L'inquinamento da metalli pesanti sta assumendo negli ultimi anni un'importanza rilevante in termini di rischio ambientale e di salute pubblica. I metalli pesanti si ritrovano naturalmente nel suolo, ma sono le attività antropiche, negli ultimi decenni, ad aver contribuito in maniera determinante all'accumulo di questi ultimi nel suolo. Nel presente elaborato, si indagano le diverse tecniche di bonifica specifiche per il risanamento di suoli inquinati da metalli pesanti e si pone particolare attenzione alle tecniche definite “phytoremediation”, tecniche sostenibili e non impattanti sull'ambiente, diversificate a seconda del principio di azione, del substrato da risanare, dell'origine e tipologia dell'inquinante e del tipo di azione operata dalle piante sulle matrici contaminate. A seguire, si analizza l'origine, la natura e il ruolo biologico dei metalli presenti nel suolo, individuando i metalli considerati essenziali, necessari pertanto alle normali funzioni fisiologiche e biologiche degli organismi e quelli non essenziali, i quali non esplicano nessuna azione biologica bensì la loro presenza nei tessuti vegetali risulta essere tossica già in piccole quantità. Ci si sofferma quindi sui meccanismi adattativi evoluti dalle piante al fine di difendersi dall'azione tossica degli inquinanti, distinguendo tra piante accumulatrici, in cui i metalli sono attivamente concentrati all'interno dei tessuti della pianta implicando quindi un'alta specializzazione fisiologica, e piante non accumulatrici, che presentano metallo-resistenza limitata ed il loro meccanismo di difesa è aspecifico e utilizza la parete cellulare come barriera all'ingresso di metalli. Infine, si esaminano tre differenti ricerche svolte in altrettanti siti italiani, due situati nel comune di Torino e il terzo in Toscana, in cui si testa l'efficacia di estrazione di metalli di alcune specie vegetali, in particolare Brassica spp, Helianthus annuus L e Populus spp. Le specie studiate hanno evidenziato una discreta capacità estrattiva ed elevata traslocazione nelle parti aeree rispettivamente di Cd, As e Zn. Nel caso invece del Pb, tutte e tre le piante non sono risultate pienamente efficaci nel processo di fitoestrazione, questo risultato si può spiegare considerando principalmente la scarsa biodisponibilità di tale metallo nel suolo, tuttavia l'aggiunta di agenti chelanti risulterebbe vantaggiosa nella facilitazione e mobilitazione del metallo ai fini dell'estrazione da parte delle piante.
Tecniche di fitorisanamento di suoli inquinati da metalli pesanti con particolare attenzione alle specie utilizzate in Italia.
BORIN, MARIA LETIZIA
2019/2020
Abstract
L'inquinamento da metalli pesanti sta assumendo negli ultimi anni un'importanza rilevante in termini di rischio ambientale e di salute pubblica. I metalli pesanti si ritrovano naturalmente nel suolo, ma sono le attività antropiche, negli ultimi decenni, ad aver contribuito in maniera determinante all'accumulo di questi ultimi nel suolo. Nel presente elaborato, si indagano le diverse tecniche di bonifica specifiche per il risanamento di suoli inquinati da metalli pesanti e si pone particolare attenzione alle tecniche definite “phytoremediation”, tecniche sostenibili e non impattanti sull'ambiente, diversificate a seconda del principio di azione, del substrato da risanare, dell'origine e tipologia dell'inquinante e del tipo di azione operata dalle piante sulle matrici contaminate. A seguire, si analizza l'origine, la natura e il ruolo biologico dei metalli presenti nel suolo, individuando i metalli considerati essenziali, necessari pertanto alle normali funzioni fisiologiche e biologiche degli organismi e quelli non essenziali, i quali non esplicano nessuna azione biologica bensì la loro presenza nei tessuti vegetali risulta essere tossica già in piccole quantità. Ci si sofferma quindi sui meccanismi adattativi evoluti dalle piante al fine di difendersi dall'azione tossica degli inquinanti, distinguendo tra piante accumulatrici, in cui i metalli sono attivamente concentrati all'interno dei tessuti della pianta implicando quindi un'alta specializzazione fisiologica, e piante non accumulatrici, che presentano metallo-resistenza limitata ed il loro meccanismo di difesa è aspecifico e utilizza la parete cellulare come barriera all'ingresso di metalli. Infine, si esaminano tre differenti ricerche svolte in altrettanti siti italiani, due situati nel comune di Torino e il terzo in Toscana, in cui si testa l'efficacia di estrazione di metalli di alcune specie vegetali, in particolare Brassica spp, Helianthus annuus L e Populus spp. Le specie studiate hanno evidenziato una discreta capacità estrattiva ed elevata traslocazione nelle parti aeree rispettivamente di Cd, As e Zn. Nel caso invece del Pb, tutte e tre le piante non sono risultate pienamente efficaci nel processo di fitoestrazione, questo risultato si può spiegare considerando principalmente la scarsa biodisponibilità di tale metallo nel suolo, tuttavia l'aggiunta di agenti chelanti risulterebbe vantaggiosa nella facilitazione e mobilitazione del metallo ai fini dell'estrazione da parte delle piante.File | Dimensione | Formato | |
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