Le sentenze additive sono una tipologia di sentenza costituzionale con la quale la Corte accoglie la questione di legittimità, e che si distingue da tutte le altre sentenze di accoglimento per il fatto di possedere la peculiarità che con tale pronuncia la Corte non dichiara incostituzionale e non annulla semplicemente la disposizione impugnata, ma si addentra in un’analisi della disposizione in questione ancora più profonda. Infatti la Corte mediante la pronuncia nelle sentenze additive è in grado di individuare e colpire ciò che il legislatore non ha inserito nella disposizione o ciò che comunque la disposizione non è in grado di esprimere, ma che invece, ai fini della conformità a Costituzione e dell’attuazione dei principi in essa contenuti, avrebbe dovuto esprimere, ed è la Corte stessa a indicare quella regola, quella norma, che la disposizione doveva contenere. L’aspetto principale di tale strumento che ha creato scalpore e ha fatto sorgere un dibattito, tutt’ora acceso, è che con la pronuncia di questo genere di sentenze la Corte irrompe e sconfina in un’area che è riservata al legislatore; e a tal riguardo le opinioni si dividono tra chi nega la classificazione di un intervento così incisivo della Corte come intromissione, e chi invece accusa la Corte di usurpare un potere che non gli spetterebbe. L’obiettivo che intendo perseguire con questo lavoro non è stabilire una risposta decisiva al quesito se tali pronunce siano considerabili ammissibili o meno, ma piuttosto spiegare come è fatto e quali effetti produce lo strumento della sentenza additiva e dare un quadro generale del panorama in cui si muove la Corte nel pronunciare queste decisioni, segnalando poi le motivazioni che spingono coloro che sostengono od ostacolano l’impiego di questo mezzo di risoluzione delle questioni di legittimità costituzionale.

Le sentenze additive della Corte costituzionale

TALLONE, ALBERTO ALDO
2020/2021

Abstract

Le sentenze additive sono una tipologia di sentenza costituzionale con la quale la Corte accoglie la questione di legittimità, e che si distingue da tutte le altre sentenze di accoglimento per il fatto di possedere la peculiarità che con tale pronuncia la Corte non dichiara incostituzionale e non annulla semplicemente la disposizione impugnata, ma si addentra in un’analisi della disposizione in questione ancora più profonda. Infatti la Corte mediante la pronuncia nelle sentenze additive è in grado di individuare e colpire ciò che il legislatore non ha inserito nella disposizione o ciò che comunque la disposizione non è in grado di esprimere, ma che invece, ai fini della conformità a Costituzione e dell’attuazione dei principi in essa contenuti, avrebbe dovuto esprimere, ed è la Corte stessa a indicare quella regola, quella norma, che la disposizione doveva contenere. L’aspetto principale di tale strumento che ha creato scalpore e ha fatto sorgere un dibattito, tutt’ora acceso, è che con la pronuncia di questo genere di sentenze la Corte irrompe e sconfina in un’area che è riservata al legislatore; e a tal riguardo le opinioni si dividono tra chi nega la classificazione di un intervento così incisivo della Corte come intromissione, e chi invece accusa la Corte di usurpare un potere che non gli spetterebbe. L’obiettivo che intendo perseguire con questo lavoro non è stabilire una risposta decisiva al quesito se tali pronunce siano considerabili ammissibili o meno, ma piuttosto spiegare come è fatto e quali effetti produce lo strumento della sentenza additiva e dare un quadro generale del panorama in cui si muove la Corte nel pronunciare queste decisioni, segnalando poi le motivazioni che spingono coloro che sostengono od ostacolano l’impiego di questo mezzo di risoluzione delle questioni di legittimità costituzionale.
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