La gravità è l'unica componente dell'ambiente terrestre che è rimasta costante durante l'intero processo di evoluzione biologica. Durante l'evoluzione, quindi, le piante si sono adattate alla gravità terrestre (resistenza alla gravità) per ottimizzare il loro sviluppo sulla Terra e per sopravvivere al meglio, come hanno fatto tutti gli organismi viventi. Questo significa che le piante, come anche gli altri organismi, sono in grado di modificarsi e adattarsi a condizioni di gravità diverse rispetto a quella terrestre: perciò bisogna capire quali sono le caratteristiche che vengono maggiormente modificate e a quali conseguenze possono portare. Quindi si svolgono determinati esperimenti, coltivando le piante in condizioni di gravità alterata (microgravità, ipergravità) nei cosiddetti “Bioregenerative Life Support Systems”, che sono dei veri e propri ecosistemi artificiali “chiusi” costituiti da complesse relazioni simbiotiche tra piante, animali e microrganismi e forniscono un ambiente abitativo simile alla biosfera terrestre, ma senza entrata e uscita di materiale. Tutti gli esperimenti svolti in condizioni di gravità alterata suggeriscono che le piante subiscono cambiamenti in alcune caratteristiche, non solo morfologiche (modifiche nell'allungamento, nell'espansione laterale e nel fototropismo), ma anche molecolari (modifiche nel ciclo cellulare e nell'epigenetica). I sistemi biorigenerativi chiusi vengono utilizzati per identificare i migliori organismi che potrebbero servire agli astronauti per le future missioni spaziali a lungo termine, perché in questo tipo di missioni non sarà possibile far arrivare materiale di alcun tipo dalla Terra vista la distanza, quindi le navicelle e gli astronauti dovranno essere in grado di autogestirsi. Dovranno, perciò, riuscire a produrre ossigeno indipendentemente e assorbire l'anidride carbonica e tutti i rifiuti per poi riciclarli, visto che non è possibile espellerli: ma soprattutto dovranno avere una fonte di cibo adatta, che non sia solo basata su alimenti liofilizzati. Considerate queste condizioni limitanti, si pensa che le candidate migliori per questo tipo di viaggi spaziali siano le alghe, perché sono gli unici organismi che possono, oltre a produrre ossigeno, assorbire l'anidride carbonica e le sostanze di rifiuto per utilizzarle come fonte di energia e pulire l'acqua e l'ambiente. Alcune sono anche commestibili per l'uomo: è quindi molto probabile che saranno loro a essere utilizzate da un equipaggio esteso nei prossimi viaggi spaziali che sono in programma (come quello su Marte).
Studio delle piante in condizioni di gravità alterata per le future missioni spaziali
CAUDANA, MAURA
2019/2020
Abstract
La gravità è l'unica componente dell'ambiente terrestre che è rimasta costante durante l'intero processo di evoluzione biologica. Durante l'evoluzione, quindi, le piante si sono adattate alla gravità terrestre (resistenza alla gravità) per ottimizzare il loro sviluppo sulla Terra e per sopravvivere al meglio, come hanno fatto tutti gli organismi viventi. Questo significa che le piante, come anche gli altri organismi, sono in grado di modificarsi e adattarsi a condizioni di gravità diverse rispetto a quella terrestre: perciò bisogna capire quali sono le caratteristiche che vengono maggiormente modificate e a quali conseguenze possono portare. Quindi si svolgono determinati esperimenti, coltivando le piante in condizioni di gravità alterata (microgravità, ipergravità) nei cosiddetti “Bioregenerative Life Support Systems”, che sono dei veri e propri ecosistemi artificiali “chiusi” costituiti da complesse relazioni simbiotiche tra piante, animali e microrganismi e forniscono un ambiente abitativo simile alla biosfera terrestre, ma senza entrata e uscita di materiale. Tutti gli esperimenti svolti in condizioni di gravità alterata suggeriscono che le piante subiscono cambiamenti in alcune caratteristiche, non solo morfologiche (modifiche nell'allungamento, nell'espansione laterale e nel fototropismo), ma anche molecolari (modifiche nel ciclo cellulare e nell'epigenetica). I sistemi biorigenerativi chiusi vengono utilizzati per identificare i migliori organismi che potrebbero servire agli astronauti per le future missioni spaziali a lungo termine, perché in questo tipo di missioni non sarà possibile far arrivare materiale di alcun tipo dalla Terra vista la distanza, quindi le navicelle e gli astronauti dovranno essere in grado di autogestirsi. Dovranno, perciò, riuscire a produrre ossigeno indipendentemente e assorbire l'anidride carbonica e tutti i rifiuti per poi riciclarli, visto che non è possibile espellerli: ma soprattutto dovranno avere una fonte di cibo adatta, che non sia solo basata su alimenti liofilizzati. Considerate queste condizioni limitanti, si pensa che le candidate migliori per questo tipo di viaggi spaziali siano le alghe, perché sono gli unici organismi che possono, oltre a produrre ossigeno, assorbire l'anidride carbonica e le sostanze di rifiuto per utilizzarle come fonte di energia e pulire l'acqua e l'ambiente. Alcune sono anche commestibili per l'uomo: è quindi molto probabile che saranno loro a essere utilizzate da un equipaggio esteso nei prossimi viaggi spaziali che sono in programma (come quello su Marte).File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/126496