Con l'abolizione della pena di morte nella maggior parte degli stati europei, l'ergastolo è ad oggi la sanzione più gravosa a cui un individuo può essere condannato. La pena detentiva perpetua però non è contemplata in tutti gli ordinamenti, ed ogni legislazione ha dettato regole specifiche in merito alle possibilità di accesso ai benefici penitenziari, che possono rendere meno gravoso il percorso detentivo, e alle possibilità di liberazione anticipata o condizionale che permettono al reo di recidere completamente i rapporti con l'istituto detentivo ritornando a far parte della società libera. La nozione di “carcere a vita” non è dunque univoca, in alcuni stati le vie di uscita da questo regime e le possibilità di rilascio a causa di specifiche circostanze sono opzioni raggiungibili, in altri non sono previsti meccanismi basati su percorsi trattamentali finalizzati alla reintroduzione del detenuto in società. Analizzando le varie discipline europee è quindi possibile raggruppare le legislazioni degli stati in due macro categorie: la prima contenente i paesi che prevedono la possibilità anche per gli ergastolani di usufruire, in caso di esito positivo della valutazione del percorso detentivo, della liberazione condizionale, la seconda invece include quelli che negano a priori l'accesso a questo istituto a coloro che hanno subito una condanna all'ergastolo. In merito alla normativa degli stati che appartengono al secondo gruppo, numerose sono state le questioni controverse, nonostante la pena contenga in sè un inscindibile fondamento di retribuzione, essa non può essere l'unica giustificazione della sanzione poiché altrimenti si configurerebbe una giustizia vendicativa senza lasciare spazio a meccanismi in grado di mantenere l'ordine pubblico tramite la reimpartizione dei valori sociali nei confronti di coloro che hanno commesso la violazione. La Corte europea dei diritti dell'uomo con sede a Strasburgo, tramite la sua giurisprudenza ha riflettuto sulla conformità dell'ergastolo alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, interrogandosi sul possibile contrasto di tale istituto in particolare con l'art. 3 che designa i trattamenti inumani e degradanti a cui nessuna persona fisica può essere sottoposta, indipendentemente dal crimine che ha commesso. Nonostante la CEDU non contenga in alcun articolo il divieto di pene perpetue, è controversa l'umanità di un trattamento penitenziario che priva della libertà un soggetto fino all'emissione del suo ultimo respiro. L'obbiettivo è la ricerca di un punto di equilibrio da una parte tra le esigenze di giustizia e sicurezza sociale, fortemente sentite dalla comunità, e dall'altra la tutela dei diritti fondamentali della persona appartenenti ad ogni individuo, compresi i detenuti. Le decisioni dei giudici che si sono succedute nel corso degli anni e che verranno approfondite nell'elaborato sottolineano, in modo sempre più specifico, i requisiti necessari per una pena al fine di dichiararla rispettosa dei diritti umani sanciti dalla Convenzione. ​

La pena dell'ergastolo secondo l'evoluzione giurisprudenziale della Corte europea dei diritti dell'uomo.

VIADA, DEBORA
2021/2022

Abstract

Con l'abolizione della pena di morte nella maggior parte degli stati europei, l'ergastolo è ad oggi la sanzione più gravosa a cui un individuo può essere condannato. La pena detentiva perpetua però non è contemplata in tutti gli ordinamenti, ed ogni legislazione ha dettato regole specifiche in merito alle possibilità di accesso ai benefici penitenziari, che possono rendere meno gravoso il percorso detentivo, e alle possibilità di liberazione anticipata o condizionale che permettono al reo di recidere completamente i rapporti con l'istituto detentivo ritornando a far parte della società libera. La nozione di “carcere a vita” non è dunque univoca, in alcuni stati le vie di uscita da questo regime e le possibilità di rilascio a causa di specifiche circostanze sono opzioni raggiungibili, in altri non sono previsti meccanismi basati su percorsi trattamentali finalizzati alla reintroduzione del detenuto in società. Analizzando le varie discipline europee è quindi possibile raggruppare le legislazioni degli stati in due macro categorie: la prima contenente i paesi che prevedono la possibilità anche per gli ergastolani di usufruire, in caso di esito positivo della valutazione del percorso detentivo, della liberazione condizionale, la seconda invece include quelli che negano a priori l'accesso a questo istituto a coloro che hanno subito una condanna all'ergastolo. In merito alla normativa degli stati che appartengono al secondo gruppo, numerose sono state le questioni controverse, nonostante la pena contenga in sè un inscindibile fondamento di retribuzione, essa non può essere l'unica giustificazione della sanzione poiché altrimenti si configurerebbe una giustizia vendicativa senza lasciare spazio a meccanismi in grado di mantenere l'ordine pubblico tramite la reimpartizione dei valori sociali nei confronti di coloro che hanno commesso la violazione. La Corte europea dei diritti dell'uomo con sede a Strasburgo, tramite la sua giurisprudenza ha riflettuto sulla conformità dell'ergastolo alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, interrogandosi sul possibile contrasto di tale istituto in particolare con l'art. 3 che designa i trattamenti inumani e degradanti a cui nessuna persona fisica può essere sottoposta, indipendentemente dal crimine che ha commesso. Nonostante la CEDU non contenga in alcun articolo il divieto di pene perpetue, è controversa l'umanità di un trattamento penitenziario che priva della libertà un soggetto fino all'emissione del suo ultimo respiro. L'obbiettivo è la ricerca di un punto di equilibrio da una parte tra le esigenze di giustizia e sicurezza sociale, fortemente sentite dalla comunità, e dall'altra la tutela dei diritti fondamentali della persona appartenenti ad ogni individuo, compresi i detenuti. Le decisioni dei giudici che si sono succedute nel corso degli anni e che verranno approfondite nell'elaborato sottolineano, in modo sempre più specifico, i requisiti necessari per una pena al fine di dichiararla rispettosa dei diritti umani sanciti dalla Convenzione. ​
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