Vi sono due correnti di pensiero riguardo la moneta unica e i suoi effetti. La prima considera l'euro la causa principale di tutti i mali, l'ostacolo alla crescita che impoverisce la popolazione e le imprese; secondo questa corrente, senza l'euro si ritroverebbe la sovranità di un tempo e un posto di maggiore rilevanza nel ranking mondiale. L'altra linea di pensiero è devota alla moneta unica come unica fonte di stabilità e crescita e ritiene che l'abbandono determinerebbe crisi bancaria, default e un impoverimento di famiglie e imprese. In questo lavoro di tesi, mi sono riproposto di illustrare quali potrebbero essere i benefici e i costi di un abbandono della moneta unica, ipotizzando possibili scenari e conseguenze di una eurexit. Dal possibile aumento del debito pubblico e dell'inflazione, il rischio di fallimento di parte del sistema bancario e delle imprese esposte verso l'estero nel caso di un'uscita, ai benefici, legati principalmente alla svalutazione competitiva e alla sovranità monetaria riconquistata. Gli anni post-crisi hanno alimentato l'interrogativo se sia davvero tutta colpa della moneta unica se parte delle nostre imprese sono rimaste sottocapitalizzate e con pochi investimenti nell'IT, se la spesa pubblica italiana è aumentata invece di diminuire, se il PIL pro-capite ha continuato ad avere un trend negativo negli anni dell'euro o se invece parte di queste responsabilità appartengano all'economia italiana arrivata impreparata alle sfide con l'euro e con la globalizzazione. Anche ammettendo che l'euro possa avere le sue colpe all'interno di questo processo, la domanda che bisogna porsi è: uscirne permetterebbe di risolvere gli attuali problemi o ne creerebbe altri ancora peggiori? L'Italia avrebbe dovuto comprendere che, accettando una politica monetaria comune volta al contenimento dell'inflazione, avrebbe rinunciato ai guadagni derivanti dalla svalutazione competitiva, dovendosi abituare a ricercare la competitività negli investimenti in capitale (umano e tecnologico). Questo avrebbe aiutato il paese a contrastare la concorrenza sui prezzi che sarebbe arrivata nel periodo successivo dai paesi emergenti.

L'Italia e l'euro: modalità e conseguenze di una uscita

TESTA, EDOARDO
2014/2015

Abstract

Vi sono due correnti di pensiero riguardo la moneta unica e i suoi effetti. La prima considera l'euro la causa principale di tutti i mali, l'ostacolo alla crescita che impoverisce la popolazione e le imprese; secondo questa corrente, senza l'euro si ritroverebbe la sovranità di un tempo e un posto di maggiore rilevanza nel ranking mondiale. L'altra linea di pensiero è devota alla moneta unica come unica fonte di stabilità e crescita e ritiene che l'abbandono determinerebbe crisi bancaria, default e un impoverimento di famiglie e imprese. In questo lavoro di tesi, mi sono riproposto di illustrare quali potrebbero essere i benefici e i costi di un abbandono della moneta unica, ipotizzando possibili scenari e conseguenze di una eurexit. Dal possibile aumento del debito pubblico e dell'inflazione, il rischio di fallimento di parte del sistema bancario e delle imprese esposte verso l'estero nel caso di un'uscita, ai benefici, legati principalmente alla svalutazione competitiva e alla sovranità monetaria riconquistata. Gli anni post-crisi hanno alimentato l'interrogativo se sia davvero tutta colpa della moneta unica se parte delle nostre imprese sono rimaste sottocapitalizzate e con pochi investimenti nell'IT, se la spesa pubblica italiana è aumentata invece di diminuire, se il PIL pro-capite ha continuato ad avere un trend negativo negli anni dell'euro o se invece parte di queste responsabilità appartengano all'economia italiana arrivata impreparata alle sfide con l'euro e con la globalizzazione. Anche ammettendo che l'euro possa avere le sue colpe all'interno di questo processo, la domanda che bisogna porsi è: uscirne permetterebbe di risolvere gli attuali problemi o ne creerebbe altri ancora peggiori? L'Italia avrebbe dovuto comprendere che, accettando una politica monetaria comune volta al contenimento dell'inflazione, avrebbe rinunciato ai guadagni derivanti dalla svalutazione competitiva, dovendosi abituare a ricercare la competitività negli investimenti in capitale (umano e tecnologico). Questo avrebbe aiutato il paese a contrastare la concorrenza sui prezzi che sarebbe arrivata nel periodo successivo dai paesi emergenti.
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