Il presente lavoro si propone di esaminare l'importante funzione che nell'ordinamento italiano è rivestita dal principio del giudice naturale precostituito per legge, previsto dall'articolo 25 comma 1 della Costituzione, e, in particolare, di vagliarne i risvolti applicativi nel processo penale. In tale prospettiva, l'indagine è partita da una ricostruzione storica delle origini di questo principio, cui è stata fatta seguire un'approfondita analisi esegetica dell'articolo 25 comma 1, necessaria per comprenderne a fondo la portata garantistica e le potenzialità attuative. In questo studio interpretativo, sono stati illustrati la ratio, il contenuto e le problematiche connesse al principio del giudice naturale, rivolgendo un'attenzione particolare alla giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale ha giocato un ruolo basilare per la comprensione del precetto esaminato. Successivamente è stata illustrata l'importante funzione del ¿sistema tabellare¿ disposto dal Consiglio superiore della magistratura per l'organizzazione degli uffici giudiziari e l'assegnazione delle cause ai singoli giudici, che garantisce la compiuta e armonica realizzazione del principio del giudice naturale. Dopo aver esaminato tutti i profili esegetici sopra illustrati, sono stati analizzati gli effetti derivanti dalla sua corretta applicazione nel processo penale. In primo luogo, è stata messa in risalto l'intima connessione tra la garanzia in esame e il sistema delle competenze giurisdizionali stabilito nel codice di procedura penale, dal momento che quest'ultimo rappresenta il campo d'azione della prima. In secondo luogo, è risultato doveroso trattare brevemente le specifiche regole di competenza prescritte dal codice di rito, che, sulla base della statuizione di criteri certi e predeterminati, permettono di individuare il giudice naturale che deve trattare una certa causa e, poi, sono stati illustrati gli istituti disciplinati dal legislatore che, soltanto in casi eccezionali e patologici tassativamente previsti, consentono di derogare al principio in questione, per salvaguardare l'altro fondamentale valore costituzionale dell'imparzialità del giudizio. Tra questi ultimi, particolare interesse è stato rivolto allo strumento processuale della rimessione, il quale appare come un istituto molto controverso, poichè nella sua formulazione ha sempre presentato dei profili di illegittimità proprio con riferimento all'articolo 25 comma 1 della Costituzione, che ne hanno consentito un utilizzo distorto e incostituzionale in non pochi casi. A motivo di questa sua connaturata caratteristica di mezzo processuale ¿border line¿, sono stati approfonditi i due nodi problematici fondamentali rappresentati dall'eccessiva discrezionalità affidata alla Corte di cassazione nel momento della designazione del nuovo giudice competente e dalla presenza della nozione vaga di ¿legittimo sospetto¿ tra le cause legittimanti la rimessione, reintrodotta dalla legge Cirami.

Il principio del giudice naturale e il processo penale

GIORI, VALENTINA
2011/2012

Abstract

Il presente lavoro si propone di esaminare l'importante funzione che nell'ordinamento italiano è rivestita dal principio del giudice naturale precostituito per legge, previsto dall'articolo 25 comma 1 della Costituzione, e, in particolare, di vagliarne i risvolti applicativi nel processo penale. In tale prospettiva, l'indagine è partita da una ricostruzione storica delle origini di questo principio, cui è stata fatta seguire un'approfondita analisi esegetica dell'articolo 25 comma 1, necessaria per comprenderne a fondo la portata garantistica e le potenzialità attuative. In questo studio interpretativo, sono stati illustrati la ratio, il contenuto e le problematiche connesse al principio del giudice naturale, rivolgendo un'attenzione particolare alla giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale ha giocato un ruolo basilare per la comprensione del precetto esaminato. Successivamente è stata illustrata l'importante funzione del ¿sistema tabellare¿ disposto dal Consiglio superiore della magistratura per l'organizzazione degli uffici giudiziari e l'assegnazione delle cause ai singoli giudici, che garantisce la compiuta e armonica realizzazione del principio del giudice naturale. Dopo aver esaminato tutti i profili esegetici sopra illustrati, sono stati analizzati gli effetti derivanti dalla sua corretta applicazione nel processo penale. In primo luogo, è stata messa in risalto l'intima connessione tra la garanzia in esame e il sistema delle competenze giurisdizionali stabilito nel codice di procedura penale, dal momento che quest'ultimo rappresenta il campo d'azione della prima. In secondo luogo, è risultato doveroso trattare brevemente le specifiche regole di competenza prescritte dal codice di rito, che, sulla base della statuizione di criteri certi e predeterminati, permettono di individuare il giudice naturale che deve trattare una certa causa e, poi, sono stati illustrati gli istituti disciplinati dal legislatore che, soltanto in casi eccezionali e patologici tassativamente previsti, consentono di derogare al principio in questione, per salvaguardare l'altro fondamentale valore costituzionale dell'imparzialità del giudizio. Tra questi ultimi, particolare interesse è stato rivolto allo strumento processuale della rimessione, il quale appare come un istituto molto controverso, poichè nella sua formulazione ha sempre presentato dei profili di illegittimità proprio con riferimento all'articolo 25 comma 1 della Costituzione, che ne hanno consentito un utilizzo distorto e incostituzionale in non pochi casi. A motivo di questa sua connaturata caratteristica di mezzo processuale ¿border line¿, sono stati approfonditi i due nodi problematici fondamentali rappresentati dall'eccessiva discrezionalità affidata alla Corte di cassazione nel momento della designazione del nuovo giudice competente e dalla presenza della nozione vaga di ¿legittimo sospetto¿ tra le cause legittimanti la rimessione, reintrodotta dalla legge Cirami.
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