The aim of this thesis is the analysis of the unconstitutional aspects of the so-called “hotspot approach”. It is a method of management of migratory flows established by the European Commission throughout the European Agenda on Migration of 2015. This approach has been provided for the identification, registration and fingerprinting of all the migrants who irregularly arrive to the Italian and Greek coastlines. One of the major hotspot's purposes was to avoid the secondary movement of the migrants across the Europe and so to comply with the Dublin system which imposes to present the application for international protection in the State of initial entry. The implementation of this approach in Italy has caused multiple violations of human rights granted in the Constitutions and in the international Charters about fundamental rights. In the first chapter the Italian legal framework about this migration's centre has been introduced trying to highlight its weaknesses. The middle chapters are focused on the violations of the right of asylum, of the inviolability of personal freedom and of the right of defence of migrants withheld in the hotspots. The issue of detention of migrants in hotspots was also addressed with reference to the problems raised by the application of anti-coronavirus measures. After a comparison with the Greek condition, in the final chapter, future perspectives of hotspots are presented, since these centres have undergone transformations in the way they operate, due to the introduction of the so-called fast-track border procedures and of the list of safe countries of origin.
L'elaborato si propone di esaminare da un punto di vista principalmente costituzionale il c.d. “hotspot approach”, ossia quel metodo di gestione dei flussi migratori previsto dall'Agenda europea sulla migrazione del 2015, incentrato sulla creazione di centri per migranti presso quelle zone frontaliere e portuali caratterizzate da un aumento significativo del numero di migranti in arrivo. I centri sono stati pensati per realizzare la rapida identificazione, fotosegnalamento e registrazione in Eurodac del 100% dei migranti ivi giunti, così da rapidamente discernere il richiedente protezione internazionale dal “migrante economico”, per poi indirizzare il primo alle procedure di asilo ed il secondo verso i canali di rimpatrio. A far data dal 2015 centinaia di migliaia di migranti, giunti di fronte alle frontiere esterne della “fortezza Europa” attraverso le rotte del Mediterraneo, sono passati per questi “luoghi di non diritto”, dove la volontà di preservare il corretto funzionamento del sistema Dublino è prevalso sul rispetto delle garanzie poste a loro tutela, concretizzandosi così plurime violazioni dei diritti umani fondamentali, sanciti tanto nelle carte costituzionali degli stati “ospitanti” che in quelle proclamate a livello internazionale e sovranazionale. Ecco che gli hotspot, ridenominati dalla Roadmap Italiana “punti di crisi” e disciplinati dalle Standard Operating Procedure, fanno la loro prima apparizione a partire dal 2016 sorgendo dalla ceneri dei vecchi CPSA e CIE e scatenando, fin dagli esordi, numerose critiche provenienti non solo da esperti di dottrina e di giurisprudenza, ma anche della politica e di molte associazioni ed organizzazioni nazionali ed internazionali che, attraverso la loro attività di reporting, hanno via via messo in luce gli aspetti più aberranti relativi alle prassi in essi perpetuate. Premettendo che ci si è focalizzati principalmente sulla attuazione del metodo in Italia, dopo un necessario inquadramento giuridico, già di per sé in grado di portare all'attenzione del lettore le problematiche relative all'utilizzo di tale metodo, nei capitoli centrali si entra nel vivo della questione relativa alla violazione dei diritti costituzionalmente garantiti: il diritto di asilo, l'inviolabilità della libertà personale e il diritto di difesa dei migranti negli hotspot. Procedendosi attraverso la descrizione delle varie tappe costituenti l'approccio quali il colloquio identificativo, l'uso della forza nel prelievo fotodattiloscopico ed il trattenimento ai fini identificativi (con un focus sulle problematiche che il confinamento imposto dalle misure tese a fermare la pandemia da COVID-19 ha comportato su quest'ultimo aspetto), si fa di volta in volta riferimento alle pratiche disumane di cui si sono resi palcoscenico e che gli interventi normativi successivi (da ultimo il Decreto Lamorgese del 2020) non hanno nemmeno in parte scalfito, intervenendo anzi, in un certo senso, a legittimarle ex post. Infine nell'ultima parte della trattazione, muovendo dal diritto di asilo quale perno del sistema messo a punto dall'Agenda del 2015, e talvolta servendosi della prospettiva comparata con l'esperienza greca, si evidenzia l'evoluzione che il metodo ha subito a seguito delle normative introdotte in materia di procedure accelerate alla frontiera e della lista di Paesi di origine sicuri, e si tenta altresì di dare una previsione di quello che verosimilmente sarà il futuro degli hotspot in Europa.
Il metodo hotspot nella gestione dei flussi migratori: profili di incostituzionalità
MUSOLINO, MARIA CRISTINA
2019/2020
Abstract
L'elaborato si propone di esaminare da un punto di vista principalmente costituzionale il c.d. “hotspot approach”, ossia quel metodo di gestione dei flussi migratori previsto dall'Agenda europea sulla migrazione del 2015, incentrato sulla creazione di centri per migranti presso quelle zone frontaliere e portuali caratterizzate da un aumento significativo del numero di migranti in arrivo. I centri sono stati pensati per realizzare la rapida identificazione, fotosegnalamento e registrazione in Eurodac del 100% dei migranti ivi giunti, così da rapidamente discernere il richiedente protezione internazionale dal “migrante economico”, per poi indirizzare il primo alle procedure di asilo ed il secondo verso i canali di rimpatrio. A far data dal 2015 centinaia di migliaia di migranti, giunti di fronte alle frontiere esterne della “fortezza Europa” attraverso le rotte del Mediterraneo, sono passati per questi “luoghi di non diritto”, dove la volontà di preservare il corretto funzionamento del sistema Dublino è prevalso sul rispetto delle garanzie poste a loro tutela, concretizzandosi così plurime violazioni dei diritti umani fondamentali, sanciti tanto nelle carte costituzionali degli stati “ospitanti” che in quelle proclamate a livello internazionale e sovranazionale. Ecco che gli hotspot, ridenominati dalla Roadmap Italiana “punti di crisi” e disciplinati dalle Standard Operating Procedure, fanno la loro prima apparizione a partire dal 2016 sorgendo dalla ceneri dei vecchi CPSA e CIE e scatenando, fin dagli esordi, numerose critiche provenienti non solo da esperti di dottrina e di giurisprudenza, ma anche della politica e di molte associazioni ed organizzazioni nazionali ed internazionali che, attraverso la loro attività di reporting, hanno via via messo in luce gli aspetti più aberranti relativi alle prassi in essi perpetuate. Premettendo che ci si è focalizzati principalmente sulla attuazione del metodo in Italia, dopo un necessario inquadramento giuridico, già di per sé in grado di portare all'attenzione del lettore le problematiche relative all'utilizzo di tale metodo, nei capitoli centrali si entra nel vivo della questione relativa alla violazione dei diritti costituzionalmente garantiti: il diritto di asilo, l'inviolabilità della libertà personale e il diritto di difesa dei migranti negli hotspot. Procedendosi attraverso la descrizione delle varie tappe costituenti l'approccio quali il colloquio identificativo, l'uso della forza nel prelievo fotodattiloscopico ed il trattenimento ai fini identificativi (con un focus sulle problematiche che il confinamento imposto dalle misure tese a fermare la pandemia da COVID-19 ha comportato su quest'ultimo aspetto), si fa di volta in volta riferimento alle pratiche disumane di cui si sono resi palcoscenico e che gli interventi normativi successivi (da ultimo il Decreto Lamorgese del 2020) non hanno nemmeno in parte scalfito, intervenendo anzi, in un certo senso, a legittimarle ex post. Infine nell'ultima parte della trattazione, muovendo dal diritto di asilo quale perno del sistema messo a punto dall'Agenda del 2015, e talvolta servendosi della prospettiva comparata con l'esperienza greca, si evidenzia l'evoluzione che il metodo ha subito a seguito delle normative introdotte in materia di procedure accelerate alla frontiera e della lista di Paesi di origine sicuri, e si tenta altresì di dare una previsione di quello che verosimilmente sarà il futuro degli hotspot in Europa.File | Dimensione | Formato | |
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