Nell'argomentazione vengono approfondite le dinamiche della devianza minorile nelle sue molteplici forme, indagando le cause e gli orientamenti di matrice sociologica che sono alla base dei comportamenti antisociali giovanili, ripercorrendo le teorie esposte dal Secondo Dopoguerra fino ai agli ultimi decenni del XX secolo. La devianza minorile è, infatti, strettamente collegata a più fattori di carenza, che può essere di tipo individuale, familiare, ambientale e più genericamente sociale, ovvero a bisogni fondamentali non soddisfatti che scavano in una situazione di disadattamento e che, quindi, sfocia in devianza. È necessario un esame attento di situazioni esistenziali influenzate da molteplici variabili, nessuna singolarmente determinante, ma che, studiate all'interno di un determinato contesto culturale e familiare, possono essere lo strappo all'interno del progetto di vita di un minore. I diritti del minore reo sono ripercorsi partendo dalla nostra Carta fondamentale fino alle fonti internazionali, il cui messaggio predominante è rivolto alla riabilitazione del minore e al percorso rieducativo che metta in conto le particolari esigenze che richiede questa complessa fascia di età. Viene approfondita la condizione dei minori ristretti in misura inframuraria, analizzando la popolazione interna degli Istituti penali per minorenni italiani, e nello specifico, dell'IPM “Ferrante Aporti” di Torino. Il sistema penitenziario minorile italiano viene ripercorso nelle sue reiterate possibilità di riforme mancate, dal progetto Martinazzoli a quello Fassino, ma di fatto, a causa delle profonde lacune, delineate anche dalle sentenze della Corte costituzionale, il nostro ordinamento è stato fino al 2018 orfano di un corpus organico di norme che inquadrasse la necessità di distinguere le misure penali finalizzate al trattamento degli adulti da quello dei minorenni. Solo con l'emanazione del D.lgs. n.118/2018, si cerca di effettuare questo tanto atteso cambiamento, e la argomentazione presentata, analizza questo nuova norma che ha dato vita al Nuovo Ordinamento Penitenziario Minorile, mettendo in luce le innovazioni apportate al quadro normativo preesistente, ma anche le criticità che ancora persistono, evidenziando numerose resistenze ad un effettivo radicale mutamento di ottica. Si effettua una ricerca attraverso la voce dei vari professionisti dei Servizi Minorili, inquadrando le luci e le ombre di questo nuovo tentativo legislativo di dare centralità e all'unicità del minore reo. Sono pertanto numerose le critiche e, ricordando le più importanti, si possono citare: la ricomparsa, sia pure in termini quantitativamente ridotti, degli automatismi preclusivi di cui all'art. 4-bis ord. penit., la reintroduzione di limiti temporali per la fruizione delle misure penali di comunità, l'espansione dei confini del regime di sorveglianza particolare, la cancellazione dell'affidamento in prova terapeutico per finalità psichiatriche nonché della vigilanza dinamica. L'obiettivo di adeguamento delle norme di ordinamento penitenziario ai bisogni del minorenne probabilmente non è stato in grado di assicurare un trattamento commisurato alla condizione di vulnerabilità dei condannati, come imposto dagli artt. 27 comma 3 e 31 comma 2 Cost. 27. È necessaria un attento iter di interazione tra sistemi normativi con un processo di interpretazione sistematica che consenta, anche in presenza di una norma dedicata, l'applicazione della disposizione sussidiaria che garantisca un trattamento penitenziario effettivamente differenziato nel “superiore interesse del minorenne”. ​

Il Nuovo Ordinamento Penitenziario Minorile tra conservazione e innovazione

ARENA, GIULIA
2019/2020

Abstract

Nell'argomentazione vengono approfondite le dinamiche della devianza minorile nelle sue molteplici forme, indagando le cause e gli orientamenti di matrice sociologica che sono alla base dei comportamenti antisociali giovanili, ripercorrendo le teorie esposte dal Secondo Dopoguerra fino ai agli ultimi decenni del XX secolo. La devianza minorile è, infatti, strettamente collegata a più fattori di carenza, che può essere di tipo individuale, familiare, ambientale e più genericamente sociale, ovvero a bisogni fondamentali non soddisfatti che scavano in una situazione di disadattamento e che, quindi, sfocia in devianza. È necessario un esame attento di situazioni esistenziali influenzate da molteplici variabili, nessuna singolarmente determinante, ma che, studiate all'interno di un determinato contesto culturale e familiare, possono essere lo strappo all'interno del progetto di vita di un minore. I diritti del minore reo sono ripercorsi partendo dalla nostra Carta fondamentale fino alle fonti internazionali, il cui messaggio predominante è rivolto alla riabilitazione del minore e al percorso rieducativo che metta in conto le particolari esigenze che richiede questa complessa fascia di età. Viene approfondita la condizione dei minori ristretti in misura inframuraria, analizzando la popolazione interna degli Istituti penali per minorenni italiani, e nello specifico, dell'IPM “Ferrante Aporti” di Torino. Il sistema penitenziario minorile italiano viene ripercorso nelle sue reiterate possibilità di riforme mancate, dal progetto Martinazzoli a quello Fassino, ma di fatto, a causa delle profonde lacune, delineate anche dalle sentenze della Corte costituzionale, il nostro ordinamento è stato fino al 2018 orfano di un corpus organico di norme che inquadrasse la necessità di distinguere le misure penali finalizzate al trattamento degli adulti da quello dei minorenni. Solo con l'emanazione del D.lgs. n.118/2018, si cerca di effettuare questo tanto atteso cambiamento, e la argomentazione presentata, analizza questo nuova norma che ha dato vita al Nuovo Ordinamento Penitenziario Minorile, mettendo in luce le innovazioni apportate al quadro normativo preesistente, ma anche le criticità che ancora persistono, evidenziando numerose resistenze ad un effettivo radicale mutamento di ottica. Si effettua una ricerca attraverso la voce dei vari professionisti dei Servizi Minorili, inquadrando le luci e le ombre di questo nuovo tentativo legislativo di dare centralità e all'unicità del minore reo. Sono pertanto numerose le critiche e, ricordando le più importanti, si possono citare: la ricomparsa, sia pure in termini quantitativamente ridotti, degli automatismi preclusivi di cui all'art. 4-bis ord. penit., la reintroduzione di limiti temporali per la fruizione delle misure penali di comunità, l'espansione dei confini del regime di sorveglianza particolare, la cancellazione dell'affidamento in prova terapeutico per finalità psichiatriche nonché della vigilanza dinamica. L'obiettivo di adeguamento delle norme di ordinamento penitenziario ai bisogni del minorenne probabilmente non è stato in grado di assicurare un trattamento commisurato alla condizione di vulnerabilità dei condannati, come imposto dagli artt. 27 comma 3 e 31 comma 2 Cost. 27. È necessaria un attento iter di interazione tra sistemi normativi con un processo di interpretazione sistematica che consenta, anche in presenza di una norma dedicata, l'applicazione della disposizione sussidiaria che garantisca un trattamento penitenziario effettivamente differenziato nel “superiore interesse del minorenne”. ​
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/123300