L'obiettivo del presente lavoro è stato accostarci all'esperienza delle persone con DM1 Nell'impossibilità di raggiungere una comprensione globale del fenomeno, abbiamo scelto di focalizzarci su un aspetto ¿ il rapporto con il farmaco ¿ elemento saliente in una patologia cronica. Abbiamo aperto il nostro contributo con una riflessione sulla cornice epistemologica ¿ la psiconeuroimmunoendocrinologia ¿ per passare poi ad un'analisi della letteratura sul DM1. Il nostro interesse per le emozioni dei diabetici non era finalizzato a dimostrare le loro responsabilità nell'insorgenza e nel controllo della patologia, mentre era nostra intenzione avvicinarci alle persone nella loro unitarietà. Abbiamo perciò dedicato il secondo capitolo alla descrizione dei rapporti circolari fra le dinamiche psicosociali e la malattia, soffermandoci sia su come alcuni eventi incrementino la vulnerabilità al disturbo, sia su come questo sia fonte di stress. Ci siamo soffermati, perciò, su alcuni modi in cui si declina la sofferenza nei diabetici: depressione, disturbi d'ansia e DCA. Abbiamo considerato il ruolo del contesto nel supportare l'individuo o ¿ al contrario ¿ nel farlo sentire ¿diverso¿ e incapace. È emerso perciò il tema della dipendenza verso i caregivers e verso il farmaco, che diventa parte dell'esistenza, scandendola con le sue regole. Nel terzo capitolo abbiamo quindi descritto il trattamento nei suoi aspetti concreti e nei suoi significati, osservandolo con gli occhi di chi lo vive. Abbiamo descritto le principali tipologie di insulina e l'impatto che può rivestire la necessità di pungersi la pelle. Abbiamo parlato poi dell'importanza del controllo glicemico e delle accortezze nell'alimentazione che possono creare disagio, soprattutto per i giovani. Più volte, abbiamo riflettuto sulle ripercussioni sull'identità e sull'autostima, con interesse particolare all'immagine corporea e al rischio di DCA. L'analisi della letteratura ci ha guidato nello svolgimento della ricerca condotta presso l'ospedale di Cuneo su 36 adulti con DM1. Attraverso un questionario da noi creato e un ST-IAT, abbiamo osservato l'atteggiamento verso il farmaco nelle sfaccettature più o meno consce. Abbiamo poi confrontato i risultati con quelli dell'EAT-26, al fine di indagare sia l'impatto della malattia sulle preoccupazioni verso l'alimentazione, sia di rilevare l'eventuale legame fra queste ultime e il compenso metabolico. Abbiamo quindi messo in relazione i risultati dei tre strumenti con alcuni parametri medici e demografici. Ciò che è emerso ha confermato in parte quanto riportato in letteratura. Abbiamo riscontrato, infatti, differenze fra l'atteggiamento conscio e inconscio verso il farmaco, dove il primo è risultato più favorevole. Non abbiamo notato, invece, comportamenti sintomatici nell'alimentazione. Il campione ci ha consentito di vedere una varietà di personalità tale che a volte ci è parso di avere a che fare con patologie diverse. Questa constatazione ci ha spinti a riflettere sulla presenza di circoli virtuosi o viziosi. Una buona accettazione della patologia porterebbe ad un outcome migliore, che a sua volta renderebbe la condizione più tollerabile. Un rifiuto, al contrario, peggiorerebbe la compliance, influendo negativamente sul controllo glicemico e generando una rassegnazione che porta a vivere male il disturbo.

IL RAPPORTO CON IL FARMACO NEL DIABETE MELLITO DI TIPO 1

FALCO, GEMMA
2010/2011

Abstract

L'obiettivo del presente lavoro è stato accostarci all'esperienza delle persone con DM1 Nell'impossibilità di raggiungere una comprensione globale del fenomeno, abbiamo scelto di focalizzarci su un aspetto ¿ il rapporto con il farmaco ¿ elemento saliente in una patologia cronica. Abbiamo aperto il nostro contributo con una riflessione sulla cornice epistemologica ¿ la psiconeuroimmunoendocrinologia ¿ per passare poi ad un'analisi della letteratura sul DM1. Il nostro interesse per le emozioni dei diabetici non era finalizzato a dimostrare le loro responsabilità nell'insorgenza e nel controllo della patologia, mentre era nostra intenzione avvicinarci alle persone nella loro unitarietà. Abbiamo perciò dedicato il secondo capitolo alla descrizione dei rapporti circolari fra le dinamiche psicosociali e la malattia, soffermandoci sia su come alcuni eventi incrementino la vulnerabilità al disturbo, sia su come questo sia fonte di stress. Ci siamo soffermati, perciò, su alcuni modi in cui si declina la sofferenza nei diabetici: depressione, disturbi d'ansia e DCA. Abbiamo considerato il ruolo del contesto nel supportare l'individuo o ¿ al contrario ¿ nel farlo sentire ¿diverso¿ e incapace. È emerso perciò il tema della dipendenza verso i caregivers e verso il farmaco, che diventa parte dell'esistenza, scandendola con le sue regole. Nel terzo capitolo abbiamo quindi descritto il trattamento nei suoi aspetti concreti e nei suoi significati, osservandolo con gli occhi di chi lo vive. Abbiamo descritto le principali tipologie di insulina e l'impatto che può rivestire la necessità di pungersi la pelle. Abbiamo parlato poi dell'importanza del controllo glicemico e delle accortezze nell'alimentazione che possono creare disagio, soprattutto per i giovani. Più volte, abbiamo riflettuto sulle ripercussioni sull'identità e sull'autostima, con interesse particolare all'immagine corporea e al rischio di DCA. L'analisi della letteratura ci ha guidato nello svolgimento della ricerca condotta presso l'ospedale di Cuneo su 36 adulti con DM1. Attraverso un questionario da noi creato e un ST-IAT, abbiamo osservato l'atteggiamento verso il farmaco nelle sfaccettature più o meno consce. Abbiamo poi confrontato i risultati con quelli dell'EAT-26, al fine di indagare sia l'impatto della malattia sulle preoccupazioni verso l'alimentazione, sia di rilevare l'eventuale legame fra queste ultime e il compenso metabolico. Abbiamo quindi messo in relazione i risultati dei tre strumenti con alcuni parametri medici e demografici. Ciò che è emerso ha confermato in parte quanto riportato in letteratura. Abbiamo riscontrato, infatti, differenze fra l'atteggiamento conscio e inconscio verso il farmaco, dove il primo è risultato più favorevole. Non abbiamo notato, invece, comportamenti sintomatici nell'alimentazione. Il campione ci ha consentito di vedere una varietà di personalità tale che a volte ci è parso di avere a che fare con patologie diverse. Questa constatazione ci ha spinti a riflettere sulla presenza di circoli virtuosi o viziosi. Una buona accettazione della patologia porterebbe ad un outcome migliore, che a sua volta renderebbe la condizione più tollerabile. Un rifiuto, al contrario, peggiorerebbe la compliance, influendo negativamente sul controllo glicemico e generando una rassegnazione che porta a vivere male il disturbo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/117027