I cinquantanove versi dell'Inno VII a Dioniso raccontano del rapimento di Dioniso da parte di un gruppo di pirati e della punizione che il dio infligge loro, trasformandoli in delfini e risparmiando soltanto il timoniere dell'imbarcazione, che aveva intuito la sua natura divina. La ricerca condotta sull'Inno in questo lavoro di tesi prende le mosse dalla comparazione dell'episodio di Dioniso e i pirati con le altre avventure che il mito narra riguardo al dio e che in buona parte esibiscono una struttura comune. Da tale confronto emergono alcuni elementi significativi: l'assenza, nell'Inno, di figure femminili e del motivo della follia, che spesso accompagnano Dioniso, nonché la rappresentazione di un Dioniso morale, che si oppone ai malvagi, assegnando peraltro una punizione straordinariamente magnanima, forniscono l'impressione che quella presentata dall'Inno sia una versione soft del dio, normalmente ben più sinistro e crudele. L'ipotesi sviluppata in questo lavoro è che tale carattere soft sia imputabile all'esigenza di presentare un'immagine addolcita e rassicurante di questo dio, e che tale esigenza sia espressa da una committenza ben precisa, rappresentata da Pisistrato. È noto, infatti, che i Tiranni ad Atene abbiano messo in atto un'accorta politica religioso-culturale, il cui protagonista indiscusso fu Dioniso. Quest'interpretazione è inoltre supportata dalla presenza di alcuni elementi che, nell'Inno, rimandano al culto di Apollo e all'Inno Omerico a lui dedicato. Le fonti epigrafiche suggeriscono che proprio nell'epoca dei Tiranni il culto di Dioniso venne potenziato in congiunzione con quello di Apollo. L'ultima sezione della tesi, infine, si concentra sugli aspetti che l'Inno a Dioniso sembra condividere con la sfera del ditirambo, giungendo a ipotizzare che esso sia stato proemio non di una rapsodia, come fu probabilmente per la maggior parte degli Inni del corpus, bensì proprio di un ditirambo. Si propone, infine, una rassegna delle feste che ad Atene ospitavano esecuzioni ditirambiche, nel tentativo di individuare un possibile contesto adatto ad aver ospitato la performance dell'Inno a Dioniso.
Nothing to do with Peisistratos? Ricerche sull'Inno Omerico a Dioniso
CESCA, OMBRETTA
2009/2010
Abstract
I cinquantanove versi dell'Inno VII a Dioniso raccontano del rapimento di Dioniso da parte di un gruppo di pirati e della punizione che il dio infligge loro, trasformandoli in delfini e risparmiando soltanto il timoniere dell'imbarcazione, che aveva intuito la sua natura divina. La ricerca condotta sull'Inno in questo lavoro di tesi prende le mosse dalla comparazione dell'episodio di Dioniso e i pirati con le altre avventure che il mito narra riguardo al dio e che in buona parte esibiscono una struttura comune. Da tale confronto emergono alcuni elementi significativi: l'assenza, nell'Inno, di figure femminili e del motivo della follia, che spesso accompagnano Dioniso, nonché la rappresentazione di un Dioniso morale, che si oppone ai malvagi, assegnando peraltro una punizione straordinariamente magnanima, forniscono l'impressione che quella presentata dall'Inno sia una versione soft del dio, normalmente ben più sinistro e crudele. L'ipotesi sviluppata in questo lavoro è che tale carattere soft sia imputabile all'esigenza di presentare un'immagine addolcita e rassicurante di questo dio, e che tale esigenza sia espressa da una committenza ben precisa, rappresentata da Pisistrato. È noto, infatti, che i Tiranni ad Atene abbiano messo in atto un'accorta politica religioso-culturale, il cui protagonista indiscusso fu Dioniso. Quest'interpretazione è inoltre supportata dalla presenza di alcuni elementi che, nell'Inno, rimandano al culto di Apollo e all'Inno Omerico a lui dedicato. Le fonti epigrafiche suggeriscono che proprio nell'epoca dei Tiranni il culto di Dioniso venne potenziato in congiunzione con quello di Apollo. L'ultima sezione della tesi, infine, si concentra sugli aspetti che l'Inno a Dioniso sembra condividere con la sfera del ditirambo, giungendo a ipotizzare che esso sia stato proemio non di una rapsodia, come fu probabilmente per la maggior parte degli Inni del corpus, bensì proprio di un ditirambo. Si propone, infine, una rassegna delle feste che ad Atene ospitavano esecuzioni ditirambiche, nel tentativo di individuare un possibile contesto adatto ad aver ospitato la performance dell'Inno a Dioniso.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/129083