Cap. I. Si espone la teoria delle immagini beltinghiana, partendo dall'affermazione della riduttività della disciplina ¿storia dell'arte¿ come storia di un progresso razionale. L'elemento innovativo del pensiero beltinghiano è dato dal fatto che non si procede a una relativizzazione e a una decostruzione dell'arte e della storia, ma si opta per un allargamento degli oggetti e degli ambiti di studio loro propri. Il nuovo approccio è ¿antropologico¿, poiché si propone di considerare l'assoluta centralità dell'essere umano come principale produttore di immagini rappresentative di sé e del mondo che lo circonda. L'impianto teorico di stampo antropologico si esplicita mediante una sorta di ¿dispositivo triadico¿, posto a paradigma interpretativo per l'analisi delle rappresentazioni figurate. I parametri distinti ma sempre interconnessi sono: immagine-medium-sguardo o immagine-dispositivo-corpo. Capitolo II: Seguendo la teoria antropologica delle immagini beltinghiana, si espone del particolare rapporto di incarnazione delle immagini nei loro medium, attraverso il loro inserimento in pratiche rituali e teurgiche. Si sottolinea la centralità della morte, che in epoca pre-artistica era ciò che consentiva l'aprirsi dello spazio della rappresentazione figurata. Presenza e assenza si invertono all'interno della realtà attraverso l'immagine: un nuovo corpo-supporto consente di ribaltare l'assenza in presenza all'interno di una rappresentazione che permette di ristabilire i legami del raffigurato con il mondo reale. Si analizza il caso delle maschere romane e il culto delle imagines maiorum. Capitolo III: Si tratta il ruolo antropologico dell'immagine nella raffigurazione di entità invisibili. Si affronta il problema della raffigurazione del Dio cristiano e il particolare ruolo delle immagini acheropite come primi medium tecnici dell'immagine, e come realizzazioni del concetto di incarnazione. Il concetto di ¿impronta¿ sembra avere una valenza particolare nel caso delle effigi dei re e nell'ambito delle immagini del ¿Santo Volto¿ di Cristo. La Sindone viene analizzata come caso peculiare di immagine acheropita in cui si configura un rapporto particolare tra medium, corpo e immagine. Si procede con un ulteriore esempio della raffigurazione di un'entità invisibile con l'analisi delle rappresentazioni del ¿doppio corpo¿ del re tramite effigie, e si evidenziano similitudini e differenze tra le immagini della divinità e quelle dei sovrani temporali. Capitolo IV: Si procede con una riflessione sui medium dell'immagine contemporanei, che sembrano svelare tutta la loro inadeguatezza rispetto ai medium del periodo pre-artisticho, mediante i quali si realizzavano pienamente i princìpi antropologici dell'incarnazione e dell'animazione delle immagini. La fotografia, per esempio, nonostante sia creata a partire da un procedimento simile a quello delle impronte antiche, mette in gioco la ¿pura presenza dell'assenza¿, facendosi responsabile dell'inerzia delle immagini dei corpi che nell'istantanea vengono sottratti al movimento e al flusso della vita. L'atto animativo delle immagini proprio delle culture antiche risulta impossibile; nemmeno le immagini cinematografiche riescono a restituire alla vita i corpi fotografati. Oggi il problema dell'incarnazione nell'immagine trova soluzione nel mondo virtuale: gli ¿avatar¿ sono rappresentativi dell'antico desiderio dell'uomo di incarnarsi in immagini laddove egli non può essere presente con il suo corpo.

Hans Belting: per una teoria antropologica delle immagini

FERRANDI, CHIARA
2010/2011

Abstract

Cap. I. Si espone la teoria delle immagini beltinghiana, partendo dall'affermazione della riduttività della disciplina ¿storia dell'arte¿ come storia di un progresso razionale. L'elemento innovativo del pensiero beltinghiano è dato dal fatto che non si procede a una relativizzazione e a una decostruzione dell'arte e della storia, ma si opta per un allargamento degli oggetti e degli ambiti di studio loro propri. Il nuovo approccio è ¿antropologico¿, poiché si propone di considerare l'assoluta centralità dell'essere umano come principale produttore di immagini rappresentative di sé e del mondo che lo circonda. L'impianto teorico di stampo antropologico si esplicita mediante una sorta di ¿dispositivo triadico¿, posto a paradigma interpretativo per l'analisi delle rappresentazioni figurate. I parametri distinti ma sempre interconnessi sono: immagine-medium-sguardo o immagine-dispositivo-corpo. Capitolo II: Seguendo la teoria antropologica delle immagini beltinghiana, si espone del particolare rapporto di incarnazione delle immagini nei loro medium, attraverso il loro inserimento in pratiche rituali e teurgiche. Si sottolinea la centralità della morte, che in epoca pre-artistica era ciò che consentiva l'aprirsi dello spazio della rappresentazione figurata. Presenza e assenza si invertono all'interno della realtà attraverso l'immagine: un nuovo corpo-supporto consente di ribaltare l'assenza in presenza all'interno di una rappresentazione che permette di ristabilire i legami del raffigurato con il mondo reale. Si analizza il caso delle maschere romane e il culto delle imagines maiorum. Capitolo III: Si tratta il ruolo antropologico dell'immagine nella raffigurazione di entità invisibili. Si affronta il problema della raffigurazione del Dio cristiano e il particolare ruolo delle immagini acheropite come primi medium tecnici dell'immagine, e come realizzazioni del concetto di incarnazione. Il concetto di ¿impronta¿ sembra avere una valenza particolare nel caso delle effigi dei re e nell'ambito delle immagini del ¿Santo Volto¿ di Cristo. La Sindone viene analizzata come caso peculiare di immagine acheropita in cui si configura un rapporto particolare tra medium, corpo e immagine. Si procede con un ulteriore esempio della raffigurazione di un'entità invisibile con l'analisi delle rappresentazioni del ¿doppio corpo¿ del re tramite effigie, e si evidenziano similitudini e differenze tra le immagini della divinità e quelle dei sovrani temporali. Capitolo IV: Si procede con una riflessione sui medium dell'immagine contemporanei, che sembrano svelare tutta la loro inadeguatezza rispetto ai medium del periodo pre-artisticho, mediante i quali si realizzavano pienamente i princìpi antropologici dell'incarnazione e dell'animazione delle immagini. La fotografia, per esempio, nonostante sia creata a partire da un procedimento simile a quello delle impronte antiche, mette in gioco la ¿pura presenza dell'assenza¿, facendosi responsabile dell'inerzia delle immagini dei corpi che nell'istantanea vengono sottratti al movimento e al flusso della vita. L'atto animativo delle immagini proprio delle culture antiche risulta impossibile; nemmeno le immagini cinematografiche riescono a restituire alla vita i corpi fotografati. Oggi il problema dell'incarnazione nell'immagine trova soluzione nel mondo virtuale: gli ¿avatar¿ sono rappresentativi dell'antico desiderio dell'uomo di incarnarsi in immagini laddove egli non può essere presente con il suo corpo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/127465