In questo elaborato ci si propone di riflettere sul concetto antropologico di margine: ma che cosa intendiamo per margine? È una condizione fisica o piuttosto sociale? Quale dimensione può assumere all'interno delle nostre esperienze personali? Numerosi sono gli interrogativi intorno ad un concetto che al pari di altri, come quello di creatività - negli ultimi anni oggetto di notevole interesse da parte della disciplina antropologica - costituisce un nodo centrale dell'esperienza umana e sociale, e perciò, a mio parere, giustamente considerabile come categoria utile per affrontare l'analisi di determinati fenomeni sociali e culturali. In un primo momento si propone una lettura del concetto in questione partendo dalla sua configurazione prettamente fisica, che si traduce fondamentalmente nella dimensione del confine. Lo spazio che ci circonda è costellato di zone d'ombra, di interstizi che mettono in contatto e separano allo stesso tempo; senza i confini il riconoscimento dello spazio probabilmente non sarebbe possibile. La marginalità individua diversi livelli di vita vissuta: numerosi sono gli esempi da me riportati nel tentativo di mostrare la profondità del margine, la sua centralità nel definire categorie sociali e culturali. Ma ciò che mi è parso fondamentale è stato sottolineare l'opera di ¿ri-significazione¿ che compiono i soggetti marginali, coloro che sono stati spinti o che hanno scelto di vivere al margine. Nel tentativo di creare un sito di resistenza essi operano una sorta di pressione sul centro, pressione che può provocare nello stesso anche un cambiamento. Il passaggio successivo non è lineare né scontato: si tratta di passare da un margine subito, ma reinterpretato, ad un margine cercato: il collegamento però è stato fornito da Victor Turner, di cui ho già citato il saggio in precedenza, e dal suo concetto di communitas liminale applicato ad alcune esperienze socioculturali. egli propone di applicare tale modello ad alcune realtà comunitarie tra cui quella degli hippies e quella monastica. In questa tesi l'attenzione si è focalizzata sul secondo caso ed in particolare sull'esperienza di quelle comunità sorte in seguito al concilio Vaticano II. Tali comunità si caratterizzano per la scelta di definirsi marginali o sulla soglia, o meglio ancora come dice spesso Enzo Bianchi, priore di Bose, ¿addossati al deserto¿, posizione strategica che permette di costruire uno sguardo più ampio sul mondo e su se stessi.

Addossati al deserto. nuove comunità monastiche italiane sul margine: esperienze di communitas.

TRABANELLI, LARA
2010/2011

Abstract

In questo elaborato ci si propone di riflettere sul concetto antropologico di margine: ma che cosa intendiamo per margine? È una condizione fisica o piuttosto sociale? Quale dimensione può assumere all'interno delle nostre esperienze personali? Numerosi sono gli interrogativi intorno ad un concetto che al pari di altri, come quello di creatività - negli ultimi anni oggetto di notevole interesse da parte della disciplina antropologica - costituisce un nodo centrale dell'esperienza umana e sociale, e perciò, a mio parere, giustamente considerabile come categoria utile per affrontare l'analisi di determinati fenomeni sociali e culturali. In un primo momento si propone una lettura del concetto in questione partendo dalla sua configurazione prettamente fisica, che si traduce fondamentalmente nella dimensione del confine. Lo spazio che ci circonda è costellato di zone d'ombra, di interstizi che mettono in contatto e separano allo stesso tempo; senza i confini il riconoscimento dello spazio probabilmente non sarebbe possibile. La marginalità individua diversi livelli di vita vissuta: numerosi sono gli esempi da me riportati nel tentativo di mostrare la profondità del margine, la sua centralità nel definire categorie sociali e culturali. Ma ciò che mi è parso fondamentale è stato sottolineare l'opera di ¿ri-significazione¿ che compiono i soggetti marginali, coloro che sono stati spinti o che hanno scelto di vivere al margine. Nel tentativo di creare un sito di resistenza essi operano una sorta di pressione sul centro, pressione che può provocare nello stesso anche un cambiamento. Il passaggio successivo non è lineare né scontato: si tratta di passare da un margine subito, ma reinterpretato, ad un margine cercato: il collegamento però è stato fornito da Victor Turner, di cui ho già citato il saggio in precedenza, e dal suo concetto di communitas liminale applicato ad alcune esperienze socioculturali. egli propone di applicare tale modello ad alcune realtà comunitarie tra cui quella degli hippies e quella monastica. In questa tesi l'attenzione si è focalizzata sul secondo caso ed in particolare sull'esperienza di quelle comunità sorte in seguito al concilio Vaticano II. Tali comunità si caratterizzano per la scelta di definirsi marginali o sulla soglia, o meglio ancora come dice spesso Enzo Bianchi, priore di Bose, ¿addossati al deserto¿, posizione strategica che permette di costruire uno sguardo più ampio sul mondo e su se stessi.
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