Il presente elaborato ha come oggetto d'indagine il controllo penale sugli atti amministrativi, problema che concerne i limiti che devono essere posti al potere di sindacato del giudice penale in materia amministrativa, soprattutto in relazione alle fattispecie in cui l'atto amministrativo è un elemento costitutivo del reato e, in quanto tale, soggetto all'accertamento giudiziale. E' con l'abolizione della giurisdizione unica a favore dell'introduzione della doppia giurisdizione che inizia a porsi la questione del sindacato del giudice ordinario sull'attività della Pubblica Amministrazione. Si è focalizzata l'attenzione principalmente su quelle norme (artt. 2, 4 e 5 L.A.C.) che sono state prese quale fondamento legislativo di tale potere di sindacato, originariamente considerato completamente coincidente con il potere di disapplicazione da parte del G.O. di un atto emesso dalla Pubblica Amministrazione. Tale istituto, nasce sin dall'inizio in relazione al giudizio civile, e ha quale scopo principale la tutela del cittadino nei confronti dei possibili abusi della P.A., ma il suo ambito di operatività può considerarsi esteso anche al giudizio penale. E' in tale contesto, infatti, che sorgono le maggiori problematiche in relazione a tale controllo. Si è affrontata la questione dei presupposti di tale potere di sindacato, tenendo conto delle diverse interpretazioni che sono state effettuate, nel corso degli anni da dottrina e giurisprudenza, in relazione agli artt. 4 e 5 della legge abolitrice. Si è posta l'attenzione sull'istituto della disapplicazione, che rappresenta l'ambito più evidente in cui trova esplicazione il suddetto potere di sindacato del giudice penale sugli atti amministrativi, elementi di una fattispecie penale. Ricordando tuttavia che tale potere di sindacato non coincide e non si esaurisce interamente in tale strumento processuale. Si è passati, inoltre, all'analisi dei vizi (violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere) che il giudice penale può sindacare in relazione al provvedimento amministrativo, avendo ben riguardo alle questioni sorte in relazione all'ultimo di essi, ossia l'eccesso di potere. Lo scopo è quello di stabilire entro quali limiti e quale sia il contenuto di suddetto potere di controllo del giudice penale. Infine, poiché il potere di sindacato del giudice penale su di un atto amministrativo viene in considerazione in relazione a diverse fattispecie, nelle quali l'atto può occupare differenti posizioni, si è tentato di offrire un'analisi completa circa la rassegna tipologica delle varie ipotesi che possono presentarsi di fronte al giudice: l'atto come presupposto positivo o negativo della condotta, l'atto come mezzo esecutivo della condotta o una modalità di essa, l'atto come oggetto materiale, l'atto come esimente ed, infine, l'atto come causa estintiva del reato. Per ciascun caso si è tentato di comprendere quale ampiezza avesse il potere di controllo del giudice penale e se esso corrispondesse al mero accertamento o si concludesse con l'eventuale disapplicazione dell'atto amministrativo. Si è, dunque, riscontrato come il provvedimento viziato all'interno della fattispecie finisca per diventare oggetto di verifica da parte del giudice ¿ il quale ne accerterà l'esistenza nonché la sua legittimità ¿ al fine determinare la sussistenza o meno del reato o di un suo requisito.

IL CONTROLLO PENALE SUGLI ATTI AMMINISTRATIVI

CERNICCHI, MARTINA
2011/2012

Abstract

Il presente elaborato ha come oggetto d'indagine il controllo penale sugli atti amministrativi, problema che concerne i limiti che devono essere posti al potere di sindacato del giudice penale in materia amministrativa, soprattutto in relazione alle fattispecie in cui l'atto amministrativo è un elemento costitutivo del reato e, in quanto tale, soggetto all'accertamento giudiziale. E' con l'abolizione della giurisdizione unica a favore dell'introduzione della doppia giurisdizione che inizia a porsi la questione del sindacato del giudice ordinario sull'attività della Pubblica Amministrazione. Si è focalizzata l'attenzione principalmente su quelle norme (artt. 2, 4 e 5 L.A.C.) che sono state prese quale fondamento legislativo di tale potere di sindacato, originariamente considerato completamente coincidente con il potere di disapplicazione da parte del G.O. di un atto emesso dalla Pubblica Amministrazione. Tale istituto, nasce sin dall'inizio in relazione al giudizio civile, e ha quale scopo principale la tutela del cittadino nei confronti dei possibili abusi della P.A., ma il suo ambito di operatività può considerarsi esteso anche al giudizio penale. E' in tale contesto, infatti, che sorgono le maggiori problematiche in relazione a tale controllo. Si è affrontata la questione dei presupposti di tale potere di sindacato, tenendo conto delle diverse interpretazioni che sono state effettuate, nel corso degli anni da dottrina e giurisprudenza, in relazione agli artt. 4 e 5 della legge abolitrice. Si è posta l'attenzione sull'istituto della disapplicazione, che rappresenta l'ambito più evidente in cui trova esplicazione il suddetto potere di sindacato del giudice penale sugli atti amministrativi, elementi di una fattispecie penale. Ricordando tuttavia che tale potere di sindacato non coincide e non si esaurisce interamente in tale strumento processuale. Si è passati, inoltre, all'analisi dei vizi (violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere) che il giudice penale può sindacare in relazione al provvedimento amministrativo, avendo ben riguardo alle questioni sorte in relazione all'ultimo di essi, ossia l'eccesso di potere. Lo scopo è quello di stabilire entro quali limiti e quale sia il contenuto di suddetto potere di controllo del giudice penale. Infine, poiché il potere di sindacato del giudice penale su di un atto amministrativo viene in considerazione in relazione a diverse fattispecie, nelle quali l'atto può occupare differenti posizioni, si è tentato di offrire un'analisi completa circa la rassegna tipologica delle varie ipotesi che possono presentarsi di fronte al giudice: l'atto come presupposto positivo o negativo della condotta, l'atto come mezzo esecutivo della condotta o una modalità di essa, l'atto come oggetto materiale, l'atto come esimente ed, infine, l'atto come causa estintiva del reato. Per ciascun caso si è tentato di comprendere quale ampiezza avesse il potere di controllo del giudice penale e se esso corrispondesse al mero accertamento o si concludesse con l'eventuale disapplicazione dell'atto amministrativo. Si è, dunque, riscontrato come il provvedimento viziato all'interno della fattispecie finisca per diventare oggetto di verifica da parte del giudice ¿ il quale ne accerterà l'esistenza nonché la sua legittimità ¿ al fine determinare la sussistenza o meno del reato o di un suo requisito.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/129680