La tesi propone una riflessione sulla collocazione di Italo Calvino all'interno del dibattito culturale tenutosi dal Secondo dopoguerra agli anni Ottanta: si vuole offrire, in particolare, una panoramica sulle diverse ricezioni che sono state date dell'autore in quel preciso periodo; tali interpretazioni hanno ampiamente e immediatamente contribuito all'affermazione di Calvino come uno tra gli scrittori degni di essere annoverati tra i classici della letteratura italiana. Per comprendere le considerazioni che sono state fatte dell'autore dai suoi contemporanei è certamente necessaria la conoscenza del contesto letterario nato a partire dai primi anni del Secondo dopoguerra: la critica discuteva molto della nuova letteratura di tipo sperimentale che andava sviluppandosi contemporaneamente alla letteratura narrativo-tradizionale; in particolare, la critica militante parlava dei metodi sperimentali adottati da alcune nuove discipline in via di sviluppo e si chiedeva quali applicazioni potessero avere queste ultime in letteratura. Numerosi scrittori appartenenti al filone dello sperimentalismo neoavanguardistico collaboravano alla redazione delle riviste letterarie nate con lo scopo di ricercare forme narrative più attuali, in grado di dare vita a una rivoluzione non solo letteraria ma anche politica e sociale. Calvino era testimone attivo di una letteratura in transizione ed era, nello stesso tempo, un soggetto critico e un oggetto di critica; partecipava, con le opere pubblicate a partire dalla fine degli anni Cinquanta, al filone dello sperimentalismo formale e reagiva al proprio clima culturale cercando nuovi strumenti per fare letteratura e per superare quel realismo letterario che tanto aveva dominato nei decenni precedenti. La tesi, dunque, vuole innanzitutto condurre un'analisi sul contesto letterario italiano e sui principali argomenti di dibattito affrontati dalla critica militante tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio degli anni sessanta del Novecento. Verranno ripercorsi gli influssi maggiori, italiani e stranieri (tra questi ultimi si ricordino lo strutturalismo francese di Barthes e l'OuLipo), che hanno contribuito alla seconda fase della produzione calviniana e alla sua ricezione. Saranno poi analizzati e confrontati gli interventi e le riflessioni dello stesso Calvino nel dibattito culturale del periodo e le interpretazioni che sono state fatte delle sue opere da critici, filosofi e romanzieri suoi contemporanei, con una particolare attenzione per le opinioni di Celati e Pasolini.

Calvino e la critica dal Secondo dopoguerra agli anni Ottanta

BRENTANI, BEATRICE
2015/2016

Abstract

La tesi propone una riflessione sulla collocazione di Italo Calvino all'interno del dibattito culturale tenutosi dal Secondo dopoguerra agli anni Ottanta: si vuole offrire, in particolare, una panoramica sulle diverse ricezioni che sono state date dell'autore in quel preciso periodo; tali interpretazioni hanno ampiamente e immediatamente contribuito all'affermazione di Calvino come uno tra gli scrittori degni di essere annoverati tra i classici della letteratura italiana. Per comprendere le considerazioni che sono state fatte dell'autore dai suoi contemporanei è certamente necessaria la conoscenza del contesto letterario nato a partire dai primi anni del Secondo dopoguerra: la critica discuteva molto della nuova letteratura di tipo sperimentale che andava sviluppandosi contemporaneamente alla letteratura narrativo-tradizionale; in particolare, la critica militante parlava dei metodi sperimentali adottati da alcune nuove discipline in via di sviluppo e si chiedeva quali applicazioni potessero avere queste ultime in letteratura. Numerosi scrittori appartenenti al filone dello sperimentalismo neoavanguardistico collaboravano alla redazione delle riviste letterarie nate con lo scopo di ricercare forme narrative più attuali, in grado di dare vita a una rivoluzione non solo letteraria ma anche politica e sociale. Calvino era testimone attivo di una letteratura in transizione ed era, nello stesso tempo, un soggetto critico e un oggetto di critica; partecipava, con le opere pubblicate a partire dalla fine degli anni Cinquanta, al filone dello sperimentalismo formale e reagiva al proprio clima culturale cercando nuovi strumenti per fare letteratura e per superare quel realismo letterario che tanto aveva dominato nei decenni precedenti. La tesi, dunque, vuole innanzitutto condurre un'analisi sul contesto letterario italiano e sui principali argomenti di dibattito affrontati dalla critica militante tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio degli anni sessanta del Novecento. Verranno ripercorsi gli influssi maggiori, italiani e stranieri (tra questi ultimi si ricordino lo strutturalismo francese di Barthes e l'OuLipo), che hanno contribuito alla seconda fase della produzione calviniana e alla sua ricezione. Saranno poi analizzati e confrontati gli interventi e le riflessioni dello stesso Calvino nel dibattito culturale del periodo e le interpretazioni che sono state fatte delle sue opere da critici, filosofi e romanzieri suoi contemporanei, con una particolare attenzione per le opinioni di Celati e Pasolini.
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