Storicamente le popolazioni di cervo del Nord America e dell’Europa sono diminuite notevolmente fino al ventesimo secolo, momento in cui hanno iniziato a riprendersi considerevolmente in termini di distribuzione geografica e abbondanza e, ad oggi, le alte densità stanno avendo molti effetti ecologici ed ambientali. I principali motivi di questa ripresa sono riferibili al regime giuridico che tutela la presenza delle specie e anche alla costante diminuzione della pressione venatoria. Una sovrappopolazione di cervi è in grado di provocare danni agli habitat forestali; la specie, infatti, provoca reazioni dirette sulla rigenerazione degli alberi, sulla vegetazione naturale e reazioni indirette attraverso l’impatto sulle comunità vegetali e animali. Il settore forestale risente molto dell’eccessiva densità di ungulati, un fattore di disturbo in grado di apportare gravi limitazioni alle dinamiche evolutive dei soprassuoli forestali; tra i principali danni causati dalla specie sono stati analizzati lo scortecciamento, la cimatura e il calpestio. È stata messa in luce anche la cascata trofica che il cervo è in grado di provocare a seguito dei danni diretti, coinvolgendo ulteriori specie animali. Alla luce di questi problemi sono state proposte alcune soluzioni, che sembrano capaci di indurre ad una diminuzione numerica delle specie: attività venatoria attraverso pianificazione e attuazione di abbattimenti e presenza di lupi, efficienti predatori, in grado di esercitare un controllo efficacie delle popolazioni in sinergia con la caccia. Queste soluzioni si sono dimostrate in grado di supportare la tesi, in quanto, in base ai dati analizzati, risultano essere metodi realmente efficaci per ridurre numericamente le densità dei cervi limitando, quindi, cascate di eventi a volte irreversibili.
L'impatto del Cervo (Cervus elaphus) sulle cenosi forestali: il Lupo (Canis lupus) e la caccia possono porvi rimedio?
TRIMARCHI, DEBORAH
2019/2020
Abstract
Storicamente le popolazioni di cervo del Nord America e dell’Europa sono diminuite notevolmente fino al ventesimo secolo, momento in cui hanno iniziato a riprendersi considerevolmente in termini di distribuzione geografica e abbondanza e, ad oggi, le alte densità stanno avendo molti effetti ecologici ed ambientali. I principali motivi di questa ripresa sono riferibili al regime giuridico che tutela la presenza delle specie e anche alla costante diminuzione della pressione venatoria. Una sovrappopolazione di cervi è in grado di provocare danni agli habitat forestali; la specie, infatti, provoca reazioni dirette sulla rigenerazione degli alberi, sulla vegetazione naturale e reazioni indirette attraverso l’impatto sulle comunità vegetali e animali. Il settore forestale risente molto dell’eccessiva densità di ungulati, un fattore di disturbo in grado di apportare gravi limitazioni alle dinamiche evolutive dei soprassuoli forestali; tra i principali danni causati dalla specie sono stati analizzati lo scortecciamento, la cimatura e il calpestio. È stata messa in luce anche la cascata trofica che il cervo è in grado di provocare a seguito dei danni diretti, coinvolgendo ulteriori specie animali. Alla luce di questi problemi sono state proposte alcune soluzioni, che sembrano capaci di indurre ad una diminuzione numerica delle specie: attività venatoria attraverso pianificazione e attuazione di abbattimenti e presenza di lupi, efficienti predatori, in grado di esercitare un controllo efficacie delle popolazioni in sinergia con la caccia. Queste soluzioni si sono dimostrate in grado di supportare la tesi, in quanto, in base ai dati analizzati, risultano essere metodi realmente efficaci per ridurre numericamente le densità dei cervi limitando, quindi, cascate di eventi a volte irreversibili.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/123073