Oggetto dello studio sono stati 9 manoscritti persiani, gentilmente concessi dalle Biblioteche Reale di Torino, Nazionale di Torino, Braidense di Milano, Universitaria di Bologna, aventi diverse datazioni, dal XV al XVIII sec. Rientrano nella definizione di manoscritto persiano opere librarie che presentano tratti comuni dal punto di vista linguistico-testuale, che seguono la maniera retorico-accademica e il gusto del libro persiani, che si diffondono dall'Anatolia all'India tra il XII e il principio del XX sec. Obiettivo della ricerca è stata l'identificazione dei pigmenti e dei coloranti impiegati nelle opere per la produzione di miniature e inchiostri e per la colorazione della carta, per supportare con dati strumentali le informazioni tratte dalle poche fonti storiche disponibili in lingua occidentale, arricchendo la letteratura scientifica, ancora limitata a riguardo. I punti scelti per le analisi sono stati sottoposti a indagini tramite: Microscopio ad ingrandimento 90x, in modo da rilevare l'uso di miscele ed eventuali zone di degrado; Spettrofotometria UV-Vis in riflettanza diffusa e, in particolare, è stata impiegata la tecnica Fibre Optics Reflectance Spectroscopy (FORS), per ottenere informazioni di tipo molecolare sul materiale preso in esame; Spettrometria a fluorescenza di raggi X, per ottenere informazioni sulla composizione elementare del materiale indagato. Le tecniche sono state scelte per la loro non-invasività e perché non necessitano di contatto tra il manoscritto e la strumentazione. Inoltre, permettono in molti casi di ottenere informazioni tra loro complementari. I dati strumentali hanno permesso di definire la tavolozza utilizzata nei manoscritti, che prevede l'impiego di: blu oltremare, indaco, azzurrite (rilevata esclusivamente in un inchiostro), cinabro (o vermiglione nel caso sia presente il pigmento in forma sintetica), minio, ocre, orpimento, verdigris, malachite, atacamite, bianco piombo, neri di carbone, pigmento ferrogallico. Tra i coloranti è stato individuato l'uso di cartamo e di coloranti rossi estratti da coccidi (non è stato possibile distinguere tra coloranti a base di acido carminico, acido chermesico o acidi laccaici). Certo anche l'utilizzo di coloranti gialli, la cui natura non è stata però definita tramite i dati ottenuti dalle analisi. Tra i metalli sono stati identificati oro e argento, in polvere e lamina. La ricerca ha quindi permesso di arricchire i dati strumentali a disposizione sui manoscritti persiani, confermando in buona parte le informazioni tratte dalle fonti storiche. Si può però, in particolare, sottolineare: l'ampio utilizzo di pigmenti costosi, quali il blu oltremare, l'orpimento, l'oro, l'argento; il numero ridotto dei pigmenti e dei coloranti impiegati, il cui elenco risulta non variare nel tempo; l'uso limitato del pigmento azzurrite, a sostegno delle tesi che prevedevano un suo più largo impiego precedentemente al XV sec.; l'identificazione del pigmento verde atacamite, non citato dalle fonti storiche; la maggiore diffusione di coloranti rossi di origine animale rispetto a quelli di origine vegetale, ed in particolare l'assenza nei manoscritti del colorante rosso robbia, largamente impiegato nell'arte Occidentale come lacca; l'identificazione del pigmento ferrogallico, usato per la colorazione della carta, non citato dalle fonti bibliografiche a disposizione.
I COLORI NEI MANOSCRITTI PERSIANI: INDAGINI CON SPETTROFOTOMETRIA IN RIFLETTANZA E FLUORESCENZA X
ABATE, MARIA FRANCESCA
2011/2012
Abstract
Oggetto dello studio sono stati 9 manoscritti persiani, gentilmente concessi dalle Biblioteche Reale di Torino, Nazionale di Torino, Braidense di Milano, Universitaria di Bologna, aventi diverse datazioni, dal XV al XVIII sec. Rientrano nella definizione di manoscritto persiano opere librarie che presentano tratti comuni dal punto di vista linguistico-testuale, che seguono la maniera retorico-accademica e il gusto del libro persiani, che si diffondono dall'Anatolia all'India tra il XII e il principio del XX sec. Obiettivo della ricerca è stata l'identificazione dei pigmenti e dei coloranti impiegati nelle opere per la produzione di miniature e inchiostri e per la colorazione della carta, per supportare con dati strumentali le informazioni tratte dalle poche fonti storiche disponibili in lingua occidentale, arricchendo la letteratura scientifica, ancora limitata a riguardo. I punti scelti per le analisi sono stati sottoposti a indagini tramite: Microscopio ad ingrandimento 90x, in modo da rilevare l'uso di miscele ed eventuali zone di degrado; Spettrofotometria UV-Vis in riflettanza diffusa e, in particolare, è stata impiegata la tecnica Fibre Optics Reflectance Spectroscopy (FORS), per ottenere informazioni di tipo molecolare sul materiale preso in esame; Spettrometria a fluorescenza di raggi X, per ottenere informazioni sulla composizione elementare del materiale indagato. Le tecniche sono state scelte per la loro non-invasività e perché non necessitano di contatto tra il manoscritto e la strumentazione. Inoltre, permettono in molti casi di ottenere informazioni tra loro complementari. I dati strumentali hanno permesso di definire la tavolozza utilizzata nei manoscritti, che prevede l'impiego di: blu oltremare, indaco, azzurrite (rilevata esclusivamente in un inchiostro), cinabro (o vermiglione nel caso sia presente il pigmento in forma sintetica), minio, ocre, orpimento, verdigris, malachite, atacamite, bianco piombo, neri di carbone, pigmento ferrogallico. Tra i coloranti è stato individuato l'uso di cartamo e di coloranti rossi estratti da coccidi (non è stato possibile distinguere tra coloranti a base di acido carminico, acido chermesico o acidi laccaici). Certo anche l'utilizzo di coloranti gialli, la cui natura non è stata però definita tramite i dati ottenuti dalle analisi. Tra i metalli sono stati identificati oro e argento, in polvere e lamina. La ricerca ha quindi permesso di arricchire i dati strumentali a disposizione sui manoscritti persiani, confermando in buona parte le informazioni tratte dalle fonti storiche. Si può però, in particolare, sottolineare: l'ampio utilizzo di pigmenti costosi, quali il blu oltremare, l'orpimento, l'oro, l'argento; il numero ridotto dei pigmenti e dei coloranti impiegati, il cui elenco risulta non variare nel tempo; l'uso limitato del pigmento azzurrite, a sostegno delle tesi che prevedevano un suo più largo impiego precedentemente al XV sec.; l'identificazione del pigmento verde atacamite, non citato dalle fonti storiche; la maggiore diffusione di coloranti rossi di origine animale rispetto a quelli di origine vegetale, ed in particolare l'assenza nei manoscritti del colorante rosso robbia, largamente impiegato nell'arte Occidentale come lacca; l'identificazione del pigmento ferrogallico, usato per la colorazione della carta, non citato dalle fonti bibliografiche a disposizione.File | Dimensione | Formato | |
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