenza che, secondo gli studenti, portava soltanto alla limitazione di qualsiasi iniziativa. L’intreccio fra contesto e vicende personali seguirà tutto lo svolgimento dell’elaborato, partendo dai primi anni di vita di John Lewis e concludendosi al 1966, anno della mancata rielezione a chairman dell’SNCC.
Da Troy a Selma. John Lewis, il movimento per i diritti civili e la dimensione generazionale
IMPALONI, ELIA
2020/2021
Abstract
Il movimento per i diritti civili non fu un blocco monolitico completamente scevro da dissapori interni e forti divergenze. Molte critiche, infatti, furono mosse dagli stessi leader del movimento in direzione di quella sua parte anagraficamente più giovane e composta per la maggior parte di studenti. I leader del movimento vedevano nelle proposte avanzate e nelle proteste organizzate dai giovani un metodo troppo “radicale”, impensabile da applicare su una scala più ampia, oltre che terribilmente pericoloso. I giovani, dal loro punto di vista, non vedevano di buon grado la forma di organizzazione interna della maggior parte delle altre istituzioni del movimento, basata per lo più sul modello di riferimento personalistico nei confronti di un leader carismatico, il quale dettava la linea e sceglieva luoghi e metodi di operazione. Scopo di questo lavoro è mostrare come questo scontro generazionale sia stato tanto importante nel movimento quanto fruttuoso, forse addirittura determinante visti i risultati derivati dalle impetuose richieste e proteste organizzate dai giovani. Il metodo scelto per osservare questo scontro è quello di tenere al centro la figura di uno di quei giovani animatori del movimento, John Lewis. Originario della piccola Troy, in Alabama, e presidente dello Student Nonviolent Coordinating Committe fra il 1963 e il 1966, John Lewis rappresenta al meglio l’ideale della nonviolenza come strumento principale della lotta per l’ottenimento dei diritti civili, ma è anche protagonista di molti dei principali eventi degli Anni Sessanta. Era fra gli organizzatori dei sit-in di Nashville e fra i primi tredici Freedom Riders, tenne uno dei discorsi durante la marcia su Washington e guidava la marcia che da Selma portava a Montgomery, i cui partecipanti furono attaccati dalla polizia dell’Alabama. Però, più che protagonista di quegli eventi, si trovò spesso al centro di quello scontro generazionale: era a capo di un’organizzazione che ricercava nel sostegno della base, e non nel carisma del leader, la sua forza. Un'organizzazione che mirava a portare a compimento ogni obiettivo, non importa quanto pericoloso, e a tirare sempre di più la corda, mentre nelle altre organizzazioni vigeva un principio di prudenza che, secondo gli studenti, portava soltanto alla limitazione di qualsiasi iniziativa. L’intreccio fra contesto e vicende personali seguirà tutto lo svolgimento dell’elaborato, partendo dai primi anni di vita di John Lewis e concludendosi al 1966, anno della mancata rielezione a chairman dell’SNCC.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/130906