Per macromiceti pileostipitati si intendono i funghi appartenenti al phylum dei Basidiomycota che sono in grado di formare uno sporoforo (o corpo fruttifero) formato da cappello (pileo) e gambo (stipite). Nel suolo si trova la struttura vegetativa del fungo, che si chiama micelio ed è formata da strutture cellulari filamentose, dette ife. A partire dagli anni '70 del Novecento, numerose ricerche hanno dimostrato la capacità dei funghi di assorbire i metalli pesanti (As, Cr, Cd, Pb, Hg, Cu, Fe, Mo, Ni e Zn) dal suolo e di accumularli nel corpo fruttifero. Questa capacità, chiamata bioaccumulo, è determinata dal fatto che le ife sono in grado di esplorare a fondo il suolo e grazie a quest'azione capillare riescono ad estrarre in modo molto efficiente gli elementi nutritivi presenti in esso. Tuttavia, oltre agli elementi nutritivi, vengono anche assorbiti i metalli tossici, poiché i trasportatori cellulari dei metalli essenziali hanno una bassa specificità per l'elemento trasportato. Di conseguenza, i funghi hanno evoluto dei meccanismi cellulari che gli permettono di tollerare la tossicità causata dai metalli pesanti. Proprio per questo motivo, i funghi riescono a bioaccumulare tali metalli senza essere danneggiati. In alcuni casi sono state raggiunte delle concentrazioni degli elementi tossici ben sopra ai valori medi riportati in letteratura. Per esempio, in Coprinus comatus è stato registrato un valore estremamente alto della concentrazione del mercurio pari a 144 mg/kg in peso secco, mentre in alcuni esemplari di Cantharellus cibarius, il cadmio è stato accumulato fino a raggiungere la concentrazione di 74,0 mg/kg in peso secco. Diverse variabili, sia biologiche (periodo che intercorre fra le fruttificazioni, età e profondità in cui cresce il micelio) che ambientali (pH, tessitura e materia organica presente nel suolo), influiscono sul bioaccumulo, anche se le più significanti sono il grado di inquinamento del suolo, la specie chimica dell'elemento tossico presente in esso e il tipo di specie fungina studiata. Il bioaccumulo può rappresentare un rischio per la salute umana. Infatti, consumare per un lungo periodo funghi, che contengono elevate quantità di metalli pesanti, potrebbe determinare la comparsa di sindromi, sia acute che croniche, dovute alla tossicità di questi elementi. Tuttavia, se da un lato i funghi possono rappresentare una minaccia per la salute, dall'altro questa loro capacità potrebbe essere sfruttata per prelevare ed estrarre i metalli pesanti dai suoli contaminati, mettendo in atto opere di biorisanamento ambientale. Questa procedura è definita mycoremediation. Le attuali ricerche dimostrano che la capacità di accumulare i metalli pesanti è una caratteristica specie-specifica e i risultati ottenuti per una stessa specie spesso sono molto diversi fra di loro. Di fatto, solo degli studi più approfonditi e una conoscenza migliore di come i funghi interagiscono con i metalli pesanti e con l'ambiente circostante potrà delucidare quali sono gli effetti deleteri per l'uomo e per l'ambiente e le concomitanti potenzialità dell'utilizzo dei macromiceti pileostipitati come strumenti per il biorisanamento ambientale.

I macromiceti pileostipitati e il bioaccumulo dei metalli pesanti

TARTAGLIA, JACOPO
2019/2020

Abstract

Per macromiceti pileostipitati si intendono i funghi appartenenti al phylum dei Basidiomycota che sono in grado di formare uno sporoforo (o corpo fruttifero) formato da cappello (pileo) e gambo (stipite). Nel suolo si trova la struttura vegetativa del fungo, che si chiama micelio ed è formata da strutture cellulari filamentose, dette ife. A partire dagli anni '70 del Novecento, numerose ricerche hanno dimostrato la capacità dei funghi di assorbire i metalli pesanti (As, Cr, Cd, Pb, Hg, Cu, Fe, Mo, Ni e Zn) dal suolo e di accumularli nel corpo fruttifero. Questa capacità, chiamata bioaccumulo, è determinata dal fatto che le ife sono in grado di esplorare a fondo il suolo e grazie a quest'azione capillare riescono ad estrarre in modo molto efficiente gli elementi nutritivi presenti in esso. Tuttavia, oltre agli elementi nutritivi, vengono anche assorbiti i metalli tossici, poiché i trasportatori cellulari dei metalli essenziali hanno una bassa specificità per l'elemento trasportato. Di conseguenza, i funghi hanno evoluto dei meccanismi cellulari che gli permettono di tollerare la tossicità causata dai metalli pesanti. Proprio per questo motivo, i funghi riescono a bioaccumulare tali metalli senza essere danneggiati. In alcuni casi sono state raggiunte delle concentrazioni degli elementi tossici ben sopra ai valori medi riportati in letteratura. Per esempio, in Coprinus comatus è stato registrato un valore estremamente alto della concentrazione del mercurio pari a 144 mg/kg in peso secco, mentre in alcuni esemplari di Cantharellus cibarius, il cadmio è stato accumulato fino a raggiungere la concentrazione di 74,0 mg/kg in peso secco. Diverse variabili, sia biologiche (periodo che intercorre fra le fruttificazioni, età e profondità in cui cresce il micelio) che ambientali (pH, tessitura e materia organica presente nel suolo), influiscono sul bioaccumulo, anche se le più significanti sono il grado di inquinamento del suolo, la specie chimica dell'elemento tossico presente in esso e il tipo di specie fungina studiata. Il bioaccumulo può rappresentare un rischio per la salute umana. Infatti, consumare per un lungo periodo funghi, che contengono elevate quantità di metalli pesanti, potrebbe determinare la comparsa di sindromi, sia acute che croniche, dovute alla tossicità di questi elementi. Tuttavia, se da un lato i funghi possono rappresentare una minaccia per la salute, dall'altro questa loro capacità potrebbe essere sfruttata per prelevare ed estrarre i metalli pesanti dai suoli contaminati, mettendo in atto opere di biorisanamento ambientale. Questa procedura è definita mycoremediation. Le attuali ricerche dimostrano che la capacità di accumulare i metalli pesanti è una caratteristica specie-specifica e i risultati ottenuti per una stessa specie spesso sono molto diversi fra di loro. Di fatto, solo degli studi più approfonditi e una conoscenza migliore di come i funghi interagiscono con i metalli pesanti e con l'ambiente circostante potrà delucidare quali sono gli effetti deleteri per l'uomo e per l'ambiente e le concomitanti potenzialità dell'utilizzo dei macromiceti pileostipitati come strumenti per il biorisanamento ambientale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/126854