Lo scopo del presente elaborato è quello di analizzare le conseguenze dell'introduzione della flessibilità all'interno della normativa europea ed italiana sul mercato del lavoro e sui lavoratori, analizzando le ripercussioni sul loro benessere personale e sulla loro percezione di instabilità. Lo scopo dell'introduzione della flessibilità nella normativa lavoristica è quella di favorire l'aumento del tasso di occupazione, garantendo una maggiore inclusione delle categorie di lavoratori considerati “deboli”, con l'introduzione di forme contrattuali flessibili che soddisfino le richieste di una maggiore libertà di gestione del rapporto vita-lavoro e nella gestione della forza lavoro a seconda degli shock della domanda. Innanzi tutto, sono state analizzate le origini delle nuove normative e l'incidenza delle direttive europee sulla normativa lavoristica italiana, considerando le varie forme di flessibilità che si possono trovare in letteratura. L'introduzione della flessibilità ha inciso sulla percezione della precarietà da parte dei lavoratori, che l'avvertono come amplificata a causa della mancanza di sicurezza che caratterizza le forme di contratto flessibili. La carriera dei lavoratori sarà caratterizzata da un susseguirsi di contratti a termine che non permetteranno loro di avere una carriera continuativa e lineare e, soprattutto, una capacità economica stabile. Successivamente, si è analizzato come la flessibilità ha generato un aumento della precarietà nella carriera lavorativa degli individui presenti sul mercato del lavoro, nonostante un temporaneo aumento del tasso di occupazione. Di grande rilievo fu l'introduzione della Flexsecurity, che aveva come obiettivo quello di garantire una maggiore uguaglianza nella regolamentazione del mercato del lavoro tra tutti gli Stati dell'Unione Europea, per fornire maggiori tutele ai lavoratori precari e ridurre le discriminazioni. Si è, inoltre, analizzato come l'introduzione della flessibilità nella normativa italiana abbia portato a dei notevoli cambiamenti all'interno di alcuni elementi del rapporto di lavoro, come ad esempio nel caso del ruolo della rappresentanza sindacale oppure per quanto riguarda la formazione del lavoratore o della gestione degli orari, ma anche la gestione e l'istituzione di adeguate politiche del lavoro. Con l'introduzione delle nuove forme di contratto flessibili si è introdotto una ampia discrezionalità di decisione soprattutto in capo ai datori di lavoro, determinando un aumento dell'utilizzo abusivo e spropositato di queste ultime. Infine, è stato preso in considerazione lo studio della dottoressa Manuti nel quale si analizza come la condizione lavorativa possa incidere sul benessere soggettivo dei lavoratori. Sono state analizzate le differenze di percezione del benessere in diversi settori produttivi, tra lavoratori di ambo i sessi e assunti con contratti a tempo determinato e indeterminato. Si è esaminato come ci siano differenze nella ricerca del miglioramento della propria situazione lavorativa e personale, e di come conseguentemente sia maggiore o minore la percezione del benessere stesso. La maggiore flessibilità determinerà un miglioramento delle condizioni e delle qualità lavorative, qualora si permetta al lavoratore di autogestirsi nei tempi e nello svolgimento del proprio lavoro, mentre l'imposizione di flessibilità contro la volontà del lavoratore andrà a ledere alla sua percezione di sicurezza.

La flessibilità del lavoro: condizioni di applicazione ed effetti sul benessere di chi lavora

CAPPA, VIVIANA
2019/2020

Abstract

Lo scopo del presente elaborato è quello di analizzare le conseguenze dell'introduzione della flessibilità all'interno della normativa europea ed italiana sul mercato del lavoro e sui lavoratori, analizzando le ripercussioni sul loro benessere personale e sulla loro percezione di instabilità. Lo scopo dell'introduzione della flessibilità nella normativa lavoristica è quella di favorire l'aumento del tasso di occupazione, garantendo una maggiore inclusione delle categorie di lavoratori considerati “deboli”, con l'introduzione di forme contrattuali flessibili che soddisfino le richieste di una maggiore libertà di gestione del rapporto vita-lavoro e nella gestione della forza lavoro a seconda degli shock della domanda. Innanzi tutto, sono state analizzate le origini delle nuove normative e l'incidenza delle direttive europee sulla normativa lavoristica italiana, considerando le varie forme di flessibilità che si possono trovare in letteratura. L'introduzione della flessibilità ha inciso sulla percezione della precarietà da parte dei lavoratori, che l'avvertono come amplificata a causa della mancanza di sicurezza che caratterizza le forme di contratto flessibili. La carriera dei lavoratori sarà caratterizzata da un susseguirsi di contratti a termine che non permetteranno loro di avere una carriera continuativa e lineare e, soprattutto, una capacità economica stabile. Successivamente, si è analizzato come la flessibilità ha generato un aumento della precarietà nella carriera lavorativa degli individui presenti sul mercato del lavoro, nonostante un temporaneo aumento del tasso di occupazione. Di grande rilievo fu l'introduzione della Flexsecurity, che aveva come obiettivo quello di garantire una maggiore uguaglianza nella regolamentazione del mercato del lavoro tra tutti gli Stati dell'Unione Europea, per fornire maggiori tutele ai lavoratori precari e ridurre le discriminazioni. Si è, inoltre, analizzato come l'introduzione della flessibilità nella normativa italiana abbia portato a dei notevoli cambiamenti all'interno di alcuni elementi del rapporto di lavoro, come ad esempio nel caso del ruolo della rappresentanza sindacale oppure per quanto riguarda la formazione del lavoratore o della gestione degli orari, ma anche la gestione e l'istituzione di adeguate politiche del lavoro. Con l'introduzione delle nuove forme di contratto flessibili si è introdotto una ampia discrezionalità di decisione soprattutto in capo ai datori di lavoro, determinando un aumento dell'utilizzo abusivo e spropositato di queste ultime. Infine, è stato preso in considerazione lo studio della dottoressa Manuti nel quale si analizza come la condizione lavorativa possa incidere sul benessere soggettivo dei lavoratori. Sono state analizzate le differenze di percezione del benessere in diversi settori produttivi, tra lavoratori di ambo i sessi e assunti con contratti a tempo determinato e indeterminato. Si è esaminato come ci siano differenze nella ricerca del miglioramento della propria situazione lavorativa e personale, e di come conseguentemente sia maggiore o minore la percezione del benessere stesso. La maggiore flessibilità determinerà un miglioramento delle condizioni e delle qualità lavorative, qualora si permetta al lavoratore di autogestirsi nei tempi e nello svolgimento del proprio lavoro, mentre l'imposizione di flessibilità contro la volontà del lavoratore andrà a ledere alla sua percezione di sicurezza.
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