Il termine Sughendō indica una tradizione ascetica tipica del panorama religioso giapponese che si è formata dalla combinazione tra il culto popolare delle montagne, le credenze sciamaniche e shintoiste e gli elementi del Taoismo e del Buddhismo esoterico. Coloro che praticano lo Sughendō, conosciuti col nome di yamabushi o shugenja, mirano all'ottenimento di poteri soprannaturali mediante una rigida pratica ascetica sulle montagne. Fino al XVI secolo i riti dello Sughendō erano segreti e venivano tramandati oralmente da maestro a discepolo. Solo durante il periodo Tokugawa 徳川 (1603-1868) il movimento si diffuse e gli yamabushi iniziarono ad operare nei villaggi dove svolgevano funzioni utili alla popolazione e officiavano i riti comunitari. Nel 1872, poiché ritenuto una forma di religione troppo superstiziosa e non adatta alla nuova immagine del Giappone moderno che si andava creando, il governo Meiji bandì formalmente lo Sughendō e i suoi luoghi di culto dovettero trasformarsi in templi buddhisti o santuari shintoisti. Per riuscire a comprendere appieno le caratteristiche e i principi dello Sughendō, ritengo che sia necessario analizzare anche e soprattutto il background culturale che lo ha preceduto. Per questo, ho deciso di esaminare la concezione dello spazio sacro in Giappone e, successivamente, la concezione della montagna sacra, fulcro delle credenze legate a questa tradizione ascetica. Uno degli aspetti a mio parere più ambigui dello Sugendō è il cosiddetto fenomeno del nyonin kinsei, ovvero il divieto per le donne di accedere alle montagne sacre. Dopo aver brevemente analizzato le origini storiche di tale proibizione, ho deciso di trattare il caso del monte Ōmine, l'unico luogo in cui il nyonin kinsei è ancora oggi in vigore. Anche nella traduzione in appendice, si affronta il problema dell'esclusione delle donne dal monte Ōmine e si prendono in considerazione vari punti di vista relativi al nyonin kinsei. Secondo l'autrice e gli attivisti dei diritti umani, questa proibizione è sinonimo di discriminazione e per questo dovrebbe essere eliminata; al contrario, molte altre persone la ritengono un fatto che rispecchia la tradizione e la cultura giapponese. Il dibattito rimane, dunque, ancora aperto.
LA CONCEZIONE DELLA MONTAGNA SACRA IN GIAPPONE: TRADIZIONE ASCETICA DELLO SHUGENDŌ ED ESCLUSIONE DELLE DONNE
ODASSO, SILVIA
2014/2015
Abstract
Il termine Sughendō indica una tradizione ascetica tipica del panorama religioso giapponese che si è formata dalla combinazione tra il culto popolare delle montagne, le credenze sciamaniche e shintoiste e gli elementi del Taoismo e del Buddhismo esoterico. Coloro che praticano lo Sughendō, conosciuti col nome di yamabushi o shugenja, mirano all'ottenimento di poteri soprannaturali mediante una rigida pratica ascetica sulle montagne. Fino al XVI secolo i riti dello Sughendō erano segreti e venivano tramandati oralmente da maestro a discepolo. Solo durante il periodo Tokugawa 徳川 (1603-1868) il movimento si diffuse e gli yamabushi iniziarono ad operare nei villaggi dove svolgevano funzioni utili alla popolazione e officiavano i riti comunitari. Nel 1872, poiché ritenuto una forma di religione troppo superstiziosa e non adatta alla nuova immagine del Giappone moderno che si andava creando, il governo Meiji bandì formalmente lo Sughendō e i suoi luoghi di culto dovettero trasformarsi in templi buddhisti o santuari shintoisti. Per riuscire a comprendere appieno le caratteristiche e i principi dello Sughendō, ritengo che sia necessario analizzare anche e soprattutto il background culturale che lo ha preceduto. Per questo, ho deciso di esaminare la concezione dello spazio sacro in Giappone e, successivamente, la concezione della montagna sacra, fulcro delle credenze legate a questa tradizione ascetica. Uno degli aspetti a mio parere più ambigui dello Sugendō è il cosiddetto fenomeno del nyonin kinsei, ovvero il divieto per le donne di accedere alle montagne sacre. Dopo aver brevemente analizzato le origini storiche di tale proibizione, ho deciso di trattare il caso del monte Ōmine, l'unico luogo in cui il nyonin kinsei è ancora oggi in vigore. Anche nella traduzione in appendice, si affronta il problema dell'esclusione delle donne dal monte Ōmine e si prendono in considerazione vari punti di vista relativi al nyonin kinsei. Secondo l'autrice e gli attivisti dei diritti umani, questa proibizione è sinonimo di discriminazione e per questo dovrebbe essere eliminata; al contrario, molte altre persone la ritengono un fatto che rispecchia la tradizione e la cultura giapponese. Il dibattito rimane, dunque, ancora aperto.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/13050