Obiettivo dell'analisi in questione è individuare l'effettiva influenza che il servizio di consulenza finanziaria ha sul comportamento d'investimento delle famiglie. Sfortunatamente però gli studi condotti in questo campo sono ancora piuttosto limitati e sovente, come mi occuperò di dimostrare in seguito, anche scorretti da un punto di vista metodologico. I due papers cui mi sono maggiormente appoggiata sono lo studio di A.Muller e R. Bluethgen (2008), intitolato ¿Financial Advice and Individual Investors' Portfolio¿, e quello successivo di R.Gerhardt e A.Hackethal(2009), ¿The influence of financial advisors on household portfolios¿, condotti ambedue su un dataset formato da clienti di una grande banca al dettaglio tedesca. Entrambi gli studi concordano nell'affermare che, nonostante una sostanziale fetta di risparmiatori decida di rivolgersi a consulenti finanziari prima di prendere una decisione di investimento (circa l'80% in Germania, due terzi dei quali si rivolgono al personale della banca)¹ , la letteratura tradizionale poco si occupa dell'influenza che questi hanno sul portafoglio delle famiglie, continuando a considerare i risparmiatori come investitori diretti. Infatti la teoria preponderante risulta essere in alcuni casi ancora quella classica elaborata da Savage, secondo cui la scelta razionale dei consumi e del portafoglio ottimale avviene in virtù della massimizzazione dell'utilità attesa soggettiva sottoposta al vincolo di bilancio (redditi da lavoro e rendimenti di altre attività) rappresentativo di tutta la vita del risparmiatore. Tuttavia a ben vedere le ricerche empiriche hanno rilevato forti differenze tra i comportamenti effettivi degli investitori e tale teoria. Entrambi gli studi in esame hanno cercato di individuare le possibili cause di tali scostamenti. In particolare quello di Muller e Bluethgen (2008) ha ipotizzato quattro spiegazioni anche concatenate tra loro: l'utilizzo di un modello di preferenze inadeguato, gli errori cognitivi cui tendono gli investitori, i costi d'acquisizione delle informazioni e infine il fatto di ignorare l'insorgere di vincoli di liquidità, a causa per esempio dell'inalienabilità del capitale umano o ad attività non liquide come quelle immobiliari. All'incirca le medesime spiegazioni sono addotte dallo studio di Gerhardt e Hackethal (2009), i quali hanno sottolineato il problema della razionalità limitata degli investitori e i cosiddetti ¿behavioral biases¿,ossia i pregiudizi del comportamento, quali principali cause di scostamento dalla teoria di Savage. E' perciò necessario provare l'effetto positivo della consulenza sull'asset allocation del portafoglio delle famiglie e degli investitori individuali. Per cominciare presenteremo e confronteremo i due studi in questione con riferimento ai differenti datasets, per poi mostrare l'evoluzione presente tra i due studi e i risultati a cui essi sono pervenuti.

Le decisioni d'investimento: dalla teoria di Savage all'analisi dell'influenza della consulenza finanziaria sul portafoglio dell'investitore. Due studi a confronto.

AMEDEO, ALESSIA MARIA
2011/2012

Abstract

Obiettivo dell'analisi in questione è individuare l'effettiva influenza che il servizio di consulenza finanziaria ha sul comportamento d'investimento delle famiglie. Sfortunatamente però gli studi condotti in questo campo sono ancora piuttosto limitati e sovente, come mi occuperò di dimostrare in seguito, anche scorretti da un punto di vista metodologico. I due papers cui mi sono maggiormente appoggiata sono lo studio di A.Muller e R. Bluethgen (2008), intitolato ¿Financial Advice and Individual Investors' Portfolio¿, e quello successivo di R.Gerhardt e A.Hackethal(2009), ¿The influence of financial advisors on household portfolios¿, condotti ambedue su un dataset formato da clienti di una grande banca al dettaglio tedesca. Entrambi gli studi concordano nell'affermare che, nonostante una sostanziale fetta di risparmiatori decida di rivolgersi a consulenti finanziari prima di prendere una decisione di investimento (circa l'80% in Germania, due terzi dei quali si rivolgono al personale della banca)¹ , la letteratura tradizionale poco si occupa dell'influenza che questi hanno sul portafoglio delle famiglie, continuando a considerare i risparmiatori come investitori diretti. Infatti la teoria preponderante risulta essere in alcuni casi ancora quella classica elaborata da Savage, secondo cui la scelta razionale dei consumi e del portafoglio ottimale avviene in virtù della massimizzazione dell'utilità attesa soggettiva sottoposta al vincolo di bilancio (redditi da lavoro e rendimenti di altre attività) rappresentativo di tutta la vita del risparmiatore. Tuttavia a ben vedere le ricerche empiriche hanno rilevato forti differenze tra i comportamenti effettivi degli investitori e tale teoria. Entrambi gli studi in esame hanno cercato di individuare le possibili cause di tali scostamenti. In particolare quello di Muller e Bluethgen (2008) ha ipotizzato quattro spiegazioni anche concatenate tra loro: l'utilizzo di un modello di preferenze inadeguato, gli errori cognitivi cui tendono gli investitori, i costi d'acquisizione delle informazioni e infine il fatto di ignorare l'insorgere di vincoli di liquidità, a causa per esempio dell'inalienabilità del capitale umano o ad attività non liquide come quelle immobiliari. All'incirca le medesime spiegazioni sono addotte dallo studio di Gerhardt e Hackethal (2009), i quali hanno sottolineato il problema della razionalità limitata degli investitori e i cosiddetti ¿behavioral biases¿,ossia i pregiudizi del comportamento, quali principali cause di scostamento dalla teoria di Savage. E' perciò necessario provare l'effetto positivo della consulenza sull'asset allocation del portafoglio delle famiglie e degli investitori individuali. Per cominciare presenteremo e confronteremo i due studi in questione con riferimento ai differenti datasets, per poi mostrare l'evoluzione presente tra i due studi e i risultati a cui essi sono pervenuti.
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