Gli albori di un'istituzione che per sua natura permise a un manipolo di fortunate donne di accedere a privilegi preclusi alla maggior parte della popolazione ¿ compresa quella maschile ¿ stridono grossolanamente con gli sviluppi successivi, che si rivelarono fortemente nocivi per l'ordine devadāsī. L'avversione dei colonizzatori nutrita verso un diverso approccio culturale alla femminilità frammisto al desiderio degli uomini indiani di dominare lo spazio pubblico e a quello delle elité di farsi portatrici dello slancio modernizzatore scaturito dal contatto con gli europei portarono alla marginalizzazione di una tradizione culturale di dimensione panindiana. I divieti e le sanzioni che come scopo precipuo avevano quello di normalizzare una supposta immoralità, un'onta all'integrità della nazione, non fecero che rendere latenti le pratiche connesse al sistema. Le esponenti che ancora al giorno d'oggi possono a pieno titolo essere incluse all'interno della comunità devadāsī sono fatte oggetto di una campagna di stigmatizzazione che non consente loro di accedere alle risorse cui avrebbero diritto in quanto cittadine. La riprovazione sociale gioca un ruolo fondamentale nella creazione di personalità lumpen, soggetti invischiati nelle maglie di una società che non riesce o non vuole includerli al pari degli altri membri entro la comunità di cui pure fanno parte. Le donne della comunità devadāsī vengono troppo spesso trattate come vittime passive della società, soggetti cui enti e associazioni devolvono i propri sforzi nel costante tentativo di riabilitazione, avviando progetti per loro piuttosto che con loro. La condizione di vulnerabilità cui sono indubitabilmente soggette sembra aver finito per prevalere sulla raffigurazione di queste donne in quanto esseri senzienti, desiderosi di ottenere il riconoscimento sociale e i mezzi economici basilari che dovrebbero essere garantiti a ogni cittadino. In larga misura, le voci di queste donne sono state messe a tacere, schiacciate dalla discriminazione sessuale che al giorno d'oggi ancora pervade società molto diverse tra loro, tra le quali è doveroso annoverare pure quella nostrana, in cui il soffitto di cristallo e il differenziale tra i redditi sono solo alcune tra le molteplici realtà che interferiscono con la quotidiana esperienza femminile. Il controllo sul corpo delle donne occupa da sempre un posto di rilievo tra le preoccupazioni che affliggono gli individui di sesso maschile all'interno di società di stampo patrilineare, in cui i possedimenti familiari vengono trasmessi di generazione in generazione per via maschile. Non stupiscono quindi l'accanimento e la riprovazione che sovente nella storia di diversi popoli vengono rivolti verso le categorie di donne che tendono a discostarsi dalle regole imposte da una visione di tipo patriarcale. Il dominio coloniale ha giocato un ruolo fondamentale nella criminalizzazione della tradizione devadāsī, cui gli europei hanno rivolto pesanti critiche avviando il processo di riformulazione della figura della danzatrice indiana, senza prendere in considerazione gli aspetti positivi che l'affiliazione a tale sistema comportava. Le donne più istruite e emancipate d'India sono state bollate col marchio della prostituzione, relegate ai margini della società, percepite dagli autoctoni ormai contagiati dall'influenza europea come soggetti devianti, d'ostacolo alla formazione di una nuova nazione basata sui canoni della civiltà occidentale.

Da ancelle di Dio a emarginate: le devadasi e la loro mutata natura

PERGHER, FEDERICA
2012/2013

Abstract

Gli albori di un'istituzione che per sua natura permise a un manipolo di fortunate donne di accedere a privilegi preclusi alla maggior parte della popolazione ¿ compresa quella maschile ¿ stridono grossolanamente con gli sviluppi successivi, che si rivelarono fortemente nocivi per l'ordine devadāsī. L'avversione dei colonizzatori nutrita verso un diverso approccio culturale alla femminilità frammisto al desiderio degli uomini indiani di dominare lo spazio pubblico e a quello delle elité di farsi portatrici dello slancio modernizzatore scaturito dal contatto con gli europei portarono alla marginalizzazione di una tradizione culturale di dimensione panindiana. I divieti e le sanzioni che come scopo precipuo avevano quello di normalizzare una supposta immoralità, un'onta all'integrità della nazione, non fecero che rendere latenti le pratiche connesse al sistema. Le esponenti che ancora al giorno d'oggi possono a pieno titolo essere incluse all'interno della comunità devadāsī sono fatte oggetto di una campagna di stigmatizzazione che non consente loro di accedere alle risorse cui avrebbero diritto in quanto cittadine. La riprovazione sociale gioca un ruolo fondamentale nella creazione di personalità lumpen, soggetti invischiati nelle maglie di una società che non riesce o non vuole includerli al pari degli altri membri entro la comunità di cui pure fanno parte. Le donne della comunità devadāsī vengono troppo spesso trattate come vittime passive della società, soggetti cui enti e associazioni devolvono i propri sforzi nel costante tentativo di riabilitazione, avviando progetti per loro piuttosto che con loro. La condizione di vulnerabilità cui sono indubitabilmente soggette sembra aver finito per prevalere sulla raffigurazione di queste donne in quanto esseri senzienti, desiderosi di ottenere il riconoscimento sociale e i mezzi economici basilari che dovrebbero essere garantiti a ogni cittadino. In larga misura, le voci di queste donne sono state messe a tacere, schiacciate dalla discriminazione sessuale che al giorno d'oggi ancora pervade società molto diverse tra loro, tra le quali è doveroso annoverare pure quella nostrana, in cui il soffitto di cristallo e il differenziale tra i redditi sono solo alcune tra le molteplici realtà che interferiscono con la quotidiana esperienza femminile. Il controllo sul corpo delle donne occupa da sempre un posto di rilievo tra le preoccupazioni che affliggono gli individui di sesso maschile all'interno di società di stampo patrilineare, in cui i possedimenti familiari vengono trasmessi di generazione in generazione per via maschile. Non stupiscono quindi l'accanimento e la riprovazione che sovente nella storia di diversi popoli vengono rivolti verso le categorie di donne che tendono a discostarsi dalle regole imposte da una visione di tipo patriarcale. Il dominio coloniale ha giocato un ruolo fondamentale nella criminalizzazione della tradizione devadāsī, cui gli europei hanno rivolto pesanti critiche avviando il processo di riformulazione della figura della danzatrice indiana, senza prendere in considerazione gli aspetti positivi che l'affiliazione a tale sistema comportava. Le donne più istruite e emancipate d'India sono state bollate col marchio della prostituzione, relegate ai margini della società, percepite dagli autoctoni ormai contagiati dall'influenza europea come soggetti devianti, d'ostacolo alla formazione di una nuova nazione basata sui canoni della civiltà occidentale.
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