Il presente elaborato rappresenta il risultato di una, auspicabilmente compiuta, analisi in merito ad un tema estremamente delicato che, per secoli, ha appassionato gli studiosi e i giuristi più illustri e che costituisce ancóra oggi una tematica nella quale, forse più di ieri, risulta impossibile definire un sistema di regole tassative ed impermeabili alle contingenze. Trattasi della custodia cautelare in carcere, vale a dire la misura cautelare che si concretizza nel provvedimento mediante il quale l'organo giudicante dispone che un imputato sia catturato ed immediatamente condotto in un istituto di custodia onde rimanere a disposizione dell'autorità giudiziaria. A muovere dal diciannovesimo secolo la misura de qua è stata oggetto di innumerevoli interventi legislativi che, puntualmente, ne hanno sconvolto l'assetto normativo. Altresì negli ultimi decenni la situazione non è cambiata; invero, il riformatore, a fronte dell'esigenza di offrire una risposta efficace all'allarme provocato da taluni fenomeni criminali, è intervenuto trasformando sensibilmente la custodia cautelare in carcere. Detta misura cautelare ha allora perso il proprio carattere provvisorio e strumentale, divenendo, agli occhi dell'opinione pubblica, uno strumento in grado di offrire una soluzione certa, immediata e visibile al bisogno di sicurezza della collettività. Donde le recenti pronunce del giudice delle leggi che, con una giurisprudenza a pioggia, ha cercato di ripristinare la regola che vuole una tale misura quale extrema ratio. Ciononostante, restano significativi ¿coni d'ombra¿ nell'attuale disciplina normativa. Le maggiori perplessità attengono alla conferma, ad opera della Corte costituzionale, della legittimità della presunzione assoluta di applicazione della custodia cautelare in carcere, quantunque confinata in esclusiva ai reati di mafia. Perplessità che trovano riscontro altresì nella giurisprudenza strasburghese, la quale, nel caso Pantano c. Italia, aveva stabilito che una tale presunzione potesse avere soltanto carattere relativo. Dall'elaborato si evince, inoltre, come la custodia cautelare sia talmente diffusa che la percentuale delle persone in attesa di giudizio supera quella dei condannati. Comprendiamo allora la ragione giusta cui la Corte di Strasburgo ha più volte enfatizzato che la restrizione di un individuo in celle sovraffollate possa costituire trattamento inumano e degradante. A tacer d'altro, l'8 gennaio 2013 la Corte europea dei diritti dell'uomo, nel caso Torreggiani c. Italia, ha nuovamente condannato il nostro paese in ragione del sovraffollamento. Alla luce delle considerazioni svolte, appare verosimile come la restrizione in vinculis non sia affatto extrema ratio nella prassi giudiziaria italiana. Eppure sussistono, in una alla custodia cautelare in carcere, ulteriori misure interdittive e coercitive che, nella stragrande maggioranza dei casi, sarebbero ad ogni buon conto idonee a soddisfare la natura e il grado delle esigenze cautelari del caso di specie.
CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE
MARTINELLI, ANTONIO
2011/2012
Abstract
Il presente elaborato rappresenta il risultato di una, auspicabilmente compiuta, analisi in merito ad un tema estremamente delicato che, per secoli, ha appassionato gli studiosi e i giuristi più illustri e che costituisce ancóra oggi una tematica nella quale, forse più di ieri, risulta impossibile definire un sistema di regole tassative ed impermeabili alle contingenze. Trattasi della custodia cautelare in carcere, vale a dire la misura cautelare che si concretizza nel provvedimento mediante il quale l'organo giudicante dispone che un imputato sia catturato ed immediatamente condotto in un istituto di custodia onde rimanere a disposizione dell'autorità giudiziaria. A muovere dal diciannovesimo secolo la misura de qua è stata oggetto di innumerevoli interventi legislativi che, puntualmente, ne hanno sconvolto l'assetto normativo. Altresì negli ultimi decenni la situazione non è cambiata; invero, il riformatore, a fronte dell'esigenza di offrire una risposta efficace all'allarme provocato da taluni fenomeni criminali, è intervenuto trasformando sensibilmente la custodia cautelare in carcere. Detta misura cautelare ha allora perso il proprio carattere provvisorio e strumentale, divenendo, agli occhi dell'opinione pubblica, uno strumento in grado di offrire una soluzione certa, immediata e visibile al bisogno di sicurezza della collettività. Donde le recenti pronunce del giudice delle leggi che, con una giurisprudenza a pioggia, ha cercato di ripristinare la regola che vuole una tale misura quale extrema ratio. Ciononostante, restano significativi ¿coni d'ombra¿ nell'attuale disciplina normativa. Le maggiori perplessità attengono alla conferma, ad opera della Corte costituzionale, della legittimità della presunzione assoluta di applicazione della custodia cautelare in carcere, quantunque confinata in esclusiva ai reati di mafia. Perplessità che trovano riscontro altresì nella giurisprudenza strasburghese, la quale, nel caso Pantano c. Italia, aveva stabilito che una tale presunzione potesse avere soltanto carattere relativo. Dall'elaborato si evince, inoltre, come la custodia cautelare sia talmente diffusa che la percentuale delle persone in attesa di giudizio supera quella dei condannati. Comprendiamo allora la ragione giusta cui la Corte di Strasburgo ha più volte enfatizzato che la restrizione di un individuo in celle sovraffollate possa costituire trattamento inumano e degradante. A tacer d'altro, l'8 gennaio 2013 la Corte europea dei diritti dell'uomo, nel caso Torreggiani c. Italia, ha nuovamente condannato il nostro paese in ragione del sovraffollamento. Alla luce delle considerazioni svolte, appare verosimile come la restrizione in vinculis non sia affatto extrema ratio nella prassi giudiziaria italiana. Eppure sussistono, in una alla custodia cautelare in carcere, ulteriori misure interdittive e coercitive che, nella stragrande maggioranza dei casi, sarebbero ad ogni buon conto idonee a soddisfare la natura e il grado delle esigenze cautelari del caso di specie.File | Dimensione | Formato | |
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