L'obiettivo della tesi è stato quello di analizzare il lavoro del commercio equo e solidale in Guatemala attraverso la ricostruzione delle caratteristiche di alcuni progetti italiani nelle Terre Alte. A seguito di un'esperienza personale sul territorio svolta lo scorso anno, la ricerca ha avuto lo scopo di approfondire da un lato il variegato mondo del commercio equo e solidale, con le sue finalità, dubbi e prospettive, dall'altro quello strettamente guatemalteco delle cooperative di fair trade. Si è cercato di indagare l'impatto che questo tipo di cooperazione ha per le comunità mayensi, e di indagarne le inevitabili contraddizioni. Inizialmente mi sono occupata di raccogliere materiale riguardo alla storia e alla regolamentazione attuale del commercio equo e solidale, analizzando le radici del movimento, gli scopi che si prefigge, i soggetti che vi operano, e cercando di capire se in essa sia possibile descrivere una via di cooperazione alternativa. È emerso come, a livello per lo meno di documentazione, ci sia un interesse piuttosto scarso a proposito dell'impatto che queste cooperative hanno sulle comunità locali. A seguito poi di un approfondimento storico e culturale della realtà guatemalteca delle terre alte, in cui ho intrecciato il discorso storico riguardante i trentasei anni di guerra civile con quello attuale (e passato) della triste situazione di mancato riconoscimento dei diritti delle popolazioni indigene nelle comunità, mi sono occupata di raccogliere materiale a proposito dei progetti italiani in loco. Ho cercato di capire se questo tipo di collaborazione sia finalizzata a creare le basi per una qualche autonomia locale, attenta alla realtà indigena, oppure no. Seguono alcune riflessioni sull'importanza culturale per i gruppi indigeni guatemaltechi riguardo all'agricoltura e alla tessitura in particolare. Proprio da questi elementi sembra emergere, seppur non con così chiaramente, una specificità di azione del commercio equo nel mostrarsi come una forma di Cooperazione che non arriva esclusivamente dall'esterno, ma che si attiva a partire dalla lotta stessa delle comunità per la sopravvivenza e l'affermazione culturale, seppur inserendosi in attività (prima di tutto quella del caffè) simbolo di dipendenza in quanto tipicamente legate al mondo coloniale. Accanto a questo aspetto, a mio parere positivo, ne convive un altro assai più ambiguo, ed è l'effettivo impatto che tutto ciò ha in comunità ancora molto segnate dagli anni del conflitto. Nell'ultima parte raccolgo due testimonianze di persone con cui ho potuto collaborare, inserite all'interno del commercio equo e solidale, che hanno conosciuto e lavorato nella realtà guatemalteca. Attraverso questi ultimi importanti contributi mi è stato possibile giungere alla conclusione. Non è di mia competenza mettere in dubbio il lavoro del commercio equo e solidale seppur siano evidenti alcune contraddizioni (fino a dove, cioè, il commercio equo e solidale si prospetta come via di rispetto e riscatto della cultura indigena, e non solo a livello esteriore, e dove, invece, cade all'interno di un rapporto di dipendenza, seppur ¿più equo¿). Da quanto raccolto, seppur nei suoi limiti, sembra fornire una metodo di azione concreto per le comunità locali, che raggiunge le realtà più remote e si inserisce, più di molti altri, nelle caratteristiche della realtà culturale guatemalteca.

Commercio equo e solidale e comunità indigene: limiti e prospettive di alcuni progetti italiani nelle terre alte del Guatemala

SCHELLINO, ALICE
2011/2012

Abstract

L'obiettivo della tesi è stato quello di analizzare il lavoro del commercio equo e solidale in Guatemala attraverso la ricostruzione delle caratteristiche di alcuni progetti italiani nelle Terre Alte. A seguito di un'esperienza personale sul territorio svolta lo scorso anno, la ricerca ha avuto lo scopo di approfondire da un lato il variegato mondo del commercio equo e solidale, con le sue finalità, dubbi e prospettive, dall'altro quello strettamente guatemalteco delle cooperative di fair trade. Si è cercato di indagare l'impatto che questo tipo di cooperazione ha per le comunità mayensi, e di indagarne le inevitabili contraddizioni. Inizialmente mi sono occupata di raccogliere materiale riguardo alla storia e alla regolamentazione attuale del commercio equo e solidale, analizzando le radici del movimento, gli scopi che si prefigge, i soggetti che vi operano, e cercando di capire se in essa sia possibile descrivere una via di cooperazione alternativa. È emerso come, a livello per lo meno di documentazione, ci sia un interesse piuttosto scarso a proposito dell'impatto che queste cooperative hanno sulle comunità locali. A seguito poi di un approfondimento storico e culturale della realtà guatemalteca delle terre alte, in cui ho intrecciato il discorso storico riguardante i trentasei anni di guerra civile con quello attuale (e passato) della triste situazione di mancato riconoscimento dei diritti delle popolazioni indigene nelle comunità, mi sono occupata di raccogliere materiale a proposito dei progetti italiani in loco. Ho cercato di capire se questo tipo di collaborazione sia finalizzata a creare le basi per una qualche autonomia locale, attenta alla realtà indigena, oppure no. Seguono alcune riflessioni sull'importanza culturale per i gruppi indigeni guatemaltechi riguardo all'agricoltura e alla tessitura in particolare. Proprio da questi elementi sembra emergere, seppur non con così chiaramente, una specificità di azione del commercio equo nel mostrarsi come una forma di Cooperazione che non arriva esclusivamente dall'esterno, ma che si attiva a partire dalla lotta stessa delle comunità per la sopravvivenza e l'affermazione culturale, seppur inserendosi in attività (prima di tutto quella del caffè) simbolo di dipendenza in quanto tipicamente legate al mondo coloniale. Accanto a questo aspetto, a mio parere positivo, ne convive un altro assai più ambiguo, ed è l'effettivo impatto che tutto ciò ha in comunità ancora molto segnate dagli anni del conflitto. Nell'ultima parte raccolgo due testimonianze di persone con cui ho potuto collaborare, inserite all'interno del commercio equo e solidale, che hanno conosciuto e lavorato nella realtà guatemalteca. Attraverso questi ultimi importanti contributi mi è stato possibile giungere alla conclusione. Non è di mia competenza mettere in dubbio il lavoro del commercio equo e solidale seppur siano evidenti alcune contraddizioni (fino a dove, cioè, il commercio equo e solidale si prospetta come via di rispetto e riscatto della cultura indigena, e non solo a livello esteriore, e dove, invece, cade all'interno di un rapporto di dipendenza, seppur ¿più equo¿). Da quanto raccolto, seppur nei suoi limiti, sembra fornire una metodo di azione concreto per le comunità locali, che raggiunge le realtà più remote e si inserisce, più di molti altri, nelle caratteristiche della realtà culturale guatemalteca.
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