La tesi proposta è incentrata sull'antico istituto del segreto bancario, più in particolare sui limiti che ad esso sono posti dalla normativa vigente. Si tratta di un comportamento riconosciuto e tutelato dalle banche, scaturente da un consolidato uso consuetudinario e dal dovere di correttezza delle parti contrattuali, che vincola i soggetti che esercitano l'attività creditizia a non rivelare a terzi, salvo le espresse deroghe legislative, notizie, informazioni e dati relativi sia ad una qualsiasi operazione bancaria sia a clienti, anche occasionali, nominativamente individuati. La dottrina ha elaborato varie teorie sul fondamento giuridico del segreto, sostenendo ad esempio che esso fosse da individuare nella legge bancaria del 1936, nella categoria dei segreti professionali, nel diritto alla riservatezza, nella tutela costituzionale del risparmio e della libertà di iniziativa economica, nella convenzione o ancora nella consuetudine, ma la tesi preferibile è quella che inquadra il riconoscimento normativo dell'istituto nel dovere di correttezza delle parti contrattuali, sancito dagli Artt. 1175 e 1375 c.c.. La portata del segreto bancario è stata negli anni ridotta, infatti sono sorti diversi limiti all'operatività dell'istituto, come il riconoscimento della libertà di circolazione di notizie inerenti i clienti a livello interbancario: l'obbligo di riservatezza viene quindi meno nei rapporti interni tra istituzioni creditizie, che possono scambiarsi informazioni circa la situazione economica e l'affidabilità della clientela, a tutela del generale interesse ad una prudente erogazione del credito, pur sempre nel rispetto della normativa sulla Privacy. Inoltre il segreto bancario risulta inopponibile nei confronti di diversi soggetti, primo tra tutti il cliente della banca, che ha nei suoi confronti il diritto ad essere informato sul rapporto in corso e circa la documentazione acquisita agli atti della banca; un caso particolare è quello del consenso espresso del cliente alla divulgazione di notizie che lo riguardano, ipotesi per la quale non si presenta alcun problema interpretativo. Gli altri soggetti ed enti verso i quali, in determinate circostanze, non è possibile per la banca celarsi dietro al segreto bancario, sono i familiari e il coniuge del cliente, il suo rappresentante (legale, procuratore, curatore del cliente inabilitato, tutore del cliente interdetto) e il garante, l'erede o legatario, l'esecutore testamentario, il curatore dell'eredità giacente, il terzo che intenda adempiere all'obbligazione del cliente, il curatore del cliente fallito e il commissario giudiziale di amministrazione controllata, la Banca d'Italia (attraverso il sistema della Centrale dei Rischi), la CONSOB, l'ISVAP, la Pubblica Amministrazione erogatrice di agevolazioni finanziarie e gli Organi di direzione dell'economia. Esistono poi delle situazioni particolari in cui la banca non può opporre il segreto, come nel caso di esercizio collettivo dell'impresa, anche familiare, di conti correnti bancari congiunti, di informazioni commerciali, di inchieste parlamentari e amministrative e di giudizi innanzi alla Corte dei Conti. Infine il segreto bancario risulta superabile in caso di processo civile e penale che coinvolga il cliente, per favorire l'acquisizione di prove; accade la stessa cosa anche in caso di indagini tributarie, ai fini di combattere l'evasione fiscale, e nell'ambito della lotta al riciclaggio di denaro e alla criminalità organizzata.

I limiti del segreto bancario

PEPE, ALESSANDRO
2009/2010

Abstract

La tesi proposta è incentrata sull'antico istituto del segreto bancario, più in particolare sui limiti che ad esso sono posti dalla normativa vigente. Si tratta di un comportamento riconosciuto e tutelato dalle banche, scaturente da un consolidato uso consuetudinario e dal dovere di correttezza delle parti contrattuali, che vincola i soggetti che esercitano l'attività creditizia a non rivelare a terzi, salvo le espresse deroghe legislative, notizie, informazioni e dati relativi sia ad una qualsiasi operazione bancaria sia a clienti, anche occasionali, nominativamente individuati. La dottrina ha elaborato varie teorie sul fondamento giuridico del segreto, sostenendo ad esempio che esso fosse da individuare nella legge bancaria del 1936, nella categoria dei segreti professionali, nel diritto alla riservatezza, nella tutela costituzionale del risparmio e della libertà di iniziativa economica, nella convenzione o ancora nella consuetudine, ma la tesi preferibile è quella che inquadra il riconoscimento normativo dell'istituto nel dovere di correttezza delle parti contrattuali, sancito dagli Artt. 1175 e 1375 c.c.. La portata del segreto bancario è stata negli anni ridotta, infatti sono sorti diversi limiti all'operatività dell'istituto, come il riconoscimento della libertà di circolazione di notizie inerenti i clienti a livello interbancario: l'obbligo di riservatezza viene quindi meno nei rapporti interni tra istituzioni creditizie, che possono scambiarsi informazioni circa la situazione economica e l'affidabilità della clientela, a tutela del generale interesse ad una prudente erogazione del credito, pur sempre nel rispetto della normativa sulla Privacy. Inoltre il segreto bancario risulta inopponibile nei confronti di diversi soggetti, primo tra tutti il cliente della banca, che ha nei suoi confronti il diritto ad essere informato sul rapporto in corso e circa la documentazione acquisita agli atti della banca; un caso particolare è quello del consenso espresso del cliente alla divulgazione di notizie che lo riguardano, ipotesi per la quale non si presenta alcun problema interpretativo. Gli altri soggetti ed enti verso i quali, in determinate circostanze, non è possibile per la banca celarsi dietro al segreto bancario, sono i familiari e il coniuge del cliente, il suo rappresentante (legale, procuratore, curatore del cliente inabilitato, tutore del cliente interdetto) e il garante, l'erede o legatario, l'esecutore testamentario, il curatore dell'eredità giacente, il terzo che intenda adempiere all'obbligazione del cliente, il curatore del cliente fallito e il commissario giudiziale di amministrazione controllata, la Banca d'Italia (attraverso il sistema della Centrale dei Rischi), la CONSOB, l'ISVAP, la Pubblica Amministrazione erogatrice di agevolazioni finanziarie e gli Organi di direzione dell'economia. Esistono poi delle situazioni particolari in cui la banca non può opporre il segreto, come nel caso di esercizio collettivo dell'impresa, anche familiare, di conti correnti bancari congiunti, di informazioni commerciali, di inchieste parlamentari e amministrative e di giudizi innanzi alla Corte dei Conti. Infine il segreto bancario risulta superabile in caso di processo civile e penale che coinvolga il cliente, per favorire l'acquisizione di prove; accade la stessa cosa anche in caso di indagini tributarie, ai fini di combattere l'evasione fiscale, e nell'ambito della lotta al riciclaggio di denaro e alla criminalità organizzata.
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