Le normative che oggi si occupano di affrontare il rapporto tra i diritti delle persone disabili ed il mondo del lavoro appaiono come il risultato di una stratificazione normativa disorganica che va riletta alla luce di un concetto di disabilità oggi profondamente rinnovato. Il concetto di disabilità ha conosciuto negli ultimi 30 anni una evoluzione importante. Oggi si fa riferimento ad una concezione molto più articolata, e complessivamente ampia, di disabilità, laddove questa viene definita come una complessa e dinamica interazione tra le condizioni dell'individuo e l'ambiente che lo circonda. Il modello interpretativo che si riviene nella normativa sovranazionale, Carta di Nizza (2000) e Convenzione Onu (2006) sulle persone con disabilità, è quello bio-psico-sociale. In Italia la tutela della disabilità, in generale ed in rapporto al lavoro, risulta in linea con i principi contenuti nella Carta di Nizza e nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone disabili, documenti sovranazionali con portata vincolante. Nonostante ciò il concetto di disabilità nel contesto normativo italiano appare ancora sfocato e nel corpo normativo lo si ritrova nelle sue varie sfaccettature letterali. Leggi speciali hanno provveduto a definire le tutele in alcuni specifici settori, e nello specifico l'ambito lavorativo è stato regolamentato dalla l. n. 68/99. Oggi la portata reale della normativa nazionale volta a tutelare il diritto al lavoro dei disabili non ci consegna dati incoraggianti sulla sua sostanziale effettività. I dati contenuti nella ¿VII Relazione sullo Stato di Attuazione della l. n. 68/99¿ evidenziano come l'attuale impianto normativo non sia riuscito a favorire un adeguato inserimento delle persone disabili nel mondo del lavoro. Dall'ultima relazione al Parlamento alcuni eventi hanno ravvivato il dibattito in materia. Nel 2013 è avvenuta, la piena ricezione della Direttiva del Consiglio 2000/78/CE, importante riferimento per la giurisprudenza, che stabilisce il principio secondo cui il datore di lavoro deve adottare gli adattamenti ragionevoli al fine di garantire la parità di trattamento. Nel 2015 è entrato in vigore il c.d. Jobs Act che, con il decreto attuativo n. 151, ha apportato sostanziali modifiche alla normativa sul collocamento obbligatorio, in linea con i più recenti orientamenti sovranazionali. Recentemente, nel luglio 2016, la ¿proposta di II programma d'Azione Biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità¿, riferimento politico e programmatico sul tema redatto dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, si apre rilanciando la necessità di una riforma ampia e strutturale dell'attuale sistema di certificazione della condizione di disabilità, sistema obsoleto, complesso, generatore di possibili diseguaglianze e in ogni caso lontano dallo spirito e dalla lettera della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Disabilità e lavoro

BARBERO, ALESSANDRO
2015/2016

Abstract

Le normative che oggi si occupano di affrontare il rapporto tra i diritti delle persone disabili ed il mondo del lavoro appaiono come il risultato di una stratificazione normativa disorganica che va riletta alla luce di un concetto di disabilità oggi profondamente rinnovato. Il concetto di disabilità ha conosciuto negli ultimi 30 anni una evoluzione importante. Oggi si fa riferimento ad una concezione molto più articolata, e complessivamente ampia, di disabilità, laddove questa viene definita come una complessa e dinamica interazione tra le condizioni dell'individuo e l'ambiente che lo circonda. Il modello interpretativo che si riviene nella normativa sovranazionale, Carta di Nizza (2000) e Convenzione Onu (2006) sulle persone con disabilità, è quello bio-psico-sociale. In Italia la tutela della disabilità, in generale ed in rapporto al lavoro, risulta in linea con i principi contenuti nella Carta di Nizza e nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone disabili, documenti sovranazionali con portata vincolante. Nonostante ciò il concetto di disabilità nel contesto normativo italiano appare ancora sfocato e nel corpo normativo lo si ritrova nelle sue varie sfaccettature letterali. Leggi speciali hanno provveduto a definire le tutele in alcuni specifici settori, e nello specifico l'ambito lavorativo è stato regolamentato dalla l. n. 68/99. Oggi la portata reale della normativa nazionale volta a tutelare il diritto al lavoro dei disabili non ci consegna dati incoraggianti sulla sua sostanziale effettività. I dati contenuti nella ¿VII Relazione sullo Stato di Attuazione della l. n. 68/99¿ evidenziano come l'attuale impianto normativo non sia riuscito a favorire un adeguato inserimento delle persone disabili nel mondo del lavoro. Dall'ultima relazione al Parlamento alcuni eventi hanno ravvivato il dibattito in materia. Nel 2013 è avvenuta, la piena ricezione della Direttiva del Consiglio 2000/78/CE, importante riferimento per la giurisprudenza, che stabilisce il principio secondo cui il datore di lavoro deve adottare gli adattamenti ragionevoli al fine di garantire la parità di trattamento. Nel 2015 è entrato in vigore il c.d. Jobs Act che, con il decreto attuativo n. 151, ha apportato sostanziali modifiche alla normativa sul collocamento obbligatorio, in linea con i più recenti orientamenti sovranazionali. Recentemente, nel luglio 2016, la ¿proposta di II programma d'Azione Biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità¿, riferimento politico e programmatico sul tema redatto dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, si apre rilanciando la necessità di una riforma ampia e strutturale dell'attuale sistema di certificazione della condizione di disabilità, sistema obsoleto, complesso, generatore di possibili diseguaglianze e in ogni caso lontano dallo spirito e dalla lettera della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
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