Nel corso dell'elaborato emerge che la censura televisiva non avviene mai in modo esplicito, non essendo ammissibile in un Paese democratico. Perciò il censore di turno legittima la propria azione riconducendola ad atti consentiti dal diritto. Nel primo capitolo della tesi è evidenziato che la televisione degli anni Cinquanta ha lo scopo di riunire zone d'Italia con caratteristiche diverse ed è un ottimo mezzo per indottrinare le masse. Proprio per questo si cerca di veicolare un'unica morale, quella cattolica, senza lasciare spazio ad altre correnti di pensiero. Per raggiungere questo obiettivo si arriva a stilare una lista di parole da non pronunciare e a redigere un documento in cui sono spiegate delle modalità censorie, cosa deve e cosa non deve essere trasmesso sul piccolo schermo. In alcuni casi la televisione ha cercato di essere lungimirante, grazie a personalità come Ettore Bernabei: a lui va dato il merito di aver scommesso su un tema delicato come la satira sociale. Credeva che fosse arrivato il momento giusto per introdurre sul piccolo schermo i temi che infiammavano le pagine dei giornali e perciò ha scelto la chiave dell'ironia, chiamando a svolgere questo compito il duo Fo-Rame. Se il clima, prima dell'inizio di quell'edizione di "Canzonissima", era sereno, con il passare delle puntate sono emerse tutte le contraddizioni di una televisione che non era ancora pronta a raccontare la realtà dal punto di vista ironico. La censura infatti ha rappresentato un ostacolo importante nel progetto di portare la satira politica e sociale davanti a milioni di telespettatori. Nonostante il duo non sia riuscito a resistere alle oppressioni censorie e si sia ritirato anzitempo dal suo incarico, si può dire che il terremoto suscitato quell'anno a "Canzonissima" è stato un monito per le azioni future della Rai. Con il loro gesto ribelle, Dario Fo e Franca Rame hanno portato alla luce ciò che tutti sapevano ma nessuno voleva confessare: in Rai la censura esisteva, non si trattava di semplici consigli sulla messa in onda di un programma. Il tentativo di portare la realtà sul piccolo schermo attraverso la satira è dunque fallito, ma negli anni Novanta la televisione ha dovuto adeguarsi a una società in cambiamento e si è dovuta, in un certo senso, modernizzare: in ciò un punto fondamentale rappresenta l'introduzione del concetto di tv-realtà. Dall'elaborato emerge che se negli anni Sessanta, attraverso la satira, era la realtà ad andare in televisione, negli anni Novanta è la televisione che si insinua nelle molteplici sfaccettature della realtà. Entra nelle aule dei tribunali, negli ospedali e nelle scuole e racconta il tutto dettando i propri tempi. Anche questo tentativo non è esente da critiche e censure, ma ormai il momento è propizio e da trasmissioni come "Telefono giallo" ne nascono altre con la stessa impronta. La tv-realtà, inoltre, pone interessanti interrogativi sui limiti della televisione: fino a che punto si può giungere per raccontare la realtà senza filtri? Quale prezzo deve pagare? Il rischio infatti è di esaltare figure come quelle dei criminali, che possono essere imitati.

Censura televisiva - Ciò che (non) succede sullo schermo

SELVINI, CARLO
2019/2020

Abstract

Nel corso dell'elaborato emerge che la censura televisiva non avviene mai in modo esplicito, non essendo ammissibile in un Paese democratico. Perciò il censore di turno legittima la propria azione riconducendola ad atti consentiti dal diritto. Nel primo capitolo della tesi è evidenziato che la televisione degli anni Cinquanta ha lo scopo di riunire zone d'Italia con caratteristiche diverse ed è un ottimo mezzo per indottrinare le masse. Proprio per questo si cerca di veicolare un'unica morale, quella cattolica, senza lasciare spazio ad altre correnti di pensiero. Per raggiungere questo obiettivo si arriva a stilare una lista di parole da non pronunciare e a redigere un documento in cui sono spiegate delle modalità censorie, cosa deve e cosa non deve essere trasmesso sul piccolo schermo. In alcuni casi la televisione ha cercato di essere lungimirante, grazie a personalità come Ettore Bernabei: a lui va dato il merito di aver scommesso su un tema delicato come la satira sociale. Credeva che fosse arrivato il momento giusto per introdurre sul piccolo schermo i temi che infiammavano le pagine dei giornali e perciò ha scelto la chiave dell'ironia, chiamando a svolgere questo compito il duo Fo-Rame. Se il clima, prima dell'inizio di quell'edizione di "Canzonissima", era sereno, con il passare delle puntate sono emerse tutte le contraddizioni di una televisione che non era ancora pronta a raccontare la realtà dal punto di vista ironico. La censura infatti ha rappresentato un ostacolo importante nel progetto di portare la satira politica e sociale davanti a milioni di telespettatori. Nonostante il duo non sia riuscito a resistere alle oppressioni censorie e si sia ritirato anzitempo dal suo incarico, si può dire che il terremoto suscitato quell'anno a "Canzonissima" è stato un monito per le azioni future della Rai. Con il loro gesto ribelle, Dario Fo e Franca Rame hanno portato alla luce ciò che tutti sapevano ma nessuno voleva confessare: in Rai la censura esisteva, non si trattava di semplici consigli sulla messa in onda di un programma. Il tentativo di portare la realtà sul piccolo schermo attraverso la satira è dunque fallito, ma negli anni Novanta la televisione ha dovuto adeguarsi a una società in cambiamento e si è dovuta, in un certo senso, modernizzare: in ciò un punto fondamentale rappresenta l'introduzione del concetto di tv-realtà. Dall'elaborato emerge che se negli anni Sessanta, attraverso la satira, era la realtà ad andare in televisione, negli anni Novanta è la televisione che si insinua nelle molteplici sfaccettature della realtà. Entra nelle aule dei tribunali, negli ospedali e nelle scuole e racconta il tutto dettando i propri tempi. Anche questo tentativo non è esente da critiche e censure, ma ormai il momento è propizio e da trasmissioni come "Telefono giallo" ne nascono altre con la stessa impronta. La tv-realtà, inoltre, pone interessanti interrogativi sui limiti della televisione: fino a che punto si può giungere per raccontare la realtà senza filtri? Quale prezzo deve pagare? Il rischio infatti è di esaltare figure come quelle dei criminali, che possono essere imitati.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/126393