ABSTRACT This paper studies the history of food in the Middle Ages in Sardinia. I have had the opportunity to examine the correspondence between foods present in the Mediterranean basin and the culinary recipes developed in places geographically distant from the mare Nostrum. Proof of this is the discovery of one of the oldest loaves of bread in history found in Agro di Gonnesa, a small municipality not far from Cagliari, which is contemporary with the bread found near Valencia in Spain, and which shifts the date of the birth of agriculture in the Mediterranean basin by several millennia. After taking my exam in Medieval History, and intrigued by the subject of 'Food in the Middle Ages', I wanted to learn more about food and the culinary art of my homeland, Sardinia. To my great surprise, I discovered that, despite its geographical isolation, the island has always been a crossroads of food cultures throughout the Mediterranean basin. First as the granary of the Carthaginian Kingdom and then of the Roman Empire, the island, thanks to the endemic and autochthonous presence of some unique grains, has guaranteed the proliferation of flours, more or less refined, which have made Sardinian bread famous since ancient times. This work is intended as an account of the cultural identity of a people which, through its food, has carved out an important role in Italian culinary history. For example, the unleavened bread of the Nuragic period or the panade of the Catalan-Aragonese period are still famous and appreciated foods throughout the world. My intention has been to highlight how isolation has been marginal in the food sector. Suffice it to say that, in the same annonaria legislation, the importance of food and its defence is not only stated in legal provisions, but is included in political treaties with the conquering states. In the Carta De Logu, one of Sardinia's most famous collections of laws, not only are the foodstuffs and their recipes listed, but the ways in which adulteration and modification of culinary preparations are prohibited are also highlighted. I was pleasantly surprised to discover that the art of gastronomy in my region is atavistic and of high quality, demonstrating that the products in Sardinia are unique and make the dishes unique. The Sardinian people are a mix of different ethnic groups whose common ancestor is wheat and primordial flour, and if it is true that we are what we eat, as an old saying goes, we can say that Sardinian food is multicultural despite its isolation. In the last chapter, I also wanted to highlight the importance of food education from an early age, teaching people to respect a healthy diet, with the help of the food pyramid, to see food as a moment of sociability, conviviality and integration, but also to know and jealously preserve their own culinary traditions, through manual workshops and educational outings in the area. All this has been possible to observe, thanks to the various projects carried out in the school where I work. The purpose of the workshops was to recover the cultural identity of the community to which they belonged through direct knowledge of the territory, awareness of its changes, study of local roots and traditions, while also encouraging the meeting and exchange between different generations to contribute to the consolidation of an autobiographical memory and the recognition of the individual's identity.
ABSTRACT Questo elaborato ha per oggetto di studio la storia dell’alimentazione nel Medioevo in Sardegna. Ho avuto modo di esaminare la corrispondenza esistente tra alimenti presenti nel bacino del Mediterraneo e le ricette culinarie elaborate in luoghi lontani geograficamente dal mare Nostrum. Ne è prova la scoperta di uno dei pani più antichi della storia ritrovato in Agro di Gonnesa, un piccolo comune non distante da Cagliari, coevo al pane ritrovato nelle vicinanze di Valencia in Spagna, che sposta la datazione della nascita dell’agricoltura nel bacino del Mediterraneo di diversi millenni. Dopo aver sostenuto l’esame di Storia medioevale, incuriosita dall’argomento “Alimentazione nel Medioevo”, ho voluto approfondire l’argomento sugli alimenti e sull’arte culinaria della mia terra, la Sardegna. Con grande sorpresa ho constatato che, nonostante l’isolamento geografico, l’isola è sempre stata nei secoli, crocevia di culture alimentari di tutto il Bacino del Mediterraneo. Da granaio del Regno cartaginese prima e dell’impero romano poi, l’isola grazie della presenza endemica ed autoctona di alcuni grani unici, ha garantito il proliferare di farine più o meno raffinate che hanno reso il pane sardo famoso fin dell’antichità. Questo lavoro, vuole essere un resoconto sull’identità culturale di un popolo, che attraverso il cibo, si è ritagliato un ruolo rilevante nella storia culinaria italiana, come ad esempio, il pane azzimo di epoca nuragica o alle panade del periodo catalano aragonese, sono tutt’oggi, alimenti famosi e apprezzati in tutto il mondo. Il mio intento è stato quello di evidenziare come l’isolamento, sia stato marginale in ambito alimentare. Basti pensare che, nella stessa legislazione annonaria, l’importanza degli alimenti e della loro difesa è, non solo enunciato nelle disposizioni di legge, ma è inserito nei trattati politici con gli Stati conquistatori. Nella Carta De Logu, una delle raccolte di leggi più famose della Sardegna, non solo vengono enunciati gli alimenti e le relative ricette, ma sono evidenziate le modalità che vietano la sofisticazione e la modificazione degli elaborati culinari. Con piacevole sorpresa, ho potuto appurare che nella mia terra, l’arte gastronomica è atavica e di qualità, dimostrazione del fatto che, i prodotti presenti in Sardegna sono unici e rendono tali anche le pietanze. Il popolo sardo è un insieme di etnie variegate che ha come antenato comune il grano e le farine primordiali e se è vero che noi siamo ciò che mangiamo, come recita un detto di antica memoria, possiamo affermare che il cibo sardo è multiculturale nonostante il suo isolamento. Ho voluto, inoltre, nell’ultimo capitolo, evidenziare l’importanza dell’educazione alimentare fin dalla tenera età insegnando a rispettare una sana alimentazione, con l’aiuto della piramide alimentare, vedere il cibo come momento di socialità, convivialità e integrazione, ma anche conoscere e conservare gelosamente le proprie tradizioni culinarie, attraverso laboratori manuali e uscite didattiche sul territorio. Tutto questo è stato possibile osservare, grazie ai diversi progetti svolti nella scuola in cui lavoro. I laboratori hanno avuto come finalità il recupero dell’identità culturale della comunità d’appartenenza attraverso la conoscenza diretta del territorio, la presa di coscienza dei suoi cambiamenti, lo studio delle radici e delle tradizioni locali, favorendo inoltre l’incontro e lo scambio tra diverse generazioni per contribuire al consolidamento di una memoria autobiografica e il riconoscimento identitario dell’individuo.
Cultura e tradizione alimentare nella Sardegna del Medioevo
COIS, RITA
2020/2021
Abstract
ABSTRACT Questo elaborato ha per oggetto di studio la storia dell’alimentazione nel Medioevo in Sardegna. Ho avuto modo di esaminare la corrispondenza esistente tra alimenti presenti nel bacino del Mediterraneo e le ricette culinarie elaborate in luoghi lontani geograficamente dal mare Nostrum. Ne è prova la scoperta di uno dei pani più antichi della storia ritrovato in Agro di Gonnesa, un piccolo comune non distante da Cagliari, coevo al pane ritrovato nelle vicinanze di Valencia in Spagna, che sposta la datazione della nascita dell’agricoltura nel bacino del Mediterraneo di diversi millenni. Dopo aver sostenuto l’esame di Storia medioevale, incuriosita dall’argomento “Alimentazione nel Medioevo”, ho voluto approfondire l’argomento sugli alimenti e sull’arte culinaria della mia terra, la Sardegna. Con grande sorpresa ho constatato che, nonostante l’isolamento geografico, l’isola è sempre stata nei secoli, crocevia di culture alimentari di tutto il Bacino del Mediterraneo. Da granaio del Regno cartaginese prima e dell’impero romano poi, l’isola grazie della presenza endemica ed autoctona di alcuni grani unici, ha garantito il proliferare di farine più o meno raffinate che hanno reso il pane sardo famoso fin dell’antichità. Questo lavoro, vuole essere un resoconto sull’identità culturale di un popolo, che attraverso il cibo, si è ritagliato un ruolo rilevante nella storia culinaria italiana, come ad esempio, il pane azzimo di epoca nuragica o alle panade del periodo catalano aragonese, sono tutt’oggi, alimenti famosi e apprezzati in tutto il mondo. Il mio intento è stato quello di evidenziare come l’isolamento, sia stato marginale in ambito alimentare. Basti pensare che, nella stessa legislazione annonaria, l’importanza degli alimenti e della loro difesa è, non solo enunciato nelle disposizioni di legge, ma è inserito nei trattati politici con gli Stati conquistatori. Nella Carta De Logu, una delle raccolte di leggi più famose della Sardegna, non solo vengono enunciati gli alimenti e le relative ricette, ma sono evidenziate le modalità che vietano la sofisticazione e la modificazione degli elaborati culinari. Con piacevole sorpresa, ho potuto appurare che nella mia terra, l’arte gastronomica è atavica e di qualità, dimostrazione del fatto che, i prodotti presenti in Sardegna sono unici e rendono tali anche le pietanze. Il popolo sardo è un insieme di etnie variegate che ha come antenato comune il grano e le farine primordiali e se è vero che noi siamo ciò che mangiamo, come recita un detto di antica memoria, possiamo affermare che il cibo sardo è multiculturale nonostante il suo isolamento. Ho voluto, inoltre, nell’ultimo capitolo, evidenziare l’importanza dell’educazione alimentare fin dalla tenera età insegnando a rispettare una sana alimentazione, con l’aiuto della piramide alimentare, vedere il cibo come momento di socialità, convivialità e integrazione, ma anche conoscere e conservare gelosamente le proprie tradizioni culinarie, attraverso laboratori manuali e uscite didattiche sul territorio. Tutto questo è stato possibile osservare, grazie ai diversi progetti svolti nella scuola in cui lavoro. I laboratori hanno avuto come finalità il recupero dell’identità culturale della comunità d’appartenenza attraverso la conoscenza diretta del territorio, la presa di coscienza dei suoi cambiamenti, lo studio delle radici e delle tradizioni locali, favorendo inoltre l’incontro e lo scambio tra diverse generazioni per contribuire al consolidamento di una memoria autobiografica e il riconoscimento identitario dell’individuo.File | Dimensione | Formato | |
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