According to the Article 22 of the Charter of Fundamental Rights of the European Union, which declares that “the Union shall respect cultural, religious and linguistic diversity”, the protection of languages is among the European citizen’s essential rights. The maintenance of linguistic diversity is indeed one of the first subjects that the EU debated with the Regulation No 1 in 1958, which followed the international organization’s territorial expansion over the years, reaching today’s twenty-four official languages. At least on paper, the EU declines to use a lingua franca but this principle shows its weakness when it comes to interpretation and translation, since English is the most widely employed language thanks to its global linguistic predominance and practicality. In light of the Brexit events, which determined – for the very first time – the application of the Article 50 of the Treaty on European Union and the exit of the United Kingdom after forty-seven years, academics wonder what consequences this choice will bring on political and linguistic levels.

“L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica”: così recita l’art. 22 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea che ascrive il rispetto e la salvaguardia delle lingue tra i diritti imprescindibili del cittadino europeo. L’importanza del mantenimento della diversità linguistica figura, infatti, tra le prime materie su cui l’organizzazione internazionale si è espressa con il Regolamento n°1 del 1958, il quale ha seguito di pari passo l’ampliamento del numero degli Stati dell’Unione Europea aggiungendo, nel corso degli anni, le lingue ufficiali dei nuovi membri fino ad arrivare alle odierne ventiquattro. Per lo meno sulla carta, l’organizzazione internazionale si rifiuta di operare tramite l’utilizzo esclusivo di una o più lingue veicolari. Questo principio mostra, però, tutta la sua debolezza nell’ambito dell’interpretazione e della traduzione dei documenti ufficiali, dove l’inglese la fa da padrone per ragioni di predominanza linguistica di livello globale e praticità. Proprio riguardo all’inglese, alla luce degli eventi legati alla Brexit che hanno determinato – per la prima volta nella storia dell’organizzazione internazionale – l’applicazione dell’art. 50 del Trattato sull’Unione Europea favorendo, dopo quarantasette anni, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, è molto interessante capire quali saranno le conseguenze sul piano politico-linguistico di una tale scelta.

La politica multilinguistica dell’Unione Europea. Il caso Brexit e il futuro della lingua inglese

DI MARTINO, DORIANA
2019/2020

Abstract

“L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica”: così recita l’art. 22 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea che ascrive il rispetto e la salvaguardia delle lingue tra i diritti imprescindibili del cittadino europeo. L’importanza del mantenimento della diversità linguistica figura, infatti, tra le prime materie su cui l’organizzazione internazionale si è espressa con il Regolamento n°1 del 1958, il quale ha seguito di pari passo l’ampliamento del numero degli Stati dell’Unione Europea aggiungendo, nel corso degli anni, le lingue ufficiali dei nuovi membri fino ad arrivare alle odierne ventiquattro. Per lo meno sulla carta, l’organizzazione internazionale si rifiuta di operare tramite l’utilizzo esclusivo di una o più lingue veicolari. Questo principio mostra, però, tutta la sua debolezza nell’ambito dell’interpretazione e della traduzione dei documenti ufficiali, dove l’inglese la fa da padrone per ragioni di predominanza linguistica di livello globale e praticità. Proprio riguardo all’inglese, alla luce degli eventi legati alla Brexit che hanno determinato – per la prima volta nella storia dell’organizzazione internazionale – l’applicazione dell’art. 50 del Trattato sull’Unione Europea favorendo, dopo quarantasette anni, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, è molto interessante capire quali saranno le conseguenze sul piano politico-linguistico di una tale scelta.
ITA
According to the Article 22 of the Charter of Fundamental Rights of the European Union, which declares that “the Union shall respect cultural, religious and linguistic diversity”, the protection of languages is among the European citizen’s essential rights. The maintenance of linguistic diversity is indeed one of the first subjects that the EU debated with the Regulation No 1 in 1958, which followed the international organization’s territorial expansion over the years, reaching today’s twenty-four official languages. At least on paper, the EU declines to use a lingua franca but this principle shows its weakness when it comes to interpretation and translation, since English is the most widely employed language thanks to its global linguistic predominance and practicality. In light of the Brexit events, which determined – for the very first time – the application of the Article 50 of the Treaty on European Union and the exit of the United Kingdom after forty-seven years, academics wonder what consequences this choice will bring on political and linguistic levels.
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