La costante ricerca e evoluzione nel campo medico hanno portato gli scienziati a cercare materiali sempre più biocompatibili e duraturi per la produzione di protesi articolari sostitutive. Se si prova a dare uno sguardo al passato, medici come J. Lister e Lane of England avevano già avuto a che fare con applicazioni ortopediche di questo tipo, ma i metalli a disposizione (ferro, oro e argento) non furono abbastanza funzionali. La scoperta delle leghe metalliche, invece, comportò un netto miglioramento delle proprietà meccaniche e soprattutto della biocompatibilità di tali dispositivi. Con il termine “biocompatibilità” si intende la capacità di un materiale di svolgere le funzioni desiderate rispetto a una terapia medica, di indurre una risposta appropriata dell'ospite in una specifica applicazione e di interagire con i sistemi viventi senza avere alcun rischio di lesioni, tossicità o rigetto da parte del sistema immunitario ed effetti locali o sistemici indesiderati o inappropriati. Si prevede quindi che un impianto metallico sia composto da elementi non tossici e specifici, che rispettano alla perfezione le caratteristiche principali della biocompatibilità, quali: alta resistenza alla corrosione, proprietà meccaniche idonee, alta resistenza all'usura e una buona osso-integrazione e citocompatibilità. Per migliorare la biocompatibilità delle leghe per una possibile applicazione in campo ortopedico, si riporta la tecnica di laser cladding trattata nell'articolo intitolato ““Developing a new laser cladded FeCrMoCB metallic glass layer on nickelfree stainless-steel as a potential superior wear-resistant coating for jointreplacement implants “, utilizzata per rivestire dei campioni di un acciaio martensitico inossidabile e nitrurato (Cronidur30) e come rivestimento viene utilizzata la polvere amorfo-cristallina FeCrMoCB. Durante la preparazione dei campioni, il substrato di Cronidur30 viene inizialmente ricoperto dalla polvere amorfa FeCrMoCB e il laser passa sulla superficie fondendo una zona limitata del campione. Essendo che tale tecnica utilizza il principio della saldatura, viene fusa non solamente la polvere, ma anche parte della superficie dell'acciaio, creando un legame metallurgico tra essi. Il laser, quando passa sulla superficie e la riscalda, provoca la formazione di una sfera di fuso nella porzione di materiale sottostante, che si sposta seguendo la scansione del laser. Considerando il fatto che, rispetto alla quantità di materiale ad alta temperatura quella fredda è tanto maggiore, le zone colpite dal laser raffreddano subito, impedendo alla struttura di cristallizzare. Durante il processo di raffreddamento, però, può succedere che tra due tracce di laser adiacenti si formino nuovamente delle fasi cristalline, dovute al passaggio della sfera di fuso su una traccia già amorfa. Con questa tecnica si ottengono campioni di metalli amorfi, considerati estremamente resistenti alla corrosione e all'usura: la loro struttura amorfa è infatti priva di bordi di grano (difettuali), zone in cui si possono innescare delle corrosioni galvaniche. Inoltre, l'assenza di piani reticolari che possono dislocarsi sotto l'applicazione di una forza, rende il dispositivo estremamente resistente all'usura. La possibile formazione di fasi cristalline durante la preparazione spiegata precedentemente, può infragilire i campioni e renderli meno biocompatibli.
Il laser cladding come tecnica di rivestimento di leghe metalliche nella realizzazione di protesi articolari
GARETTO, BEATRICE
2019/2020
Abstract
La costante ricerca e evoluzione nel campo medico hanno portato gli scienziati a cercare materiali sempre più biocompatibili e duraturi per la produzione di protesi articolari sostitutive. Se si prova a dare uno sguardo al passato, medici come J. Lister e Lane of England avevano già avuto a che fare con applicazioni ortopediche di questo tipo, ma i metalli a disposizione (ferro, oro e argento) non furono abbastanza funzionali. La scoperta delle leghe metalliche, invece, comportò un netto miglioramento delle proprietà meccaniche e soprattutto della biocompatibilità di tali dispositivi. Con il termine “biocompatibilità” si intende la capacità di un materiale di svolgere le funzioni desiderate rispetto a una terapia medica, di indurre una risposta appropriata dell'ospite in una specifica applicazione e di interagire con i sistemi viventi senza avere alcun rischio di lesioni, tossicità o rigetto da parte del sistema immunitario ed effetti locali o sistemici indesiderati o inappropriati. Si prevede quindi che un impianto metallico sia composto da elementi non tossici e specifici, che rispettano alla perfezione le caratteristiche principali della biocompatibilità, quali: alta resistenza alla corrosione, proprietà meccaniche idonee, alta resistenza all'usura e una buona osso-integrazione e citocompatibilità. Per migliorare la biocompatibilità delle leghe per una possibile applicazione in campo ortopedico, si riporta la tecnica di laser cladding trattata nell'articolo intitolato ““Developing a new laser cladded FeCrMoCB metallic glass layer on nickelfree stainless-steel as a potential superior wear-resistant coating for jointreplacement implants “, utilizzata per rivestire dei campioni di un acciaio martensitico inossidabile e nitrurato (Cronidur30) e come rivestimento viene utilizzata la polvere amorfo-cristallina FeCrMoCB. Durante la preparazione dei campioni, il substrato di Cronidur30 viene inizialmente ricoperto dalla polvere amorfa FeCrMoCB e il laser passa sulla superficie fondendo una zona limitata del campione. Essendo che tale tecnica utilizza il principio della saldatura, viene fusa non solamente la polvere, ma anche parte della superficie dell'acciaio, creando un legame metallurgico tra essi. Il laser, quando passa sulla superficie e la riscalda, provoca la formazione di una sfera di fuso nella porzione di materiale sottostante, che si sposta seguendo la scansione del laser. Considerando il fatto che, rispetto alla quantità di materiale ad alta temperatura quella fredda è tanto maggiore, le zone colpite dal laser raffreddano subito, impedendo alla struttura di cristallizzare. Durante il processo di raffreddamento, però, può succedere che tra due tracce di laser adiacenti si formino nuovamente delle fasi cristalline, dovute al passaggio della sfera di fuso su una traccia già amorfa. Con questa tecnica si ottengono campioni di metalli amorfi, considerati estremamente resistenti alla corrosione e all'usura: la loro struttura amorfa è infatti priva di bordi di grano (difettuali), zone in cui si possono innescare delle corrosioni galvaniche. Inoltre, l'assenza di piani reticolari che possono dislocarsi sotto l'applicazione di una forza, rende il dispositivo estremamente resistente all'usura. La possibile formazione di fasi cristalline durante la preparazione spiegata precedentemente, può infragilire i campioni e renderli meno biocompatibli.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
869430_tesifinale.pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
2.28 MB
Formato
Adobe PDF
|
2.28 MB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/125859