Con il termine domesticazione si intende l'avvio delle pratiche di coltivazione delle piante e di allevamento di animali ai fini alimentari, questo è stato possibile grazie al passaggio dalla vita nomade (raccoglitori-cacciatori) a quella stanziale, basata sull'attività agricola. Tali pratiche erano già in atto circa 9000anni a.C. nella zona della cosiddetta “Mezzaluna Fertile” (situata nel Medio Oriente), dove sono state individuate stazioni agricole nelle quali con ogni probabilità cominciò la domesticazione di piante e animali. La diffusione dell'agricoltura in Europa è avvenuta con le prime migrazioni di alcune popolazioni dalla penisola balcanica (6000 a.C.). Tra quelle originatesi nel Vecchio Mondo l'orzo e il frumento duro sono le specie più antiche, mentre nel Nuovo Mondo la specie più antica è il mais. Si presume che la “Dump heap model” (teoria degli immondizzai) abbia dato origine alla domesticazione. I rifiuti alimentari che venivano accumulati (come ad esempio chicchi di cereali, frammenti di tuberi o radici, torsoli di mela e pera o noccioli di pesca) generavano spontaneamente piccoli orti e frutteti. Un'attenta osservazione fece capire all'uomo che le piante che si svilupparono erano proprio quelle che facevano parte della loro dieta. Nell'arco del tempo che ci separa dalle prime pratiche agricole dell'uomo primitivo, è avvenuta l'evoluzione di molte delle piante attualmente coltivate come ad esempio il mandorlo. Secondo alcuni genetisti gli esseri umani probabilmente hanno iniziato a coltivare il Prunus dulcis circa 11.000 anni fa. I semi del mandorlo selvatico sono amari e tossici, caratteristiche legate alla presenza dell'amigdalina, un glucoside cianogeno. I prodotti di idrolisi dell'amigdalina sono infatti la benzaldeide, che ha un sapore amaro, l'acido cianidrico, un veleno mortale e il glucosio. L'amigdalina contenuta nei semi ha una funzione difensiva per la pianta vista la sua natura è in grado di allontanare i predatori grazie al suo sapore sgradevole e l'effetto velenoso. Ad un certo punto, durante questo processo di domesticazione, si è verificata una mutazione in una mandorla selvatica. Questa variazione genetica inibisce quasi completamente la produzione di amigdalina. Le mandorle dolci infatti, hanno ancora tracce di questo composto nel seme ma non abbastanza per produrre quantità pericolose di cianuro. Uno studio, coordinato da R. Sanchez-Pérez e S. Pavan, riporta che l'accumulo di amigdalina all'interno della mandorla è dovuto all'attività dei fattori di trascrizione bHLH, in particolare il bHLH2 che trascrive per l'enzima P450 monossigenasi. I geni codificati dall'enzima P450 (PbCYP79D16 e PbCYP71AN24) sono scarsamente espressi nel mandorlo dolce perché la mutazione è presente sul bHLH2 e inibisce la trascrizione stessa dell'enzima P450 coinvolto nella via biosintetica dell'amigdalina. Oltre a contribuire al progresso della genomica e all'allevamento del mandorlo le conoscenze ottenute grazie a questo studio offrono un percorso verso la neodomesticazione di altre piante, ad esempio per controllare l'accumulo di glucosidi cianogeni di diverso tipo, o di altri metaboliti, all'interno di tessuti vegetali.
Meccanismi molecolari alla base della domesticazione del mandorlo dolce (Prunus dulcis)
JACCOD, MICHEL
2019/2020
Abstract
Con il termine domesticazione si intende l'avvio delle pratiche di coltivazione delle piante e di allevamento di animali ai fini alimentari, questo è stato possibile grazie al passaggio dalla vita nomade (raccoglitori-cacciatori) a quella stanziale, basata sull'attività agricola. Tali pratiche erano già in atto circa 9000anni a.C. nella zona della cosiddetta “Mezzaluna Fertile” (situata nel Medio Oriente), dove sono state individuate stazioni agricole nelle quali con ogni probabilità cominciò la domesticazione di piante e animali. La diffusione dell'agricoltura in Europa è avvenuta con le prime migrazioni di alcune popolazioni dalla penisola balcanica (6000 a.C.). Tra quelle originatesi nel Vecchio Mondo l'orzo e il frumento duro sono le specie più antiche, mentre nel Nuovo Mondo la specie più antica è il mais. Si presume che la “Dump heap model” (teoria degli immondizzai) abbia dato origine alla domesticazione. I rifiuti alimentari che venivano accumulati (come ad esempio chicchi di cereali, frammenti di tuberi o radici, torsoli di mela e pera o noccioli di pesca) generavano spontaneamente piccoli orti e frutteti. Un'attenta osservazione fece capire all'uomo che le piante che si svilupparono erano proprio quelle che facevano parte della loro dieta. Nell'arco del tempo che ci separa dalle prime pratiche agricole dell'uomo primitivo, è avvenuta l'evoluzione di molte delle piante attualmente coltivate come ad esempio il mandorlo. Secondo alcuni genetisti gli esseri umani probabilmente hanno iniziato a coltivare il Prunus dulcis circa 11.000 anni fa. I semi del mandorlo selvatico sono amari e tossici, caratteristiche legate alla presenza dell'amigdalina, un glucoside cianogeno. I prodotti di idrolisi dell'amigdalina sono infatti la benzaldeide, che ha un sapore amaro, l'acido cianidrico, un veleno mortale e il glucosio. L'amigdalina contenuta nei semi ha una funzione difensiva per la pianta vista la sua natura è in grado di allontanare i predatori grazie al suo sapore sgradevole e l'effetto velenoso. Ad un certo punto, durante questo processo di domesticazione, si è verificata una mutazione in una mandorla selvatica. Questa variazione genetica inibisce quasi completamente la produzione di amigdalina. Le mandorle dolci infatti, hanno ancora tracce di questo composto nel seme ma non abbastanza per produrre quantità pericolose di cianuro. Uno studio, coordinato da R. Sanchez-Pérez e S. Pavan, riporta che l'accumulo di amigdalina all'interno della mandorla è dovuto all'attività dei fattori di trascrizione bHLH, in particolare il bHLH2 che trascrive per l'enzima P450 monossigenasi. I geni codificati dall'enzima P450 (PbCYP79D16 e PbCYP71AN24) sono scarsamente espressi nel mandorlo dolce perché la mutazione è presente sul bHLH2 e inibisce la trascrizione stessa dell'enzima P450 coinvolto nella via biosintetica dell'amigdalina. Oltre a contribuire al progresso della genomica e all'allevamento del mandorlo le conoscenze ottenute grazie a questo studio offrono un percorso verso la neodomesticazione di altre piante, ad esempio per controllare l'accumulo di glucosidi cianogeni di diverso tipo, o di altri metaboliti, all'interno di tessuti vegetali.File | Dimensione | Formato | |
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