L'interesse del mondo scientifico per gli inquinanti ambientali è cresciuto a partire dagli anni novanta fino a diventare una delle principali aree di ricerca a livello internazionale. Alcune sostanze, indicate come Interferenti Endocrini (IE), sono un eterogeneo gruppo di composti chimici, naturali e di sintesi, in grado di interferire con il funzionamento del sistema endocrino attraverso svariati meccanismi. L'ambiente acquatico è particolarmente suscettibile agli effetti di questi contaminanti, i quali vengono riversati in ambiente, principalmente dagli impianti di depurazione dei reflui, civili ed industriali. In risposta ad un potenziale rischio causato dagli IE nell'ambiente acquatico, sono stati messi a punto differenti programmi di screening che comprendono sia analisi di tipo chimico che biologico. Due efficienti metodi per valutare l'attività estrogenica nelle matrici ambientali sono risultati essere il Luciferase assay (Balaguer e collaboratori, 1999) e l'E-screen (Soto e collaboratori, 1995). Brevemente, nel primo, la linea cellulare MCF7 è transfettata stabilmente con un gene reporter (MELN) che codifica per la luciferasi. Le cellule sono incubate per 16/20 ore con i campioni da testare che si legano al recettore, attivandolo. La sua attivazione causa l'espressione del gene reporter che produce l'enzima luciferasi, che a contatto con il substrato luciferina causa un'emissione di luce. Nel secondo, la linea cellulare MCF7 è incubata per 5 giorni con i campioni da testare; l'attivazione del recettore stimola la proliferazione cellulare. L'attività estrogenica, dei campioni in entrambe i test, viene infine comparata al valore standard del 17ß-estradiolo ed espressa in concentrazione equivalente di estradiolo (EEQ). In questo elaborato sono stati presi in esame 7 campioni di reflui di un'industria tessile, sia prima che dopo il trattamento con ozono, per valutarne l'attività estrogenica, mediante i suddetti test biologici. I valori medi di EEQ dei campioni, prima (3,60 ± 1,94 ng/L) e dopo (2,44 ± 1,04 ng/L) il trattamento con ozono, ottenuti con il Luciferase assay sono risultati significativamente differenti (p < 0,01); mentre, i valori medi di EEQ dei campioni, prima (2,04 ± 0,93 ng/L) e dopo (1,14 ± 0,30 Ng/L) il trattamento con ozono, ottenuti con l'E-screen non sono risultati significativamente differenti (p = 0,066). In particolare, i due test mostrano una diversa sensibilità nell'individuare l'attività estrogenica in una matrice complessa rappresentata da un refluo; il Luciferase assay è risultato più sensibile rispetto all'E-screen ma non in modo significativo, infatti i risultati sono tra loro correlati (Rho S. = 0,642 ; p = 0,018). Il processo di ozonizzazione, valutato attraverso l'analisi dei campioni pre e post O3, sembrerebbe diminuire la potenza estrogenica totale. L'abbattimento medio dell'attività estrogenica, dopo il trattamento con ozono, è risultato pari al 48 ± 24% per il Luciferase assay e 57 ± 31 % per l'E-screen. In conclusione si può affermare che i test in vitro, come, il Luciferase assay e l'E-screen, sono sensibili nel determinare l'attività estrogenica in campioni ambientali, in un programma di monitoraggio ambientale. Al fine di individuare gli IE responsabili dell'attività estrogenica, risulta opportuno affiancare all'analisi biologica una metodologia chimica per individuare le sorgenti di tali sostanze e programmare azioni preventive opportune.

Biomonitoraggio dell'attività estrogenica in reflui industriali attraverso saggi in vitro

CIRELLO, IVANA
2010/2011

Abstract

L'interesse del mondo scientifico per gli inquinanti ambientali è cresciuto a partire dagli anni novanta fino a diventare una delle principali aree di ricerca a livello internazionale. Alcune sostanze, indicate come Interferenti Endocrini (IE), sono un eterogeneo gruppo di composti chimici, naturali e di sintesi, in grado di interferire con il funzionamento del sistema endocrino attraverso svariati meccanismi. L'ambiente acquatico è particolarmente suscettibile agli effetti di questi contaminanti, i quali vengono riversati in ambiente, principalmente dagli impianti di depurazione dei reflui, civili ed industriali. In risposta ad un potenziale rischio causato dagli IE nell'ambiente acquatico, sono stati messi a punto differenti programmi di screening che comprendono sia analisi di tipo chimico che biologico. Due efficienti metodi per valutare l'attività estrogenica nelle matrici ambientali sono risultati essere il Luciferase assay (Balaguer e collaboratori, 1999) e l'E-screen (Soto e collaboratori, 1995). Brevemente, nel primo, la linea cellulare MCF7 è transfettata stabilmente con un gene reporter (MELN) che codifica per la luciferasi. Le cellule sono incubate per 16/20 ore con i campioni da testare che si legano al recettore, attivandolo. La sua attivazione causa l'espressione del gene reporter che produce l'enzima luciferasi, che a contatto con il substrato luciferina causa un'emissione di luce. Nel secondo, la linea cellulare MCF7 è incubata per 5 giorni con i campioni da testare; l'attivazione del recettore stimola la proliferazione cellulare. L'attività estrogenica, dei campioni in entrambe i test, viene infine comparata al valore standard del 17ß-estradiolo ed espressa in concentrazione equivalente di estradiolo (EEQ). In questo elaborato sono stati presi in esame 7 campioni di reflui di un'industria tessile, sia prima che dopo il trattamento con ozono, per valutarne l'attività estrogenica, mediante i suddetti test biologici. I valori medi di EEQ dei campioni, prima (3,60 ± 1,94 ng/L) e dopo (2,44 ± 1,04 ng/L) il trattamento con ozono, ottenuti con il Luciferase assay sono risultati significativamente differenti (p < 0,01); mentre, i valori medi di EEQ dei campioni, prima (2,04 ± 0,93 ng/L) e dopo (1,14 ± 0,30 Ng/L) il trattamento con ozono, ottenuti con l'E-screen non sono risultati significativamente differenti (p = 0,066). In particolare, i due test mostrano una diversa sensibilità nell'individuare l'attività estrogenica in una matrice complessa rappresentata da un refluo; il Luciferase assay è risultato più sensibile rispetto all'E-screen ma non in modo significativo, infatti i risultati sono tra loro correlati (Rho S. = 0,642 ; p = 0,018). Il processo di ozonizzazione, valutato attraverso l'analisi dei campioni pre e post O3, sembrerebbe diminuire la potenza estrogenica totale. L'abbattimento medio dell'attività estrogenica, dopo il trattamento con ozono, è risultato pari al 48 ± 24% per il Luciferase assay e 57 ± 31 % per l'E-screen. In conclusione si può affermare che i test in vitro, come, il Luciferase assay e l'E-screen, sono sensibili nel determinare l'attività estrogenica in campioni ambientali, in un programma di monitoraggio ambientale. Al fine di individuare gli IE responsabili dell'attività estrogenica, risulta opportuno affiancare all'analisi biologica una metodologia chimica per individuare le sorgenti di tali sostanze e programmare azioni preventive opportune.
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