La tesi si propone di elaborare, attraverso la lettura e l'interpretazione dell'opera di Primo Levi e di George Steiner, una riflessione filosofica sul XX secolo. Nella prima parte del lavoro si tenta di costruire un dialogo tra i due, avvalendosi esclusivamente di letteratura primaria e isolando, all'interno dell'opera asistematica, quelle formule che nella seconda parte verranno situate nel dibattito filosofico. Levi e Steiner non sono riconosciuti come filosofi, ma risultano interlocutori preziosi in discipline disparate per l'incisività della loro opera: in entrambi è centrale la tematica del rapporto tra cultura e barbarie. Sono accomunati dall'ebraismo non praticato, dall'amore per Kafka, dall'onnivoro interesse intellettuale, dalla passione per il linguaggio e per le grammatiche. Per entrambi ogni interpretazione del Novecento deve prendere le mosse dal lager: Levi ne è testimone, Steiner acuto studioso. Il tentativo di imbastire un dialogo tra i due non mira a istituire un gemellaggio intellettuale, ma a osservare e assumere criticamente il punto di vista delle risposte diverse che le loro opere forniscono a interrogativi di partenza simili. Tali risposte possono essere interpretate come possibili reazioni dell'umanesimo contro la barbarie e, tuttavia, non si esauriscono in una nostalgia di passato, ma interpellano il futuro. Lo sguardo del chimico e quello del critico letterario, impegnati dal mestiere nella comune costruzione di significati tramite formule e parole, si valorizzano reciprocamente. In Levi l'esperienza di sopravvissuto e testimone del lager si radica in una pratica etica ed epistemologica: il campo diventa il pretesto per una riflessione sullo statuto del vero e contro la minaccia della menzogna. Per Steiner studiare Auschwitz significa domandarsi come la barbarie possa perpetrarsi laddove trionfa la cultura alta. Steiner delinea una possibile metamorfosi degli intellettuali e auspica che l'eredità del critico antico sia ancora una volta la memoria, intesa come sesto senso dell'intellettuale, rilettura del testo classico e conservazione del libro, strumento del rapporto culturalmente fecondo tra uomo e trascendenza. Memoria del fare e memoria del pensare si rivelano strategie di speranza complementari. Levi e Steiner appaiono pensatori preziosi per guardare al laboratorio Novecento.
PRIMO LEVI E GEORGE STEINER. UN DIALOGO SUL NOVECENTO
AMBROSIO, ANNALISA
2011/2012
Abstract
La tesi si propone di elaborare, attraverso la lettura e l'interpretazione dell'opera di Primo Levi e di George Steiner, una riflessione filosofica sul XX secolo. Nella prima parte del lavoro si tenta di costruire un dialogo tra i due, avvalendosi esclusivamente di letteratura primaria e isolando, all'interno dell'opera asistematica, quelle formule che nella seconda parte verranno situate nel dibattito filosofico. Levi e Steiner non sono riconosciuti come filosofi, ma risultano interlocutori preziosi in discipline disparate per l'incisività della loro opera: in entrambi è centrale la tematica del rapporto tra cultura e barbarie. Sono accomunati dall'ebraismo non praticato, dall'amore per Kafka, dall'onnivoro interesse intellettuale, dalla passione per il linguaggio e per le grammatiche. Per entrambi ogni interpretazione del Novecento deve prendere le mosse dal lager: Levi ne è testimone, Steiner acuto studioso. Il tentativo di imbastire un dialogo tra i due non mira a istituire un gemellaggio intellettuale, ma a osservare e assumere criticamente il punto di vista delle risposte diverse che le loro opere forniscono a interrogativi di partenza simili. Tali risposte possono essere interpretate come possibili reazioni dell'umanesimo contro la barbarie e, tuttavia, non si esauriscono in una nostalgia di passato, ma interpellano il futuro. Lo sguardo del chimico e quello del critico letterario, impegnati dal mestiere nella comune costruzione di significati tramite formule e parole, si valorizzano reciprocamente. In Levi l'esperienza di sopravvissuto e testimone del lager si radica in una pratica etica ed epistemologica: il campo diventa il pretesto per una riflessione sullo statuto del vero e contro la minaccia della menzogna. Per Steiner studiare Auschwitz significa domandarsi come la barbarie possa perpetrarsi laddove trionfa la cultura alta. Steiner delinea una possibile metamorfosi degli intellettuali e auspica che l'eredità del critico antico sia ancora una volta la memoria, intesa come sesto senso dell'intellettuale, rilettura del testo classico e conservazione del libro, strumento del rapporto culturalmente fecondo tra uomo e trascendenza. Memoria del fare e memoria del pensare si rivelano strategie di speranza complementari. Levi e Steiner appaiono pensatori preziosi per guardare al laboratorio Novecento.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/115391