Il lavoro si propone di riflettere sul rapporto tra il principio della ragionevole durata del processo e la fase delle indagini preliminari. Nel primo capitolo si ragiona sulla genesi di tale principio e si cerca di ricostruire il suo significato alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e della Corte Costituzionale, con un occhio attento anche alla numerosa dottrina che si è espressa sull'argomento. Un'altra questione da risolvere è inoltre il rapporto che lega la ragionevole durata al principio di obbligatorietà dell'azione penale, contrasto sul quale si sta lentamente giungendo a modificare punto di vista. Una volta definito il canone in esame, con il secondo capitolo si procede a una breve disamina sull'evoluzione del sistema normativo italiano in seguito alla riforma del codice di procedura penale del 1988 che ha introdotto dei rigidi termini per l'attività investigativa, previsione che tuttora non convince la totalità della dottrina. Dopodichè si passa ad analizzare la disciplina dei singoli istituti presenti nel codice al fine di valutarne la compatibilità con la ragionevole durata e verificare quali usi o abusi possano dar luogo a situazioni di squilibrio. Sul punto non mancano questioni tuttora irrisolte a causa di profondi contrasti che sono sorti tra giurisprudenza e dottrina circa l'interpretazione di alcune norme del codice. Il secondo capitolo prosegue con una parte dedicata ai vari meccanismi integrativi della fase investigativa che possono determinare gravi squilibri all'interno del processo e conseguente nocumento agli interessi di parte, talvolta pubblica talaltra privata. Nelle conclusioni si cerca di tirare le somme di quanto emerso precedentemente e si offre una rapida panoramica sui possibili orizzonti de iure condendo che negli ultimi anni si sono affacciati: il d.d.l. Alfano, approvato al Senato ma poi profondamente modificato dalla Camera e attualmente impantanato nel passaggio tra i due rami del Parlamento e il recente lavoro della Commissione Canzio che si è occupata di formulare alcune proposte di riforma del codice che determinerebbero incisive modifiche nel sistema. Da ultimo si offre una personale rielaborazione che sfocia in una sommessa prospettiva de iure condendo in ordine ad alcune modifiche normative per dare miglior attuazione a tutti i principi coinvolti e per garantire la minor compressione possibile degli interessi in gioco.

La ragionevole durata della indagini preliminari

ABBATTISTA, JACOPO
2013/2014

Abstract

Il lavoro si propone di riflettere sul rapporto tra il principio della ragionevole durata del processo e la fase delle indagini preliminari. Nel primo capitolo si ragiona sulla genesi di tale principio e si cerca di ricostruire il suo significato alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e della Corte Costituzionale, con un occhio attento anche alla numerosa dottrina che si è espressa sull'argomento. Un'altra questione da risolvere è inoltre il rapporto che lega la ragionevole durata al principio di obbligatorietà dell'azione penale, contrasto sul quale si sta lentamente giungendo a modificare punto di vista. Una volta definito il canone in esame, con il secondo capitolo si procede a una breve disamina sull'evoluzione del sistema normativo italiano in seguito alla riforma del codice di procedura penale del 1988 che ha introdotto dei rigidi termini per l'attività investigativa, previsione che tuttora non convince la totalità della dottrina. Dopodichè si passa ad analizzare la disciplina dei singoli istituti presenti nel codice al fine di valutarne la compatibilità con la ragionevole durata e verificare quali usi o abusi possano dar luogo a situazioni di squilibrio. Sul punto non mancano questioni tuttora irrisolte a causa di profondi contrasti che sono sorti tra giurisprudenza e dottrina circa l'interpretazione di alcune norme del codice. Il secondo capitolo prosegue con una parte dedicata ai vari meccanismi integrativi della fase investigativa che possono determinare gravi squilibri all'interno del processo e conseguente nocumento agli interessi di parte, talvolta pubblica talaltra privata. Nelle conclusioni si cerca di tirare le somme di quanto emerso precedentemente e si offre una rapida panoramica sui possibili orizzonti de iure condendo che negli ultimi anni si sono affacciati: il d.d.l. Alfano, approvato al Senato ma poi profondamente modificato dalla Camera e attualmente impantanato nel passaggio tra i due rami del Parlamento e il recente lavoro della Commissione Canzio che si è occupata di formulare alcune proposte di riforma del codice che determinerebbero incisive modifiche nel sistema. Da ultimo si offre una personale rielaborazione che sfocia in una sommessa prospettiva de iure condendo in ordine ad alcune modifiche normative per dare miglior attuazione a tutti i principi coinvolti e per garantire la minor compressione possibile degli interessi in gioco.
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