Il presente lavoro intende trattare il tema della dissimulazione facendone emergere i diversi usi e significati teorizzati da alcuni autori del Seicento. Che ¿la verità partorisca odio¿ è un fatto che si manifesta in tutti i tempi così come, di conseguenza, la necessità di avvalersi della pratica della dissimulazione per evitare le ostilità. La particolarità dell'epoca presa in considerazione consiste nell'ingente produzione filosofico-lettararia che si prefigge di teorizzare la dissimulazione come tecnica di governo; la prudenza, strettamente legata alla pratica della dissimulazione, è, infatti, la virtù fondamentale consigliata al Principe. Tuttavia il modello di comportamento proposto soltanto per il Principe diviene fonte d'ispirazione anche per la gente comune, tende, cioè, ad assumere un valore universale, inducendo, così, i teorici del secolo a interrogarsi su di essa. Le diverse riflessioni proposte dai moralisti del Seicento sul tema della dissimulazione, sono esposte nel primo capitolo. Le diversità che emergono tra i differenti autori dipendono dalle svariate intenzioni e concezioni antropologiche e politiche alle quali quegli autori sono più direttamente interessati. C'è chi si chiede, come Bacone e Mazzarino, quale sia la strategia vincente per l'uomo di Stato, vedendo nella dissimulazione un'arma efficace che cela gli intenti per trasformarli in praxis al momento opportuno; altri, come La Rouchefoucauld e La Bruyère studiano l'uomo e le sue passioni, considerando la dissimulazione come una pratica connaturata nell'uomo che, a causa del suo amor proprio, nasconde la propria imperfezione a sé e agli altri, escludendo la possibilità di una conversazione autentica. Infine vi è chi, come Guazzo, non vuole rinunciare a tale possibilità di comunicazione, e relega la dissimulazione alle conversazioni tenute con uomini disonesti, riservando la sincerità e la totale apertura del proprio essere agli spiriti virtuosi con i quali l'integrità può essere preservata. La scelta di dedicare il secondo capitolo all'analisi della Dissimulazione onesta di Torquato Accetto è stata fatta sulla base dell'atipicità del significato che l'autore ascrive alla dissimulazione, attribuendole il carattere dell'onestà; l'impiego di tale pratica deve essere sostenuta, per Accetto, da una predisposizione sincera dell'anima, e il suo scopo è volto alla difesa di se stessi e della verità, difesa che trova il suo limite prima dell'inizio della formazione del falso. Il terzo capitolo è stato dedicato all'analisi dell'opera di Baltasar Gracián, l'Oracolo manuale e arte di prudenza, poiché essa rappresenta il modo comune della cultura dell'epoca di pensare alla dissimulazione, ossia non solo come strumento di difesa di se stessi ma anche come espediente per dar luogo al malinteso a proprio vantaggio.

Onestà e disonestà della dissimulazione: Torquato Accetto e Baltasar Gracián

BUMBACA, MARZIA
2011/2012

Abstract

Il presente lavoro intende trattare il tema della dissimulazione facendone emergere i diversi usi e significati teorizzati da alcuni autori del Seicento. Che ¿la verità partorisca odio¿ è un fatto che si manifesta in tutti i tempi così come, di conseguenza, la necessità di avvalersi della pratica della dissimulazione per evitare le ostilità. La particolarità dell'epoca presa in considerazione consiste nell'ingente produzione filosofico-lettararia che si prefigge di teorizzare la dissimulazione come tecnica di governo; la prudenza, strettamente legata alla pratica della dissimulazione, è, infatti, la virtù fondamentale consigliata al Principe. Tuttavia il modello di comportamento proposto soltanto per il Principe diviene fonte d'ispirazione anche per la gente comune, tende, cioè, ad assumere un valore universale, inducendo, così, i teorici del secolo a interrogarsi su di essa. Le diverse riflessioni proposte dai moralisti del Seicento sul tema della dissimulazione, sono esposte nel primo capitolo. Le diversità che emergono tra i differenti autori dipendono dalle svariate intenzioni e concezioni antropologiche e politiche alle quali quegli autori sono più direttamente interessati. C'è chi si chiede, come Bacone e Mazzarino, quale sia la strategia vincente per l'uomo di Stato, vedendo nella dissimulazione un'arma efficace che cela gli intenti per trasformarli in praxis al momento opportuno; altri, come La Rouchefoucauld e La Bruyère studiano l'uomo e le sue passioni, considerando la dissimulazione come una pratica connaturata nell'uomo che, a causa del suo amor proprio, nasconde la propria imperfezione a sé e agli altri, escludendo la possibilità di una conversazione autentica. Infine vi è chi, come Guazzo, non vuole rinunciare a tale possibilità di comunicazione, e relega la dissimulazione alle conversazioni tenute con uomini disonesti, riservando la sincerità e la totale apertura del proprio essere agli spiriti virtuosi con i quali l'integrità può essere preservata. La scelta di dedicare il secondo capitolo all'analisi della Dissimulazione onesta di Torquato Accetto è stata fatta sulla base dell'atipicità del significato che l'autore ascrive alla dissimulazione, attribuendole il carattere dell'onestà; l'impiego di tale pratica deve essere sostenuta, per Accetto, da una predisposizione sincera dell'anima, e il suo scopo è volto alla difesa di se stessi e della verità, difesa che trova il suo limite prima dell'inizio della formazione del falso. Il terzo capitolo è stato dedicato all'analisi dell'opera di Baltasar Gracián, l'Oracolo manuale e arte di prudenza, poiché essa rappresenta il modo comune della cultura dell'epoca di pensare alla dissimulazione, ossia non solo come strumento di difesa di se stessi ma anche come espediente per dar luogo al malinteso a proprio vantaggio.
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