The aim of this thesis is to highlight the critical cases that can emerge from our system, which is based on a rigid dichotomy between intention and negligence, which therefore does not leave room for an important "grey area" identified at times as dolus eventualis, at others as conscious fault. Obviously, the choice between one and the other notion is decidedly relevant since, in the Italian system, negligence is configurable only in the cases expressly provided for by law. Therefore: in crimes punished also by way of guilt, it will lead to a change in the title of the offence, while for crimes punished only by way of intent, it will lead to the criminal irrelevance of the fact committed. The boundary between these two figures – dolus eventualis and conscious negligence - has been the subject of much debate in the doctrine, the main positions of which are analysed in the first chapter. Subsequently, there is a careful analysis of the case law that tends to cause deep confusion in terms of legal certainty in case law. Finally, the first chapter arrives at the leading case on the subject given by the Italian Supreme Court (the ThyssenKrupp case). Given the extreme difficulty in defining the borderline between dolus eventualis and conscious negligence, it seems legitimate to ask whether alternative solutions to the current one are possible, aimed at overcoming the rigid dichotomy between intention and negligence. In this perspective, the second chapter analyses the notion and the evolution of recklessness, an intermediate figure between intention and negligence created by English criminal law, which outlines a liability for conscious assumption of a risk. Finally, the third chapter brings together the positions of the doctrine that hopes for an intervention of the legislator aimed at removing from the judge the heavy burden of a drastic choice between intent and negligence. Among the various proposals, there is also that of 'transplanting' into our system a figure analogous to that of recklessness. More specifically, an intermediate form should be outlined, in terms of "conscious assumption of the risk", within which to include both dolus eventualis and conscious negligence, and then have a distinction when deciding the penalty, projecting on a purely sanctioning level the possible nuances of the intensity of culpability. Of course, there is no shortage of criticism of this idea. The critiques question the actual usefulness of adding a new institution, and indeed point out how this could lead to further confusion. However, again it may be useful to look at the English experience, and in particular at the more recent doctrine, which has given to the notion of indifference a relevant role in distinguishing between negligence and recklessness. Ultimately, also in the perspective of harmonising European law, the proposal to introduce a third intermediate figure between intention and negligence seems encouraging, a proposal that is even more convincing if one decides to apply these legislative innovations only to crimes against the person and, in particular, against life and individual safety. In fact, doing so would avoid introducing a specific clause attributing subjective liability in the general part of the criminal code, with all the associated consequences.

L’obiettivo di questa tesi è quello di mettere in evidenza i casi critici che possono emergere dal nostro sistema imperniato su una rigida dicotomia tra dolo e colpa, che quindi non dà spazio a un’importante “zona grigia” individuata a volte come dolo eventuale, altre come colpa cosciente. Evidentemente, la scelta tra l’una e l’altra nozione è decisamente rilevante in quanto nel sistema italiano la colpa è configurabile nei soli casi espressamente previsti dalla legge. Dunque: nei delitti puniti anche a titolo di colpa porterà a modificare il titolo di reato, mentre per i delitti puniti solo a titolo di dolo, porterà all’irrilevanza penale del fatto commesso. Il limite tra queste due figure – dolo eventuale e colpa cosciente – è stato oggetto di un corposo dibattito in dottrina, le cui principali posizioni vengono analizzate nel primo capitolo. Successivamente, si procede a un’attenta analisi della casistica che tende a causare una profonda confusione in termini di certezza del diritto in giurisprudenza. Infine, il primo capitolo approda alla sentenza fondamentale in materia data dalle Sezioni Unite (sentenza ThyssenKrupp). Vista dunque l’estrema difficoltà nel definire la linea di confine tra dolo eventuale e colpa cosciente, sembra legittimo chiedersi se siano prospettabili soluzioni alternative a quella attuale, dirette a superare la rigida dicotomia tra dolo e colpa. In quest’ottica, il secondo capitolo analizza la nozione e l’evoluzione della recklessness, una figura intermedia tra dolo e colpa creata dal diritto penale inglese, che delinea una responsabilità per consapevole assunzione di un rischio. Infine, il terzo capitolo raccoglie le posizioni della dottrina che auspica un intervento del legislatore mirato a sottrarre al giudice l’onere gravoso di una scelta drastica tra dolo e colpa. Tra le diverse proposte, compare anche quella di “trapiantare” nel nostro sistema una figura analoga a quella di recklessness. Più nel dettaglio, si dovrebbe profilare una forma intermedia, in termini di “consapevole assunzione del rischio”, nell’ambito della quale ricomprendere tanto il dolo eventuale che la colpa cosciente, e avere poi una distinzione solo nell’ambito della commisurazione della pena, proiettando sul piano meramente sanzionatorio le possibili nuances dell’intensità della colpevolezza. Non mancano, ovviamente, le critiche a questa idea. Quest’ultime mettono in discussione l’effettiva utilità data dall’aggiunta di un nuovo istituto, e anzi rilevano come questo possa portare a ulteriore confusione. Tuttavia, di nuovo può giovare guardare all’esperienza inglese, e in particolare alla dottrina più recente, che ha dato alla nozione di indifference un rilevante ruolo per distinguere tra colpa e recklessness. In definitiva, anche in un’ottica di armonizzazione del diritto europeo, sembra incoraggiante la proposta di introdurre una terza figura intermedia tra dolo e colpa, proposta ancora più convincente qualora si decida di applicare queste innovazioni legislative soltanto ai reati contro la persona e, in particolare, contro la vita e l’incolumità individuale. Infatti, così facendo, si potrebbe evitare di introdurre un’apposita clausola di attribuzione della responsabilità soggettiva nella parte generale del Codice penale, con tutte le conseguenze a ciò connesse.

Dolo eventuale e Recklessness: istituti a confronto

POLLANO, SOFIA
2021/2022

Abstract

L’obiettivo di questa tesi è quello di mettere in evidenza i casi critici che possono emergere dal nostro sistema imperniato su una rigida dicotomia tra dolo e colpa, che quindi non dà spazio a un’importante “zona grigia” individuata a volte come dolo eventuale, altre come colpa cosciente. Evidentemente, la scelta tra l’una e l’altra nozione è decisamente rilevante in quanto nel sistema italiano la colpa è configurabile nei soli casi espressamente previsti dalla legge. Dunque: nei delitti puniti anche a titolo di colpa porterà a modificare il titolo di reato, mentre per i delitti puniti solo a titolo di dolo, porterà all’irrilevanza penale del fatto commesso. Il limite tra queste due figure – dolo eventuale e colpa cosciente – è stato oggetto di un corposo dibattito in dottrina, le cui principali posizioni vengono analizzate nel primo capitolo. Successivamente, si procede a un’attenta analisi della casistica che tende a causare una profonda confusione in termini di certezza del diritto in giurisprudenza. Infine, il primo capitolo approda alla sentenza fondamentale in materia data dalle Sezioni Unite (sentenza ThyssenKrupp). Vista dunque l’estrema difficoltà nel definire la linea di confine tra dolo eventuale e colpa cosciente, sembra legittimo chiedersi se siano prospettabili soluzioni alternative a quella attuale, dirette a superare la rigida dicotomia tra dolo e colpa. In quest’ottica, il secondo capitolo analizza la nozione e l’evoluzione della recklessness, una figura intermedia tra dolo e colpa creata dal diritto penale inglese, che delinea una responsabilità per consapevole assunzione di un rischio. Infine, il terzo capitolo raccoglie le posizioni della dottrina che auspica un intervento del legislatore mirato a sottrarre al giudice l’onere gravoso di una scelta drastica tra dolo e colpa. Tra le diverse proposte, compare anche quella di “trapiantare” nel nostro sistema una figura analoga a quella di recklessness. Più nel dettaglio, si dovrebbe profilare una forma intermedia, in termini di “consapevole assunzione del rischio”, nell’ambito della quale ricomprendere tanto il dolo eventuale che la colpa cosciente, e avere poi una distinzione solo nell’ambito della commisurazione della pena, proiettando sul piano meramente sanzionatorio le possibili nuances dell’intensità della colpevolezza. Non mancano, ovviamente, le critiche a questa idea. Quest’ultime mettono in discussione l’effettiva utilità data dall’aggiunta di un nuovo istituto, e anzi rilevano come questo possa portare a ulteriore confusione. Tuttavia, di nuovo può giovare guardare all’esperienza inglese, e in particolare alla dottrina più recente, che ha dato alla nozione di indifference un rilevante ruolo per distinguere tra colpa e recklessness. In definitiva, anche in un’ottica di armonizzazione del diritto europeo, sembra incoraggiante la proposta di introdurre una terza figura intermedia tra dolo e colpa, proposta ancora più convincente qualora si decida di applicare queste innovazioni legislative soltanto ai reati contro la persona e, in particolare, contro la vita e l’incolumità individuale. Infatti, così facendo, si potrebbe evitare di introdurre un’apposita clausola di attribuzione della responsabilità soggettiva nella parte generale del Codice penale, con tutte le conseguenze a ciò connesse.
ITA
The aim of this thesis is to highlight the critical cases that can emerge from our system, which is based on a rigid dichotomy between intention and negligence, which therefore does not leave room for an important "grey area" identified at times as dolus eventualis, at others as conscious fault. Obviously, the choice between one and the other notion is decidedly relevant since, in the Italian system, negligence is configurable only in the cases expressly provided for by law. Therefore: in crimes punished also by way of guilt, it will lead to a change in the title of the offence, while for crimes punished only by way of intent, it will lead to the criminal irrelevance of the fact committed. The boundary between these two figures – dolus eventualis and conscious negligence - has been the subject of much debate in the doctrine, the main positions of which are analysed in the first chapter. Subsequently, there is a careful analysis of the case law that tends to cause deep confusion in terms of legal certainty in case law. Finally, the first chapter arrives at the leading case on the subject given by the Italian Supreme Court (the ThyssenKrupp case). Given the extreme difficulty in defining the borderline between dolus eventualis and conscious negligence, it seems legitimate to ask whether alternative solutions to the current one are possible, aimed at overcoming the rigid dichotomy between intention and negligence. In this perspective, the second chapter analyses the notion and the evolution of recklessness, an intermediate figure between intention and negligence created by English criminal law, which outlines a liability for conscious assumption of a risk. Finally, the third chapter brings together the positions of the doctrine that hopes for an intervention of the legislator aimed at removing from the judge the heavy burden of a drastic choice between intent and negligence. Among the various proposals, there is also that of 'transplanting' into our system a figure analogous to that of recklessness. More specifically, an intermediate form should be outlined, in terms of "conscious assumption of the risk", within which to include both dolus eventualis and conscious negligence, and then have a distinction when deciding the penalty, projecting on a purely sanctioning level the possible nuances of the intensity of culpability. Of course, there is no shortage of criticism of this idea. The critiques question the actual usefulness of adding a new institution, and indeed point out how this could lead to further confusion. However, again it may be useful to look at the English experience, and in particular at the more recent doctrine, which has given to the notion of indifference a relevant role in distinguishing between negligence and recklessness. Ultimately, also in the perspective of harmonising European law, the proposal to introduce a third intermediate figure between intention and negligence seems encouraging, a proposal that is even more convincing if one decides to apply these legislative innovations only to crimes against the person and, in particular, against life and individual safety. In fact, doing so would avoid introducing a specific clause attributing subjective liability in the general part of the criminal code, with all the associated consequences.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/130481