Descritto come l'unico paese arabo in grado di mantenere una forma di democrazia per un significativo periodo di tempo, dotato di una storia pre-democratica che risale al periodo ottomano, il Libano si è distinto rispetto agli altri stati arabi caratterizzati da forti regimi autoritari, come espressione e modello concreto di uno storico sogno: una coesistenza interconfessionale fondata su principi democratici. La sua tradizione pre-democratica viene fatta risalire al periodo della dominazione ottomana, quando, nel 1816, la Sublime Porta concesse al Monte Libano un'estesa autonomia le cui basi risiedevano nella rappresentanza comunitaria al fine di rendere possibile la coabitazione delle differenti comunità religiose in quel territorio. Il sistema consociativo libanese ha suscitato un elevato interesse ed il suo modello di power-sharing è stato analizzato e valutato in relazione alla teoria consociativa, suscitando opinioni discordanti. Se, infatti, nel periodo precedente al conflitto, il sistema politico libanese veniva descritto, da un lato, come la principale fonte dei mali e come una delle cause principale della Guerra civile stessa, dall'altro, la formula di power-sharing che lo caratterizzava era vista anche come uno strumento che aveva funzionato per un certo periodo di tempo, permettendo alla Repubblica dei cedri di far fronte alle sue fratture confessionali. Nel periodo post-guerra civile, nel tentativo di dare una spiegazione al fallimento del modello consociativo, è stata posta maggiore enfasi su come le strutture democratiche siano deragliate, sulla persistente influenza siriana sulle istituzioni e sui deficitari elementi consociativi e di power-sharing emersi dagli Accordi di Ta'if. In questo periodo storico, il modello democratico si è via via deteriorato e la teoria consociativa non è stata in grado di spiegare questa transizione politica, dimostrando la sua inapplicabilità ai casi concreti in cui il sistema politico sperimenta dei cambiamenti. L'obiettivo del presente lavoro è quello di verificare l'aderenza del modello di democrazia consociativa ¿ prendendo come riferimento l'approccio teorico di Arend Lijphart ¿ al caso di studio. Attraverso l'analisi degli eventi storico-politici si cerca di dimostrare come tale modello sia in grado di descrivere le caratteristiche del sistema politico del Libano dall'indipendenza fino allo scoppio della Guerra civile (1943-1975), e come, al contrario, ciò sia più difficile da confermare nel periodo della cosiddetta Seconda Repubblica, nata dopo la fine del conflitto civile in seguito agli Accordi di Ta'if (1989), nonostante il timido risveglio democratico che ha caratterizzato il sistema politico-sociale dopo l'omicidio dell'ex-Primo ministro Rafik Hariri (2005).
Il modello della democrazia consociativa. Il caso del Libano
DAINESE, ANDREA
2012/2013
Abstract
Descritto come l'unico paese arabo in grado di mantenere una forma di democrazia per un significativo periodo di tempo, dotato di una storia pre-democratica che risale al periodo ottomano, il Libano si è distinto rispetto agli altri stati arabi caratterizzati da forti regimi autoritari, come espressione e modello concreto di uno storico sogno: una coesistenza interconfessionale fondata su principi democratici. La sua tradizione pre-democratica viene fatta risalire al periodo della dominazione ottomana, quando, nel 1816, la Sublime Porta concesse al Monte Libano un'estesa autonomia le cui basi risiedevano nella rappresentanza comunitaria al fine di rendere possibile la coabitazione delle differenti comunità religiose in quel territorio. Il sistema consociativo libanese ha suscitato un elevato interesse ed il suo modello di power-sharing è stato analizzato e valutato in relazione alla teoria consociativa, suscitando opinioni discordanti. Se, infatti, nel periodo precedente al conflitto, il sistema politico libanese veniva descritto, da un lato, come la principale fonte dei mali e come una delle cause principale della Guerra civile stessa, dall'altro, la formula di power-sharing che lo caratterizzava era vista anche come uno strumento che aveva funzionato per un certo periodo di tempo, permettendo alla Repubblica dei cedri di far fronte alle sue fratture confessionali. Nel periodo post-guerra civile, nel tentativo di dare una spiegazione al fallimento del modello consociativo, è stata posta maggiore enfasi su come le strutture democratiche siano deragliate, sulla persistente influenza siriana sulle istituzioni e sui deficitari elementi consociativi e di power-sharing emersi dagli Accordi di Ta'if. In questo periodo storico, il modello democratico si è via via deteriorato e la teoria consociativa non è stata in grado di spiegare questa transizione politica, dimostrando la sua inapplicabilità ai casi concreti in cui il sistema politico sperimenta dei cambiamenti. L'obiettivo del presente lavoro è quello di verificare l'aderenza del modello di democrazia consociativa ¿ prendendo come riferimento l'approccio teorico di Arend Lijphart ¿ al caso di studio. Attraverso l'analisi degli eventi storico-politici si cerca di dimostrare come tale modello sia in grado di descrivere le caratteristiche del sistema politico del Libano dall'indipendenza fino allo scoppio della Guerra civile (1943-1975), e come, al contrario, ciò sia più difficile da confermare nel periodo della cosiddetta Seconda Repubblica, nata dopo la fine del conflitto civile in seguito agli Accordi di Ta'if (1989), nonostante il timido risveglio democratico che ha caratterizzato il sistema politico-sociale dopo l'omicidio dell'ex-Primo ministro Rafik Hariri (2005).File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/129266