Con il presente lavoro ci si propone l'obiettivo di ricostruire le caratteristiche peculiari del procedimento previsto all'art. 709-ter c. p. c. Il procedimento ex art. 709-ter c. p. c., introdotto nel codice di rito dal comma secondo dell'art. 2 della legge 8 febbraio 2006 n. 54 sull'affidamento condiviso, è stato oggetto di vivaci dibattiti in dottrina e nelle aule giudiziarie sin dalla sua entrata in vigore, risalente al 16 marzo 2006, e rappresenta ancora oggi un tema di grande attualità. Ai fini della trattazione si è fatto riferimento agli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali formatisi a partire dall'entrata in vigore della legge di riforma del 2006 fino ad oggi, senza pretesa di esaustività. In primo luogo, si è chiarito che questo procedimento è uno strumento atto alla risoluzione delle controversie in ordine all'esercizio della potestà genitoriale e delle modalità di affidamento, messo a disposizione non solo dei genitori separati, ma anche di quelli divorziati o delle coppie il cui matrimonio civile è stato annullato, nonché dei genitori naturali non più conviventi. In breve, il giudice può essere chiamato a provvedere tutte le volte che, nelle more della crisi familiare, i genitori, coniugati e non, entrino in conflitto in merito alle decisioni di maggior interesse del figlio o quando sopravvengano delle difficoltà (anche interpretative) nell'attuazione delle prescrizioni inerenti l'affidamento. La condizione imprescindibile perché possa essere instaurato tale tipo di procedimento è la presenza di figli minorenni o maggiorenni affetti da disabilità grave. In aderenza alle posizioni prevalenti in dottrina e giurisprudenza, abbiamo ricompreso, nel novero delle controversie oggetto del procedimento de quo quelle di natura patrimoniale. Nella seconda parte dell'elaborato, è stato affrontato il tema della competenza. Nel caso in cui l'istanza di composizione delle controversie ex art. 709-ter c. p. c. venga proposta in pendenza del giudizio di separazione o di divorzio, il giudice competente è quello del procedimento in corso: il giudice istruttore o il collegio. Nel proseguo dell'indagine, è stato dedicato ampio spazio al dibattito dottrinale e giurisprudenziale sorto in relazione al riparto di competenze tra il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni. La questione è stata risolta dalla legge 219/2012 a favore della competenza del tribunale ordinario in pendenza del giudizio di separazione e di divorzio, nell'ottica di garantire la parificazione tra figli legittimi e figli nati da genitori non coniugati. Infine, si sono analizzate le condizioni processuali del procedimento in epigrafe e se ne sono evidenziate le peculiarità. Vi sono dei temi, come la natura del provvedimento conclusivo e delle misure coercitive, che hanno dato adito a questioni interpretative contrastanti, tutt'ora non risolte. Si è poi approfondito il tema relativo ai poteri di intervento del giudice. Con l'introduzione dell'art. 709-ter c. p. c. è stato conferito al giudice il potere di emanare i «provvedimenti opportuni» per comporre le controversie tra i genitori relativamente all'esercizio della potestà genitoriale e delle modalità di affidamento. Inoltre il giudice, allorquando accerti gravi inadempienze o violazioni degli obblighi genitoriali da parte di un genitore, può modificare i provvedimenti vigenti sull'affidamento e può, anche congiuntamente, irrogare una o più misure di cui all'art. 709-ter, co. 2, n. 1-4, c. p. c. All'esito di questa ricerca rimane un unico auspicio: che il legislatore intervenga a sciogliere tutti i nodi interpretativi che ha sollevato questa disposizione.
Il procedimento ex art. 709-ter c. p. c.
CERRATO, ALLEGRA
2012/2013
Abstract
Con il presente lavoro ci si propone l'obiettivo di ricostruire le caratteristiche peculiari del procedimento previsto all'art. 709-ter c. p. c. Il procedimento ex art. 709-ter c. p. c., introdotto nel codice di rito dal comma secondo dell'art. 2 della legge 8 febbraio 2006 n. 54 sull'affidamento condiviso, è stato oggetto di vivaci dibattiti in dottrina e nelle aule giudiziarie sin dalla sua entrata in vigore, risalente al 16 marzo 2006, e rappresenta ancora oggi un tema di grande attualità. Ai fini della trattazione si è fatto riferimento agli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali formatisi a partire dall'entrata in vigore della legge di riforma del 2006 fino ad oggi, senza pretesa di esaustività. In primo luogo, si è chiarito che questo procedimento è uno strumento atto alla risoluzione delle controversie in ordine all'esercizio della potestà genitoriale e delle modalità di affidamento, messo a disposizione non solo dei genitori separati, ma anche di quelli divorziati o delle coppie il cui matrimonio civile è stato annullato, nonché dei genitori naturali non più conviventi. In breve, il giudice può essere chiamato a provvedere tutte le volte che, nelle more della crisi familiare, i genitori, coniugati e non, entrino in conflitto in merito alle decisioni di maggior interesse del figlio o quando sopravvengano delle difficoltà (anche interpretative) nell'attuazione delle prescrizioni inerenti l'affidamento. La condizione imprescindibile perché possa essere instaurato tale tipo di procedimento è la presenza di figli minorenni o maggiorenni affetti da disabilità grave. In aderenza alle posizioni prevalenti in dottrina e giurisprudenza, abbiamo ricompreso, nel novero delle controversie oggetto del procedimento de quo quelle di natura patrimoniale. Nella seconda parte dell'elaborato, è stato affrontato il tema della competenza. Nel caso in cui l'istanza di composizione delle controversie ex art. 709-ter c. p. c. venga proposta in pendenza del giudizio di separazione o di divorzio, il giudice competente è quello del procedimento in corso: il giudice istruttore o il collegio. Nel proseguo dell'indagine, è stato dedicato ampio spazio al dibattito dottrinale e giurisprudenziale sorto in relazione al riparto di competenze tra il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni. La questione è stata risolta dalla legge 219/2012 a favore della competenza del tribunale ordinario in pendenza del giudizio di separazione e di divorzio, nell'ottica di garantire la parificazione tra figli legittimi e figli nati da genitori non coniugati. Infine, si sono analizzate le condizioni processuali del procedimento in epigrafe e se ne sono evidenziate le peculiarità. Vi sono dei temi, come la natura del provvedimento conclusivo e delle misure coercitive, che hanno dato adito a questioni interpretative contrastanti, tutt'ora non risolte. Si è poi approfondito il tema relativo ai poteri di intervento del giudice. Con l'introduzione dell'art. 709-ter c. p. c. è stato conferito al giudice il potere di emanare i «provvedimenti opportuni» per comporre le controversie tra i genitori relativamente all'esercizio della potestà genitoriale e delle modalità di affidamento. Inoltre il giudice, allorquando accerti gravi inadempienze o violazioni degli obblighi genitoriali da parte di un genitore, può modificare i provvedimenti vigenti sull'affidamento e può, anche congiuntamente, irrogare una o più misure di cui all'art. 709-ter, co. 2, n. 1-4, c. p. c. All'esito di questa ricerca rimane un unico auspicio: che il legislatore intervenga a sciogliere tutti i nodi interpretativi che ha sollevato questa disposizione.File | Dimensione | Formato | |
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