Dal 2013 è costantemente in crescita il numero dei migranti e dei rifugiati che fuggono da Africa, Medio Oriente e Turchia a bordo di imbarcazioni inadatte alla navigazione, nel disperato tentativo di raggiungere l'Europa risalendo le coste di Spagna, Italia, Grecia, Malta e Cipro. Sono viaggi pericolosissimi in cui molti di loro trovano la morte. Per comprendere i dati che riceviamo in tema di migrazione è necessario andare oltre all'appiattimento di cui sono soggetti, e riempirli del significato di cui si fanno testimoni. Si tratta di un significato multiforme, proprio come lo è la complessa realtà di quei corpi di cui sono indicatori. Corpi che appartenevano a persone provenienti da contesti estranei a noi europei, dai quali scappavano per ragioni che talvolta conosciamo solo superficialmente, e che, nella fuga, hanno vissuto esperienze la cui narrazione raggiungerebbe i toni del surreale se le loro voci potessero ancora raccontarle. Ecco perché, per evitare che i corpi ritrovati e quelli dispersi nelle acque del Mediterraneo vengano ridotti a meri elenchi di vuote quantità numeriche è necessario che vengano inscritti in un universo più ampio di quello che ci viene presentato dai media. Più dettagliatamente, è necessario ricostruire la costellazione di soggettività e narrazioni dei sopravvissuti intessendole con le vite. È importante venire a conoscenza della situazione politica ed economica dei paesi d'origine e dei rapporti che questi ultimi stabiliscono con gli Stati verso cui emigrano. Infine, bisogna riconoscere la valenza delle storie trasmesse dalla forma muta di quel che resta: gli oggetti e le tombe eternamente vuote. L'intento di questa tesi è quello di dimostrare l'urgenza di quest'operazione e mostrare come la morte nei viaggi di migrazione nel Mediterraneo oggigiorno rappresenti un elemento fondante da cui partire nella ricerca di verità e, allo stesso tempo, uno strumento utilizzato nelle azioni mistificatrici del fenomeno migratorio.

Corpi assenti. Lo spettacolo delle morti nelle migrazioni contemporanee attraverso il Mediterraneo.

GUARRAGGI, ELISA
2015/2016

Abstract

Dal 2013 è costantemente in crescita il numero dei migranti e dei rifugiati che fuggono da Africa, Medio Oriente e Turchia a bordo di imbarcazioni inadatte alla navigazione, nel disperato tentativo di raggiungere l'Europa risalendo le coste di Spagna, Italia, Grecia, Malta e Cipro. Sono viaggi pericolosissimi in cui molti di loro trovano la morte. Per comprendere i dati che riceviamo in tema di migrazione è necessario andare oltre all'appiattimento di cui sono soggetti, e riempirli del significato di cui si fanno testimoni. Si tratta di un significato multiforme, proprio come lo è la complessa realtà di quei corpi di cui sono indicatori. Corpi che appartenevano a persone provenienti da contesti estranei a noi europei, dai quali scappavano per ragioni che talvolta conosciamo solo superficialmente, e che, nella fuga, hanno vissuto esperienze la cui narrazione raggiungerebbe i toni del surreale se le loro voci potessero ancora raccontarle. Ecco perché, per evitare che i corpi ritrovati e quelli dispersi nelle acque del Mediterraneo vengano ridotti a meri elenchi di vuote quantità numeriche è necessario che vengano inscritti in un universo più ampio di quello che ci viene presentato dai media. Più dettagliatamente, è necessario ricostruire la costellazione di soggettività e narrazioni dei sopravvissuti intessendole con le vite. È importante venire a conoscenza della situazione politica ed economica dei paesi d'origine e dei rapporti che questi ultimi stabiliscono con gli Stati verso cui emigrano. Infine, bisogna riconoscere la valenza delle storie trasmesse dalla forma muta di quel che resta: gli oggetti e le tombe eternamente vuote. L'intento di questa tesi è quello di dimostrare l'urgenza di quest'operazione e mostrare come la morte nei viaggi di migrazione nel Mediterraneo oggigiorno rappresenti un elemento fondante da cui partire nella ricerca di verità e, allo stesso tempo, uno strumento utilizzato nelle azioni mistificatrici del fenomeno migratorio.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/118477