Questo lavoro si pone lo scopo di indagare cosa succede alla donna migrante una volta entrata in contatto con la società europea; in particolare, si addentra nel contenuto concettuale e sostanziale della cosiddetta discriminazione multipla da cui gli attori europei sostengono di volerla salvaguardare. La figura della donna migrante è proprio il punto di incontro di tre fondamentali politiche comunitarie, ossia la normativa sulla parità di trattamento e non discriminazione, la politica di immigrazione, e la legislazione sulle pari opportunità tra donne e uomini nell'ottica della strategia di gender mainstreaming. Il metodo di analisi che si è applicato è prima di tutto linguistico, attraverso un'indagine del lessico e della terminologia che descrivono la migrante in quanto straniero e in quanto donna. È in secondo luogo politologico, ossia rileva l'atteggiamento che le istituzioni comunitarie e nazionali, nello specifico italiane e francesi, adottano nei suoi confronti. È infine giuridico, quando mette in luce una regolamentazione ideologicamente connotata che la vede soggetta. Il corpus di documenti utilizzato è vario: si inizia dal discorso intertestuale non vincolante delle istituzioni comunitarie per individuare a livello generale l'approccio linguistico e politico europeo; si prosegue con la legislazione comunitaria per verificarne il grado di connotazione ed evidenziare precise divergenze delle direttive nelle loro differenti traduzioni inglese, francese e italiana; si conclude con il recepimento dato dagli ordinamenti italiano e francese alle disposizioni comunitarie per dimostrare l'interazione tra ideologia europea e ideologie nazionali. Il soggetto della donna migrante interviene per riassumere l'insieme dei tratti ideologici con cui si connotano la normativa e la politica comunitarie: doppiamente vulnerabile e discriminata nei termini di una rappresentazione etnocentrica ed androcentrica, diventa prima di tutto una preziosa risorsa economica per sopperire alle carenze di quelle politiche di welfare che permettono l'emancipazione della donna europea nel mondo lavorativo. La legittimazione di tale pratica è trovata a livello di retorica, nei termini di un suo ruolo naturale di moglie e madre dettato dall'appartenenza ad una cultura e ad una religione connotate in chiave di diversità e inferiorità. È proprio in virtù di tale appartenenza identitaria, infine, che la donna migrante subisce una riformulazione in vittima, che la trasforma nel mezzo più incisivo tramite cui giustificare la condanna di un'immigrazione barbara e indesiderata.

La donna migrante nell'UE in una prospettiva italo-francese

RIZZITELLI, CLARA
2010/2011

Abstract

Questo lavoro si pone lo scopo di indagare cosa succede alla donna migrante una volta entrata in contatto con la società europea; in particolare, si addentra nel contenuto concettuale e sostanziale della cosiddetta discriminazione multipla da cui gli attori europei sostengono di volerla salvaguardare. La figura della donna migrante è proprio il punto di incontro di tre fondamentali politiche comunitarie, ossia la normativa sulla parità di trattamento e non discriminazione, la politica di immigrazione, e la legislazione sulle pari opportunità tra donne e uomini nell'ottica della strategia di gender mainstreaming. Il metodo di analisi che si è applicato è prima di tutto linguistico, attraverso un'indagine del lessico e della terminologia che descrivono la migrante in quanto straniero e in quanto donna. È in secondo luogo politologico, ossia rileva l'atteggiamento che le istituzioni comunitarie e nazionali, nello specifico italiane e francesi, adottano nei suoi confronti. È infine giuridico, quando mette in luce una regolamentazione ideologicamente connotata che la vede soggetta. Il corpus di documenti utilizzato è vario: si inizia dal discorso intertestuale non vincolante delle istituzioni comunitarie per individuare a livello generale l'approccio linguistico e politico europeo; si prosegue con la legislazione comunitaria per verificarne il grado di connotazione ed evidenziare precise divergenze delle direttive nelle loro differenti traduzioni inglese, francese e italiana; si conclude con il recepimento dato dagli ordinamenti italiano e francese alle disposizioni comunitarie per dimostrare l'interazione tra ideologia europea e ideologie nazionali. Il soggetto della donna migrante interviene per riassumere l'insieme dei tratti ideologici con cui si connotano la normativa e la politica comunitarie: doppiamente vulnerabile e discriminata nei termini di una rappresentazione etnocentrica ed androcentrica, diventa prima di tutto una preziosa risorsa economica per sopperire alle carenze di quelle politiche di welfare che permettono l'emancipazione della donna europea nel mondo lavorativo. La legittimazione di tale pratica è trovata a livello di retorica, nei termini di un suo ruolo naturale di moglie e madre dettato dall'appartenenza ad una cultura e ad una religione connotate in chiave di diversità e inferiorità. È proprio in virtù di tale appartenenza identitaria, infine, che la donna migrante subisce una riformulazione in vittima, che la trasforma nel mezzo più incisivo tramite cui giustificare la condanna di un'immigrazione barbara e indesiderata.
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