Negli ultimi anni un crescente interesse è stato rivolto all'utilizzo delle sostanze fitochimiche derivate da alimenti ed erbe, dotate di innumerevoli effetti benefici sulla salute umana. L'elaborato si concentra in particolar modo su una di queste molecole bioattive vegetali, il β-cariofillene (BCP), estratto da diverse erbe aromatiche tra cui l'origano, i chiodi di garofano ed il pepe nero, i cui effetti includono proprietà antiobesogene e antinfiammatorie. La sua azione è mediata principalmente dal recettore cannabinoide di tipo 2 (CB2) e dalla famiglia dei recettori attivati da proliferatori perossisomiali, in particolare PPAR-α e PPAR-γ, tutti coinvolti nel metabolismo dei lipidi a livello del tessuto adiposo e del fegato. Il tessuto adiposo può essere distinto in bruno e bianco, il primo ha un ruolo nella termoregolazione, il secondo nella riserva energetica. L'espansione del tessuto adiposo bianco può avvenire sia mediante induzione di ipertrofia (aumento dell'accumulo lipidico per cellula) che iperplasia (aumento del numero delle cellule). Una riduzione della massa adiposa può essere generalmente indotta da molecole che diminuiscono l'espressione e l'attività di PPAR-γ. L'accumulo patologico di grasso conduce all'obesità, un disturbo metabolico in forte aumento che costituisce un fattore di rischio per diverse patologie come la dislipidemia, le patologie cardiovascolari e la steatosi epatica non alcolica (NAFLD). Questo è dovuto al fatto che il tessuto adiposo è, a tutti gli effetti, un tessuto endocrino secernente adipochine e citochine proinfiammatorie che determinano uno stato infiammatorio di basso grado. Il primo studio che ho preso in esame (Geddo et al., 2019) ha indagato l'effetto di un estratto di pepe nero ad alto contenuto di BCP sull'accumulo lipidico in preadipociti (linea 3T3-L1) in via di differenziamento: i risultati mostrano che il BCP è in grado di ridurre l'accumulo di trigliceridi intracellulare già a partire da concentrazioni nanomolari, mentre non ha alcun effetto sulla proliferazione cellulare. Inoltre non ha effetti citotossici sulle cellule, se non a concentrazioni estremamente elevate. Nello studio di Youssef et al., 2019 è stato valutato l'effetto del BCP sulla linea di epatociti HepG2 in cui è stata indotta la NAFLD: i risultati mostrano che il BCP riduce l'accumulo lipidico nelle cellule attraverso l'attivazione del recettore CB2, ed è anche in grado di ridurre l'espressione di mediatori infiammatori. L'ultimo studio che ho preso in esame (Kamikubo et al., 2016) ha indagato gli effetti del BCP in vivo su ratti in cui è stata indotta l'obesità attraverso la dieta. In questo caso il BCP migliora il profilo lipidico nel siero e riduce l'espressione di diversi mediatori proinfiammatori, ripristinando anche la normale istologia dell'aorta. Da questi risultati si può concludere che il BCP rappresenta una strategia promettente per molteplici disturbi metabolici, e potrebbe costituire un supporto alle terapie attualmente in uso, spesso caratterizzate da effetti collaterali.

Effetti e meccanismi dell'azione antinfiammatoria e antiobesogena del β-cariofillene, molecola bioattiva vegetale

COJOCARU, ANDREEA IULIANA
2019/2020

Abstract

Negli ultimi anni un crescente interesse è stato rivolto all'utilizzo delle sostanze fitochimiche derivate da alimenti ed erbe, dotate di innumerevoli effetti benefici sulla salute umana. L'elaborato si concentra in particolar modo su una di queste molecole bioattive vegetali, il β-cariofillene (BCP), estratto da diverse erbe aromatiche tra cui l'origano, i chiodi di garofano ed il pepe nero, i cui effetti includono proprietà antiobesogene e antinfiammatorie. La sua azione è mediata principalmente dal recettore cannabinoide di tipo 2 (CB2) e dalla famiglia dei recettori attivati da proliferatori perossisomiali, in particolare PPAR-α e PPAR-γ, tutti coinvolti nel metabolismo dei lipidi a livello del tessuto adiposo e del fegato. Il tessuto adiposo può essere distinto in bruno e bianco, il primo ha un ruolo nella termoregolazione, il secondo nella riserva energetica. L'espansione del tessuto adiposo bianco può avvenire sia mediante induzione di ipertrofia (aumento dell'accumulo lipidico per cellula) che iperplasia (aumento del numero delle cellule). Una riduzione della massa adiposa può essere generalmente indotta da molecole che diminuiscono l'espressione e l'attività di PPAR-γ. L'accumulo patologico di grasso conduce all'obesità, un disturbo metabolico in forte aumento che costituisce un fattore di rischio per diverse patologie come la dislipidemia, le patologie cardiovascolari e la steatosi epatica non alcolica (NAFLD). Questo è dovuto al fatto che il tessuto adiposo è, a tutti gli effetti, un tessuto endocrino secernente adipochine e citochine proinfiammatorie che determinano uno stato infiammatorio di basso grado. Il primo studio che ho preso in esame (Geddo et al., 2019) ha indagato l'effetto di un estratto di pepe nero ad alto contenuto di BCP sull'accumulo lipidico in preadipociti (linea 3T3-L1) in via di differenziamento: i risultati mostrano che il BCP è in grado di ridurre l'accumulo di trigliceridi intracellulare già a partire da concentrazioni nanomolari, mentre non ha alcun effetto sulla proliferazione cellulare. Inoltre non ha effetti citotossici sulle cellule, se non a concentrazioni estremamente elevate. Nello studio di Youssef et al., 2019 è stato valutato l'effetto del BCP sulla linea di epatociti HepG2 in cui è stata indotta la NAFLD: i risultati mostrano che il BCP riduce l'accumulo lipidico nelle cellule attraverso l'attivazione del recettore CB2, ed è anche in grado di ridurre l'espressione di mediatori infiammatori. L'ultimo studio che ho preso in esame (Kamikubo et al., 2016) ha indagato gli effetti del BCP in vivo su ratti in cui è stata indotta l'obesità attraverso la dieta. In questo caso il BCP migliora il profilo lipidico nel siero e riduce l'espressione di diversi mediatori proinfiammatori, ripristinando anche la normale istologia dell'aorta. Da questi risultati si può concludere che il BCP rappresenta una strategia promettente per molteplici disturbi metabolici, e potrebbe costituire un supporto alle terapie attualmente in uso, spesso caratterizzate da effetti collaterali.
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