La malattia di Huntington (MH) è una patologia neurodegenerativa a trasmissione genetica autosomica dominante, caratterizzata da movimenti involontari, disturbi psichiatrici e declino cognitivo. I primi sintomi motori appaiono intorno ai 30-50 anni di età e peggiorano con il progredire della malattia, che assume un andamento ingravescente e che porta a una sempre maggiore dipendenza nella vita quotidiana e infine a morte. La causa della MH è stata identificata nella mutazione presente a livello del gene IT15 presente sul braccio corto del cromosoma 4. Questo gene presenta a livello del primo esone ripetizioni variabili del trinucleotide CAG (citosina - adenina - guanina) che codifica per l’aminoacido glutammina. Il numero delle ripetizioni della sequenza CAG varia normalmente tra 9 e 37, mentre nelle persone affette da MH le ripetizioni sono in numero superiore (tra 37 e 102). Nonostante il gene coinvolto e la sua mutazione siano stati identificati nel 1993, il meccanismo patologico mediante cui la proteina Huntingtina mutata (mHtt) provochi disfunzioni neuronali non è ancora del tutto conosciuto. La MH segue un duplice meccanismo eziopatogenetico: da un lato la mHtt è una proteina tossica che forma aggregati e ha effetti dannosi per la cellula (gain of function), dall’altra viene a mancare la funzione protettiva della huntingtina normale (loss of function). Attualmente non è ancora disponibile alcun trattamento in grado di curare, posticipare o modificare la malattia e l’intervento farmacologico attuato è esclusivamente un intervento di tipo sintomatico. Gli unici farmaci approvati con la specifica indicazione del trattamento della MH sono la tetrabenazina e un suo isomero isotopico, la deutetrabenazina. Negli ultimi anni la ricerca clinica per la MH ha portato a sperimentare nuove tipologie di trattamento, che sono volte non solo a attenuare i sintomi, ma anche a rallentare o tentare di arrestare la progressione della malattia. Le terapie farmacologiche in corso di sperimentazione si basano su meccanismi d’azione e target moto differenti tra loro e comprendono molecole come la pridopidina e la valbenazina, gli anticorpi monoclonali, i fattori neurotrofici, fino a tecniche di neuromodulazione elettrica e ad approcci di terapia genica. I recenti sviluppi nella terapia genica comprendono terapie mirate all’RNA o al DNA che offrono la possibilità di attaccare la causa della malattia, riducendo la sintesi della proteina mHtt o modificando il gene mutato. Infine, il fatto che la maggior parte dei sintomi presenti nella MH siano riconducibili alla perdita di neuroni in specifiche regioni cerebrali, ha dato origine ad approcci di terapia cellulare, che comprendono strategie di trapianto e di riprogrammazione cellulare, che hanno mostrato risultati promettenti sia in modelli animali che nei pazienti affetti.
La Malattia di Huntington: approcci farmacologici e nuove strategie terapeutiche
COLOMBERO, GIULIA
2019/2020
Abstract
La malattia di Huntington (MH) è una patologia neurodegenerativa a trasmissione genetica autosomica dominante, caratterizzata da movimenti involontari, disturbi psichiatrici e declino cognitivo. I primi sintomi motori appaiono intorno ai 30-50 anni di età e peggiorano con il progredire della malattia, che assume un andamento ingravescente e che porta a una sempre maggiore dipendenza nella vita quotidiana e infine a morte. La causa della MH è stata identificata nella mutazione presente a livello del gene IT15 presente sul braccio corto del cromosoma 4. Questo gene presenta a livello del primo esone ripetizioni variabili del trinucleotide CAG (citosina - adenina - guanina) che codifica per l’aminoacido glutammina. Il numero delle ripetizioni della sequenza CAG varia normalmente tra 9 e 37, mentre nelle persone affette da MH le ripetizioni sono in numero superiore (tra 37 e 102). Nonostante il gene coinvolto e la sua mutazione siano stati identificati nel 1993, il meccanismo patologico mediante cui la proteina Huntingtina mutata (mHtt) provochi disfunzioni neuronali non è ancora del tutto conosciuto. La MH segue un duplice meccanismo eziopatogenetico: da un lato la mHtt è una proteina tossica che forma aggregati e ha effetti dannosi per la cellula (gain of function), dall’altra viene a mancare la funzione protettiva della huntingtina normale (loss of function). Attualmente non è ancora disponibile alcun trattamento in grado di curare, posticipare o modificare la malattia e l’intervento farmacologico attuato è esclusivamente un intervento di tipo sintomatico. Gli unici farmaci approvati con la specifica indicazione del trattamento della MH sono la tetrabenazina e un suo isomero isotopico, la deutetrabenazina. Negli ultimi anni la ricerca clinica per la MH ha portato a sperimentare nuove tipologie di trattamento, che sono volte non solo a attenuare i sintomi, ma anche a rallentare o tentare di arrestare la progressione della malattia. Le terapie farmacologiche in corso di sperimentazione si basano su meccanismi d’azione e target moto differenti tra loro e comprendono molecole come la pridopidina e la valbenazina, gli anticorpi monoclonali, i fattori neurotrofici, fino a tecniche di neuromodulazione elettrica e ad approcci di terapia genica. I recenti sviluppi nella terapia genica comprendono terapie mirate all’RNA o al DNA che offrono la possibilità di attaccare la causa della malattia, riducendo la sintesi della proteina mHtt o modificando il gene mutato. Infine, il fatto che la maggior parte dei sintomi presenti nella MH siano riconducibili alla perdita di neuroni in specifiche regioni cerebrali, ha dato origine ad approcci di terapia cellulare, che comprendono strategie di trapianto e di riprogrammazione cellulare, che hanno mostrato risultati promettenti sia in modelli animali che nei pazienti affetti.File | Dimensione | Formato | |
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