I metalli nanoporosi sono caratterizzati dalla struttura dei pori e dei legamenti bicontinua e tridimensionale (3D). Essi hanno ricevuto una notevole attenzione per la loro estesa superficie specifica, per la grande quantità di siti attivi e per l'eccellente conducibilità. Sono stati ampiamente utilizzati nell'elettrocatalisi, nei sensori (bio)elettrochimici, nella conversione/stoccaggio di energia e nelle celle a combustibile. La classificazione è un rilevante aspetto da cui partire per lo studio di questi materiali. Essi possono essere suddivisi seguendo 3 principali criteri: la dimensione dei pori, tipo di network o se si tratta di un materiale ordinato o disordinato. In accordo con la IUPAC, i materiali sono considerati nanoporosi quando la dimensione dei pori è compresa tra 1 e 100 nm. I materiali porosi possono contenere carboni, metalli, ossidi metallici, ibridi inorganici-organici, polimeri. Individuiamo in base al network del materiale due macro categorie corrispondenti a materiali inorganici e materiali organici. Il gruppo più ampio è costituito dai materiali inorganici dove sono presenti anche i metalli nanoporosi. Rispetto alle nanoparticelle metalliche, i metalli monolitici nanoporosi presentano molti vantaggi. In primo luogo, essi evitano il fenomeno dell'agglomerazione. In secondo luogo, possono essere facilmente preparati, riprodotti e impiegati. Per la fabbricazione si utilizza il metodo di dealloying. Si tratta di un processo di corrosione in cui il componente più attivo si dissolve selettivamente in condizioni adeguate permettendo la formazione di una struttura omogenea, autoportante, bicontinua e porosa. I metalli nobili nanoporosi hanno attirato maggiormente l'attenzione grazie alla loro buona stabilità, alla resistenza alla corrosione e alla ampie finestre elettrochimiche. Una delle principali applicazioni di questi metalli è come componente elettrodico all'interno di sensori. L'attività di ricerca e sviluppo nel campo dei sensori è cresciuta moltissimo negli ultimi decenni e le applicazioni di questi dispositivi nella vita quotidiana, nell'industria e nella ricerca aumentano di anno in anno. I sensori possono essere definiti come l'insieme di uno strato chimicamente sensibile, che modifica le proprie proprietà (ad esempio, conducibilità elettrica o assorbimento ottico) per interazione con uno o più analiti, e di un trasduttore, che trasforma tale modificazione in un segnale misurabile. È ora disponibile una grande varietà di sensori basati su principi di rilevamento chimico-fisici differenti. Le tipologie più impiegate sono: sensori calorimetrici, sensori ottici, sensori piezoelettrici, polimeri conduttori e sensori elettrochimici. Un biosensore, che sia chimico o elettrochimico, utilizza come ricettore un composto biologico (ricettore biochimico come ad esempio un enzima) il quale sfrutta un meccanismo biochimico per sua natura molto selettivo. Si parlerà dunque di biosensore elettrochimico in cui recettore e trasduttore elettrochimico saranno a diretto contatto fisico. E' inoltre presente una generazione di sensori che non utilizza tale funzionamento. Non si tratta più di biosensori siccome essi non sfruttano un ricettore biochimico per rilevare l'analita in questione. Prendono il nome di sensori elettrochimici non enzimatici. Sono stati dunque sviluppati e costruiti sensori elettrochimici non enzimatici basati su leghe nanoporose per il rilevamento di alcune piccole molecole, come ad esempio glucosio, H2O2.

Applicazione di metalli nanoporosi in sensori elettrochimici per rilevazioni di piccole biomolecole

VASCHETTO, DIEGO
2019/2020

Abstract

I metalli nanoporosi sono caratterizzati dalla struttura dei pori e dei legamenti bicontinua e tridimensionale (3D). Essi hanno ricevuto una notevole attenzione per la loro estesa superficie specifica, per la grande quantità di siti attivi e per l'eccellente conducibilità. Sono stati ampiamente utilizzati nell'elettrocatalisi, nei sensori (bio)elettrochimici, nella conversione/stoccaggio di energia e nelle celle a combustibile. La classificazione è un rilevante aspetto da cui partire per lo studio di questi materiali. Essi possono essere suddivisi seguendo 3 principali criteri: la dimensione dei pori, tipo di network o se si tratta di un materiale ordinato o disordinato. In accordo con la IUPAC, i materiali sono considerati nanoporosi quando la dimensione dei pori è compresa tra 1 e 100 nm. I materiali porosi possono contenere carboni, metalli, ossidi metallici, ibridi inorganici-organici, polimeri. Individuiamo in base al network del materiale due macro categorie corrispondenti a materiali inorganici e materiali organici. Il gruppo più ampio è costituito dai materiali inorganici dove sono presenti anche i metalli nanoporosi. Rispetto alle nanoparticelle metalliche, i metalli monolitici nanoporosi presentano molti vantaggi. In primo luogo, essi evitano il fenomeno dell'agglomerazione. In secondo luogo, possono essere facilmente preparati, riprodotti e impiegati. Per la fabbricazione si utilizza il metodo di dealloying. Si tratta di un processo di corrosione in cui il componente più attivo si dissolve selettivamente in condizioni adeguate permettendo la formazione di una struttura omogenea, autoportante, bicontinua e porosa. I metalli nobili nanoporosi hanno attirato maggiormente l'attenzione grazie alla loro buona stabilità, alla resistenza alla corrosione e alla ampie finestre elettrochimiche. Una delle principali applicazioni di questi metalli è come componente elettrodico all'interno di sensori. L'attività di ricerca e sviluppo nel campo dei sensori è cresciuta moltissimo negli ultimi decenni e le applicazioni di questi dispositivi nella vita quotidiana, nell'industria e nella ricerca aumentano di anno in anno. I sensori possono essere definiti come l'insieme di uno strato chimicamente sensibile, che modifica le proprie proprietà (ad esempio, conducibilità elettrica o assorbimento ottico) per interazione con uno o più analiti, e di un trasduttore, che trasforma tale modificazione in un segnale misurabile. È ora disponibile una grande varietà di sensori basati su principi di rilevamento chimico-fisici differenti. Le tipologie più impiegate sono: sensori calorimetrici, sensori ottici, sensori piezoelettrici, polimeri conduttori e sensori elettrochimici. Un biosensore, che sia chimico o elettrochimico, utilizza come ricettore un composto biologico (ricettore biochimico come ad esempio un enzima) il quale sfrutta un meccanismo biochimico per sua natura molto selettivo. Si parlerà dunque di biosensore elettrochimico in cui recettore e trasduttore elettrochimico saranno a diretto contatto fisico. E' inoltre presente una generazione di sensori che non utilizza tale funzionamento. Non si tratta più di biosensori siccome essi non sfruttano un ricettore biochimico per rilevare l'analita in questione. Prendono il nome di sensori elettrochimici non enzimatici. Sono stati dunque sviluppati e costruiti sensori elettrochimici non enzimatici basati su leghe nanoporose per il rilevamento di alcune piccole molecole, come ad esempio glucosio, H2O2.
ITA
IMPORT DA TESIONLINE
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
860820_tesi.pdf

non disponibili

Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 1.4 MB
Formato Adobe PDF
1.4 MB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/126426