Luigi Pareyson viene considerato uno dei più grandi filosofi italiani del XX secolo. Uno dei principali meriti attribuibili al filosofo consiste nell'aver introdotto in Italia la filosofia esistenzialistica tedesca. In secondo luogo, contestò la filosofia neo-idealista di Croce e Gentile nei quali non trovò un'esaustiva constatazione del carattere tragico dell'esistenza. Inoltre, e soprattutto, Pareyson sviluppò un'attenta ed originale forma di filosofia esistenzialistica volta a comprendere le problematiche contemporanee come il conflitto mondiale. Egli nasce il 4 febbraio 1918 a Piasco (Cuneo), un piccolo paese ai piedi della Valle Varaita da Leone Pareyson e Leontina Coccoz. Pareyson riceve una severa educazione cattolica per volontà della madre, con partico-lare sensibilità nei confronti della sofferenza e dell'esistenza, forgiandosi un carattere serio, rigoroso e brillante. Intraprende la sua formazione scolastica a Torino ove frequenta prima il liceo classico, successivamente la Facoltà di Lettere e Filosofia. Durante gli anni dell'Università matura l'interesse per l'esistenzialismo, dedicandosi in particolar modo allo studio di Kierkegaard, Karl Jaspers, Martin Heidegger e Karl Barth. Una volta laureatosi nel 1939, egli avvia quella che diventa la prima fase del suo pensiero dedicata al per-sonalismo ontologico (1939-1950) all'interno della quale viene sviluppato un particolare interesse sull'esistenza singola e finita della persona. Secondo Pareyson, si può fare filosofia solo se si parte dalla propria situazione finita tenendo presente i limiti culturali, strutturali e situazionali e riconoscendosi sempre come finitamente collocati. Nel presente elaborato, si prende in considerazione la nozione di ve-rità che emerge in ¿Verità e interpretazione¿ (1971). Nel primo capitolo si affronta la particolare condizione della verità nella società degli anni Ses-santa fortemente ideologizzata. In questo quadro Pareyson ripercorre due grandi modalità di pensiero: quello espressivo e quello rivelativo. Attraverso il primo, l'uomo sceglie liberamente di confinarsi nella situazione storica, razionale e pragmatica senza voler andare oltre. Con la seconda, invece, la persona si apre all'essere, a quel lato sorgivo, nascosto, finito, personale della natura umana, utile per il raggiungimento della verità intesa come ¿sorgente¿ e ¿origine¿. Tuttavia, questo non vuol dire che l'approccio espressivo sia completamente da eliminare. Bisogna che si dia più spazio alla propria situazione finita e che, attraverso questa, ci sia collaborazione con il lato espressivo. Infatti, l'autore vuole che entrambi i lati cooperino insieme nei confronti della verità e solo attraverso l'interpretazione, caratterizzata proprio dall'inseparabilità di aspetto espressivo e rivelativo, si può accedere alla verità.
verità e libertà, attraverso la teoria ermeneutica di luigi pareyson
CARLUZZO, PIETRO
2014/2015
Abstract
Luigi Pareyson viene considerato uno dei più grandi filosofi italiani del XX secolo. Uno dei principali meriti attribuibili al filosofo consiste nell'aver introdotto in Italia la filosofia esistenzialistica tedesca. In secondo luogo, contestò la filosofia neo-idealista di Croce e Gentile nei quali non trovò un'esaustiva constatazione del carattere tragico dell'esistenza. Inoltre, e soprattutto, Pareyson sviluppò un'attenta ed originale forma di filosofia esistenzialistica volta a comprendere le problematiche contemporanee come il conflitto mondiale. Egli nasce il 4 febbraio 1918 a Piasco (Cuneo), un piccolo paese ai piedi della Valle Varaita da Leone Pareyson e Leontina Coccoz. Pareyson riceve una severa educazione cattolica per volontà della madre, con partico-lare sensibilità nei confronti della sofferenza e dell'esistenza, forgiandosi un carattere serio, rigoroso e brillante. Intraprende la sua formazione scolastica a Torino ove frequenta prima il liceo classico, successivamente la Facoltà di Lettere e Filosofia. Durante gli anni dell'Università matura l'interesse per l'esistenzialismo, dedicandosi in particolar modo allo studio di Kierkegaard, Karl Jaspers, Martin Heidegger e Karl Barth. Una volta laureatosi nel 1939, egli avvia quella che diventa la prima fase del suo pensiero dedicata al per-sonalismo ontologico (1939-1950) all'interno della quale viene sviluppato un particolare interesse sull'esistenza singola e finita della persona. Secondo Pareyson, si può fare filosofia solo se si parte dalla propria situazione finita tenendo presente i limiti culturali, strutturali e situazionali e riconoscendosi sempre come finitamente collocati. Nel presente elaborato, si prende in considerazione la nozione di ve-rità che emerge in ¿Verità e interpretazione¿ (1971). Nel primo capitolo si affronta la particolare condizione della verità nella società degli anni Ses-santa fortemente ideologizzata. In questo quadro Pareyson ripercorre due grandi modalità di pensiero: quello espressivo e quello rivelativo. Attraverso il primo, l'uomo sceglie liberamente di confinarsi nella situazione storica, razionale e pragmatica senza voler andare oltre. Con la seconda, invece, la persona si apre all'essere, a quel lato sorgivo, nascosto, finito, personale della natura umana, utile per il raggiungimento della verità intesa come ¿sorgente¿ e ¿origine¿. Tuttavia, questo non vuol dire che l'approccio espressivo sia completamente da eliminare. Bisogna che si dia più spazio alla propria situazione finita e che, attraverso questa, ci sia collaborazione con il lato espressivo. Infatti, l'autore vuole che entrambi i lati cooperino insieme nei confronti della verità e solo attraverso l'interpretazione, caratterizzata proprio dall'inseparabilità di aspetto espressivo e rivelativo, si può accedere alla verità.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/12525