Il lavoro proposto in questa dissertazione nasce dall'interesse personale per il teatro di narrazione, un genere teatrale che, in Italia, a partire dalla fine degli anni Ottanta, ha conquistato sempre maggiori spazi nel panorama teatrale riscuotendo un grande successo di pubblico. Il mondo della narrazione teatrale è assai vario e organico, dunque ho scelto di concentrarmi sulle origini di questo genere e sugli esponenti della cosiddetta “prima generazione”: Marco Baliani, Marco Paolini e Laura Curino. Di ognuno di questi grandi artisti è stata analizzata la formazione teatrale, i modelli a cui si ispirano, e uno spettacolo che ha segnato la storia della narrazione. Il lavoro di ricerca bibliografica è stato svolto su alcuni celebri manuali che affrontano il tema della narrazione, quali La bottega dei narratori1 di Gerardo Guccini e Sulla scena del racconto2 di Simone Soriani, sui testi degli spettacoli, su diversi articoli di Prove di drammaturgia, rivista di inchieste teatrali, su alcune monografie sugli attori, come Marco Baliani3 di Silvia Bottiroli e su articoli vari di illustri studiosi di teatro come Oliviero Ponte di Pino. La tesi è articolata in quattro capitoli: il primo analizza le caratteristiche del teatro di narrazione, le origini e i modelli di ispirazione (il più importante dei quali è Dario Fo con le sue giullarate), e i motivi del grande successo riscosso da questo genere. Nel secondo capitolo si esamina la formazione teatrale di Marco Baliani e si analizza lo spettacolo Kohlhaas, che dà il la al genere della narrazione. Nel terzo, dopo un approfondimento sull'educazione teatrale di Marco Paolini, viene analizzato lo spettacolo Il racconto del Vajont, primo spettacolo di narrazione a essere trasmesso in televisione. Il quarto e ultimo capitolo è incentrato su Laura Curino e del Laboratorio Teatro Settimo, di cui l'attrice torinese è una delle fondatrici, e dello spettacolo Camillo Olivetti: alle radici di un sogno, con il quale l'attrice fa immergere splendidamente lo spettatore nella storia di Olivetti e del suo forte legame con Ivrea. Nell'analisi che viene proposta degli spettacoli è stato tenuto conto del testo (dei suoi blocchi tematici, della sua struttura e di come si sviluppa), della performance attoriale (analizzando dettagliatamente l'utilizzo del corpo e della voce) e dei codici linguistici teatrali (scenografie, costumi, musiche e luci). Di ogni spettacolo sono stati inseriti dei fotogrammi per rendere ulteriormente comprensibili degli aspetti chiave della messinscena. Grazie a questo lavoro di ricerca è stato possibile individuare alcuni punti in comune dei tre esponenti della “prima generazione”, come gli esordi teatrali legati al teatro ragazzi e l'insofferenza nei confronti del teatro classico, ma anche le diverse peculiarità nel modo di approcciarsi a un testo e di metterlo in scena. L'obiettivo di questa tesi è quello di comprendere come i “narr-attori”- così viene definita questa emblematica figura che racchiude al proprio interno il lavoro di autore, regista e attore - riescano stando da soli sul palco a “rendere visibile l'invisibile”, accontando una storia in grado di imprimersi con forza nella memoria e nell'immaginario degli spettatori.
Rendere visibile l'invisibile: Il teatro di narrazione e le sue origini
PORFIDO, RICCARDO
2019/2020
Abstract
Il lavoro proposto in questa dissertazione nasce dall'interesse personale per il teatro di narrazione, un genere teatrale che, in Italia, a partire dalla fine degli anni Ottanta, ha conquistato sempre maggiori spazi nel panorama teatrale riscuotendo un grande successo di pubblico. Il mondo della narrazione teatrale è assai vario e organico, dunque ho scelto di concentrarmi sulle origini di questo genere e sugli esponenti della cosiddetta “prima generazione”: Marco Baliani, Marco Paolini e Laura Curino. Di ognuno di questi grandi artisti è stata analizzata la formazione teatrale, i modelli a cui si ispirano, e uno spettacolo che ha segnato la storia della narrazione. Il lavoro di ricerca bibliografica è stato svolto su alcuni celebri manuali che affrontano il tema della narrazione, quali La bottega dei narratori1 di Gerardo Guccini e Sulla scena del racconto2 di Simone Soriani, sui testi degli spettacoli, su diversi articoli di Prove di drammaturgia, rivista di inchieste teatrali, su alcune monografie sugli attori, come Marco Baliani3 di Silvia Bottiroli e su articoli vari di illustri studiosi di teatro come Oliviero Ponte di Pino. La tesi è articolata in quattro capitoli: il primo analizza le caratteristiche del teatro di narrazione, le origini e i modelli di ispirazione (il più importante dei quali è Dario Fo con le sue giullarate), e i motivi del grande successo riscosso da questo genere. Nel secondo capitolo si esamina la formazione teatrale di Marco Baliani e si analizza lo spettacolo Kohlhaas, che dà il la al genere della narrazione. Nel terzo, dopo un approfondimento sull'educazione teatrale di Marco Paolini, viene analizzato lo spettacolo Il racconto del Vajont, primo spettacolo di narrazione a essere trasmesso in televisione. Il quarto e ultimo capitolo è incentrato su Laura Curino e del Laboratorio Teatro Settimo, di cui l'attrice torinese è una delle fondatrici, e dello spettacolo Camillo Olivetti: alle radici di un sogno, con il quale l'attrice fa immergere splendidamente lo spettatore nella storia di Olivetti e del suo forte legame con Ivrea. Nell'analisi che viene proposta degli spettacoli è stato tenuto conto del testo (dei suoi blocchi tematici, della sua struttura e di come si sviluppa), della performance attoriale (analizzando dettagliatamente l'utilizzo del corpo e della voce) e dei codici linguistici teatrali (scenografie, costumi, musiche e luci). Di ogni spettacolo sono stati inseriti dei fotogrammi per rendere ulteriormente comprensibili degli aspetti chiave della messinscena. Grazie a questo lavoro di ricerca è stato possibile individuare alcuni punti in comune dei tre esponenti della “prima generazione”, come gli esordi teatrali legati al teatro ragazzi e l'insofferenza nei confronti del teatro classico, ma anche le diverse peculiarità nel modo di approcciarsi a un testo e di metterlo in scena. L'obiettivo di questa tesi è quello di comprendere come i “narr-attori”- così viene definita questa emblematica figura che racchiude al proprio interno il lavoro di autore, regista e attore - riescano stando da soli sul palco a “rendere visibile l'invisibile”, accontando una storia in grado di imprimersi con forza nella memoria e nell'immaginario degli spettatori.File | Dimensione | Formato | |
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