Quando si parla di restauro delle opere d'arte moderne e contemporanee succede spesso di sentirsi chiedere: ¿Ma come? Opere così recenti hanno già bisogno del restauratore?¿. Porsi e porre una domanda del genere, probabilmente, significa equiparare il ¿nuovo¿, come realtà più vicina a noi, ad un'integrità fisica maggiore rispetto al ¿vecchio¿ che, in quanto realtà passata, erosa dal tempo, sembrerebbe più bisognosa di ripristini e di attenzioni. In verità, risulta sempre più pressante non essere forviati da questa equazione e affrontare la questione conservativa dell'arte contemporanea, in quanto il problema, come ormai è evidente, non è dato soltanto dal fattore tempo. La qualità dei materiali, la composizione articolata delle opere, il rapido degenero di alcuni medium e l'inopportunità, in alcuni casi, di relazionarsi con lacune o ruderi, così come la novità stessa delle concezioni e delle finalità estetiche e di significato rendono le opere d'arte contemporanea vulnerabili come, e forse di più, di quelle d'arte antica. Nella prima parte, il presente lavoro di ricerca fornisce alcune chiavi di lettura sulla conservazione e sul restauro dell'arte contemporanea per delinearne l'aspetto teorico, metodologico e di dibattito. Si parte dal considerare la definizione cronologica ed estetica di arte contemporanea con le complessità che rivela un inquadramento di questo genere. Il discorso prosegue, quindi, tracciando la linea che delimita, nella conservazione e nel restauro dell'arte contemporanea, da una parte, l'esigenza di una ideologia e di una metodologia nuove e, dall'altra, il confronto con le posizioni della tradizione e della teoria consacrata, soprattutto a livello italiano, da Cesare Brandi. Come testimoniato dal dibattito che si sviluppa ormai da anni a livello internazionale e nazionale, emerge l'importanza della documentazione, della testimonianza diretta dell'artista attraverso apposite interviste, dello scambio di informazioni, della creazioni di database su materiali, artisti, opere. Inoltre, si consolida la pratica della conservazione programmata, preventiva e di manutenzione che nel caso dell'arte contemporanea diventa necessaria e, sotto molti aspetti, risolutiva. Una seconda parte della tesi, invece, è dedicata ad analizzare tre casi-studio di restauro di opere caratterizzate da materiali non tradizionali e in linea con un certo sperimentalismo proprio dell'arte contemporanea. Si tratta di tre quadri-scultura di Nicola Carrino della prima metà degli anni Sessanta - Oggetto uno (1962, Coll. priv., Roma), Figurazione plastica n.10 (1962, GNAM, Roma) e Costruttivo alfa (1963, GAM, Torino) - in cui l'artista si misura con materiali di produzione industriale e oggetti prefabbricati di uso comune in direzione neocostruttiva: vernici industriali, polistirolo, cartone stampato per la confezione dei portauova. Anticipa e completa la trattazione dei tre interventi di restauro il percorso storico-artistico dell'artista, dagli esordi negli anni Cinquanta ai giorni nostri, e l'approfondimento tecnico-materiale sulle plastiche, in particolare, sul polistirolo caratterizzante le opere. Le materie plastiche, che contrassegnano la contemporaneità e intessano il settore artistico fin dall'inizio del Novecento, vengono qui trattate anche dal punto di vista chimico-fisico: l'importanza delle dinamiche di degrado è fondamentale per definirne e fornirne una giusto criterio conservativo e di intervento.
CONSIDERAZIONI SULLA CONSERVAZIONE E SUL RESTAURO DELL'ARTE CONTEMPORANEA. MATERIALI NON-TRADIZIONALI: NICOLA CARRINO, TRE CASI-STUDIO
ENRICO, MARTA
2010/2011
Abstract
Quando si parla di restauro delle opere d'arte moderne e contemporanee succede spesso di sentirsi chiedere: ¿Ma come? Opere così recenti hanno già bisogno del restauratore?¿. Porsi e porre una domanda del genere, probabilmente, significa equiparare il ¿nuovo¿, come realtà più vicina a noi, ad un'integrità fisica maggiore rispetto al ¿vecchio¿ che, in quanto realtà passata, erosa dal tempo, sembrerebbe più bisognosa di ripristini e di attenzioni. In verità, risulta sempre più pressante non essere forviati da questa equazione e affrontare la questione conservativa dell'arte contemporanea, in quanto il problema, come ormai è evidente, non è dato soltanto dal fattore tempo. La qualità dei materiali, la composizione articolata delle opere, il rapido degenero di alcuni medium e l'inopportunità, in alcuni casi, di relazionarsi con lacune o ruderi, così come la novità stessa delle concezioni e delle finalità estetiche e di significato rendono le opere d'arte contemporanea vulnerabili come, e forse di più, di quelle d'arte antica. Nella prima parte, il presente lavoro di ricerca fornisce alcune chiavi di lettura sulla conservazione e sul restauro dell'arte contemporanea per delinearne l'aspetto teorico, metodologico e di dibattito. Si parte dal considerare la definizione cronologica ed estetica di arte contemporanea con le complessità che rivela un inquadramento di questo genere. Il discorso prosegue, quindi, tracciando la linea che delimita, nella conservazione e nel restauro dell'arte contemporanea, da una parte, l'esigenza di una ideologia e di una metodologia nuove e, dall'altra, il confronto con le posizioni della tradizione e della teoria consacrata, soprattutto a livello italiano, da Cesare Brandi. Come testimoniato dal dibattito che si sviluppa ormai da anni a livello internazionale e nazionale, emerge l'importanza della documentazione, della testimonianza diretta dell'artista attraverso apposite interviste, dello scambio di informazioni, della creazioni di database su materiali, artisti, opere. Inoltre, si consolida la pratica della conservazione programmata, preventiva e di manutenzione che nel caso dell'arte contemporanea diventa necessaria e, sotto molti aspetti, risolutiva. Una seconda parte della tesi, invece, è dedicata ad analizzare tre casi-studio di restauro di opere caratterizzate da materiali non tradizionali e in linea con un certo sperimentalismo proprio dell'arte contemporanea. Si tratta di tre quadri-scultura di Nicola Carrino della prima metà degli anni Sessanta - Oggetto uno (1962, Coll. priv., Roma), Figurazione plastica n.10 (1962, GNAM, Roma) e Costruttivo alfa (1963, GAM, Torino) - in cui l'artista si misura con materiali di produzione industriale e oggetti prefabbricati di uso comune in direzione neocostruttiva: vernici industriali, polistirolo, cartone stampato per la confezione dei portauova. Anticipa e completa la trattazione dei tre interventi di restauro il percorso storico-artistico dell'artista, dagli esordi negli anni Cinquanta ai giorni nostri, e l'approfondimento tecnico-materiale sulle plastiche, in particolare, sul polistirolo caratterizzante le opere. Le materie plastiche, che contrassegnano la contemporaneità e intessano il settore artistico fin dall'inizio del Novecento, vengono qui trattate anche dal punto di vista chimico-fisico: l'importanza delle dinamiche di degrado è fondamentale per definirne e fornirne una giusto criterio conservativo e di intervento.File | Dimensione | Formato | |
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