Pur ritenendo impossibile proporre ¿una comparazione¿, intesa come identità/equivalenza tra due esperienze traumatiche e inequivocabilmente diverse, ritengo che attraverso la lettura di alcuni volumi di memorialistica sia possibile evidenziare similitudini e differenze tra l'esperienza di dolore dei sopravvissuti ai gulag comunisti romeni e quella dei sopravvissuti all'Olocausto. Naturalmente alla base di questi parallelismi tra orizzonti tematici vi è la consapevolezza che non dobbiamo confondere due realtà ideologiche (comunismo e nazismo) e storiche (regime Dej e regime hitleriano) profondamente distanti tra loro. La prima parte dell'elaborato consiste in una presentazione del contesto storico romeno dall'indomani della Seconda Guerra Mondiale fino alla piena realizzazione e alla conclusione del regime di Gh. Gheorghiu-Dej, ovvero del sostrato economico, sociale, culturale su cui il regime comunista si venne a innestare. Questa è la cornice dell'esperienza traumatica e traumatizzante dello ¿sterminio sociale¿ attuato dal governo dittatoriale filosovietico romeno in nome della lotta di classe attraverso la creazione di una rete di campi di concentramento. Ho proseguito la mia trattazione evidenziando il ruolo primario del ricordo per combattere l'oblio della memoria, il processo di con-divisione attraverso cui i superstiti hanno cercato di trasmettere il proprio vissuto doloroso in forma di ¿memento¿ per salvaguardare il futuro e il ruolo fondamentale e fondante assunto dal genere memorialistico negli ultimi tre decenni del secolo scorso, poiché la letteraturizzazione della storia si traduce in un mezzo primario attraverso cui diffondere la conoscenza. Ho poi presentato il fenomeno dell'esplosione documentaristica e memorialistica che ha interessato la cultura romena nei primi anni Novanta; proponendo una breve panoramica del genere per poi puntare la mia attenzione sulla memorialistica concentrazionaria femminile relativa al periodo 1941-1964, scritta sia prima che dopo la caduta del regime ma pubblicata soltanto nell'ultimo decennio del secolo scorso. Ho scelto di prender in esame tre autrici: Elizabeta Rizea, Aniţa Nandriş-Cudla e Lena Constante, che hanno vissuto tre diverse esperienze: deportazione, resistenza e incarcerazione, e adottato tre diverse tipologie di scrittura: ¿orale¿, inconsapevole, estetizzante, sottolineando puntualmente gli aspetti biografici essenziali di ciascuna e le specificità delle rispettive opere. Successivamente, procedendo dal particolare al generale, ho enucleato le tematiche comuni, gli ¿universali del dolore¿ che uniscono tali diverse esperienze, integrando la discussione con materiali tratti anche da scritti di autrici che non sono state discusse individualmente. In ultimo, ho tentato di dischiudere ulteriormente l'orizzonte comparativo estendendo tale prospettiva analitica a una testimonianza femminile dell'esperienza concentrazionaria del lager. Ho mirato a evidenziare i parallelismi esistenti tra gli orizzonti tematici affrontati dalle autrici di quella che D.C. Mihăilescu ha definito memoria recluziunii (memoria della reclusione) e quelli toccati da L. Nissim Momigliano per suffragare l'ipotesi secondo cui esiste un'universalità del dolore e dell'orrore, un' universalità che si riflette in ambito letterario con la sistematica riproposizione di topoi, un'universalità in grado di trasformare esperienze soggettive in una realtà oggettiva, una realtà di sofferenza che supera i confini geografici, storici e ideologici.

Aici nu se plânge, aici nu se râde. Donne che raccontano, donne che si incontrano: orizzonti tematici nella memorialistica concentrazionaria di genere

ANDREOLI, JESSICA
2014/2015

Abstract

Pur ritenendo impossibile proporre ¿una comparazione¿, intesa come identità/equivalenza tra due esperienze traumatiche e inequivocabilmente diverse, ritengo che attraverso la lettura di alcuni volumi di memorialistica sia possibile evidenziare similitudini e differenze tra l'esperienza di dolore dei sopravvissuti ai gulag comunisti romeni e quella dei sopravvissuti all'Olocausto. Naturalmente alla base di questi parallelismi tra orizzonti tematici vi è la consapevolezza che non dobbiamo confondere due realtà ideologiche (comunismo e nazismo) e storiche (regime Dej e regime hitleriano) profondamente distanti tra loro. La prima parte dell'elaborato consiste in una presentazione del contesto storico romeno dall'indomani della Seconda Guerra Mondiale fino alla piena realizzazione e alla conclusione del regime di Gh. Gheorghiu-Dej, ovvero del sostrato economico, sociale, culturale su cui il regime comunista si venne a innestare. Questa è la cornice dell'esperienza traumatica e traumatizzante dello ¿sterminio sociale¿ attuato dal governo dittatoriale filosovietico romeno in nome della lotta di classe attraverso la creazione di una rete di campi di concentramento. Ho proseguito la mia trattazione evidenziando il ruolo primario del ricordo per combattere l'oblio della memoria, il processo di con-divisione attraverso cui i superstiti hanno cercato di trasmettere il proprio vissuto doloroso in forma di ¿memento¿ per salvaguardare il futuro e il ruolo fondamentale e fondante assunto dal genere memorialistico negli ultimi tre decenni del secolo scorso, poiché la letteraturizzazione della storia si traduce in un mezzo primario attraverso cui diffondere la conoscenza. Ho poi presentato il fenomeno dell'esplosione documentaristica e memorialistica che ha interessato la cultura romena nei primi anni Novanta; proponendo una breve panoramica del genere per poi puntare la mia attenzione sulla memorialistica concentrazionaria femminile relativa al periodo 1941-1964, scritta sia prima che dopo la caduta del regime ma pubblicata soltanto nell'ultimo decennio del secolo scorso. Ho scelto di prender in esame tre autrici: Elizabeta Rizea, Aniţa Nandriş-Cudla e Lena Constante, che hanno vissuto tre diverse esperienze: deportazione, resistenza e incarcerazione, e adottato tre diverse tipologie di scrittura: ¿orale¿, inconsapevole, estetizzante, sottolineando puntualmente gli aspetti biografici essenziali di ciascuna e le specificità delle rispettive opere. Successivamente, procedendo dal particolare al generale, ho enucleato le tematiche comuni, gli ¿universali del dolore¿ che uniscono tali diverse esperienze, integrando la discussione con materiali tratti anche da scritti di autrici che non sono state discusse individualmente. In ultimo, ho tentato di dischiudere ulteriormente l'orizzonte comparativo estendendo tale prospettiva analitica a una testimonianza femminile dell'esperienza concentrazionaria del lager. Ho mirato a evidenziare i parallelismi esistenti tra gli orizzonti tematici affrontati dalle autrici di quella che D.C. Mihăilescu ha definito memoria recluziunii (memoria della reclusione) e quelli toccati da L. Nissim Momigliano per suffragare l'ipotesi secondo cui esiste un'universalità del dolore e dell'orrore, un' universalità che si riflette in ambito letterario con la sistematica riproposizione di topoi, un'universalità in grado di trasformare esperienze soggettive in una realtà oggettiva, una realtà di sofferenza che supera i confini geografici, storici e ideologici.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/116422