Nel 2010, secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale del Turismo, gli arrivi internazionali sono stati 940 milioni; il turismo è una delle più importanti voci economiche mondiali e contribuisce (o potrebbe contribuire) a ridisegnare i confini tra aree sviluppate e aree impoverite del mondo. In questa dissertazione ripercorro in breve la nascita e le origini del viaggio così come lo intendiamo oggi, per analizzarne poi le sue caratteristiche in quanto bene di consumo. Focus centrale della mia analisi sono i flussi turistici del Nord del mondo verso i Paesi in via di sviluppo: la nascita del turismo di massa ha comportato conseguenze molto pesanti in questi Paesi dal punto di vista ambientale, sociale e culturale. A partire dagli anni Sessanta, e parallelamente al boom dei flussi turistici, si sono alzate numerose voci a favore di un turismo più etico e consapevole, in linea con quell'idea di sostenibilità che andrà affermandosi sul piano internazionale a partire dal 1988. Nasce così quello che oggi è definito Turismo Justo in Spagna, Solidaire in Francia e Responsabile in Italia: molte definizioni e molti termini che generano un panorama piuttosto confuso, da cui ho cercato di estrarre i principi e i capisaldi relativi soprattutto all'esperienza italiana di AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile). A partire dagli anni Novanta si inizia a ripensare al turismo responsabile non solo come fattore per minimizzare gli impatti negativi del turismo o per sensibilizzare i consumatori del Nord, ma anche come nuova frontiera per lo sviluppo dei Paesi poveri. È così che nasce il concetto di pro-poor tourism, che viene preso in considerazione da molte ONG, impegnate da anni sui temi della cooperazione Nord-Sud, ma anche dall'Organizzazione Mondiale del Turismo, che nel 2002 lancia il programma ST-EP (Sustainable Tourism Eliminating Poverty). Questi interventi, seppur con le dovute differenze, testimoniano la volontà di promuovere un turismo sostenibile finalizzato ad accrescere il benessere della popolazione del Sud del mondo che vive in condizione di indigenza. Elemento centrale per un turismo in grado di contribuire alla lotta alla povertà è il controllo locale della risorsa, senza il quale non si può parlare di sostenibilità della filiera. L'appropriazione locale delle risorse turistiche è però minata alla base dalle politiche di liberalizzazione che hanno coinvolto anche il settore dei servizi nell'ambito del GATS (General Agreement on Trade in Services), che ostacola fortemente il ruolo del turismo nel contribuire alla lotta alla povertà nei Paesi in via di sviluppo. L'ultima parte della dissertazione è dedicata all'analisi dei limiti tecnici e teorici del turismo responsabile, nonché delle prime critiche che iniziano a emergere all'interno di un panorama tutto sommato recente.

TURISMO RESPONSABILE E SVILUPPO LOCALE

VISCONTI, SARA
2010/2011

Abstract

Nel 2010, secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale del Turismo, gli arrivi internazionali sono stati 940 milioni; il turismo è una delle più importanti voci economiche mondiali e contribuisce (o potrebbe contribuire) a ridisegnare i confini tra aree sviluppate e aree impoverite del mondo. In questa dissertazione ripercorro in breve la nascita e le origini del viaggio così come lo intendiamo oggi, per analizzarne poi le sue caratteristiche in quanto bene di consumo. Focus centrale della mia analisi sono i flussi turistici del Nord del mondo verso i Paesi in via di sviluppo: la nascita del turismo di massa ha comportato conseguenze molto pesanti in questi Paesi dal punto di vista ambientale, sociale e culturale. A partire dagli anni Sessanta, e parallelamente al boom dei flussi turistici, si sono alzate numerose voci a favore di un turismo più etico e consapevole, in linea con quell'idea di sostenibilità che andrà affermandosi sul piano internazionale a partire dal 1988. Nasce così quello che oggi è definito Turismo Justo in Spagna, Solidaire in Francia e Responsabile in Italia: molte definizioni e molti termini che generano un panorama piuttosto confuso, da cui ho cercato di estrarre i principi e i capisaldi relativi soprattutto all'esperienza italiana di AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile). A partire dagli anni Novanta si inizia a ripensare al turismo responsabile non solo come fattore per minimizzare gli impatti negativi del turismo o per sensibilizzare i consumatori del Nord, ma anche come nuova frontiera per lo sviluppo dei Paesi poveri. È così che nasce il concetto di pro-poor tourism, che viene preso in considerazione da molte ONG, impegnate da anni sui temi della cooperazione Nord-Sud, ma anche dall'Organizzazione Mondiale del Turismo, che nel 2002 lancia il programma ST-EP (Sustainable Tourism Eliminating Poverty). Questi interventi, seppur con le dovute differenze, testimoniano la volontà di promuovere un turismo sostenibile finalizzato ad accrescere il benessere della popolazione del Sud del mondo che vive in condizione di indigenza. Elemento centrale per un turismo in grado di contribuire alla lotta alla povertà è il controllo locale della risorsa, senza il quale non si può parlare di sostenibilità della filiera. L'appropriazione locale delle risorse turistiche è però minata alla base dalle politiche di liberalizzazione che hanno coinvolto anche il settore dei servizi nell'ambito del GATS (General Agreement on Trade in Services), che ostacola fortemente il ruolo del turismo nel contribuire alla lotta alla povertà nei Paesi in via di sviluppo. L'ultima parte della dissertazione è dedicata all'analisi dei limiti tecnici e teorici del turismo responsabile, nonché delle prime critiche che iniziano a emergere all'interno di un panorama tutto sommato recente.
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